Alla fine, è successo. Nel tardo pomeriggio di lunedì Mattarella ha affidato a Giuseppe Conte il compito di formare il nuovo governo che traghetterà il paese verso l’agognatissima quanto indefinita Terza Repubblica. Il culmine di tre mesi di parole, attese e contrattazioni si è materializzato dal nulla di fronte al Quirinale: surgelato freschissimo con la faccia tirata e il ciuffo di lato, azzimato nella nuova veste di uomo delle istituzioni. Non esattamente il volto revanscista del popolo insorto.
Dell’avvocato civilista e insegnante ordinario di diritto privato che prenderà le redini di Palazzo Chigi non si sa molto. Per ora a parlare sono state soprattutto le querelle sul curriculum vitae, che hanno offerto ai giornali un ottimo assist per riempire pagine e pagine di congetture sterili, e in definitiva per ripiegare sul gossip più che sulla sostanza.
Oltre a questo, poco altro: i rapporti col Vaticano, le velate simpatie renziane e l’intesa con Maria Elena Boschi, il lavoro da legale dei genitori della bambina simbolo del caso Stamina, il legame decisivo col m5s Bonafede, un divorzio alle spalle. Conte si presenta come uno stacanovista discreto, slegato dalla politica, o almeno da quella che conosciamo noi, con una vita riservata passata tra la terra madre Puglia, Roma e Firenze. Jeson Horowitz, il giornalista del NYT che ha messo in dubbio l’esperienza di perfezionamento degli studi del neopremier alla New York University, ne parla come di “un professore elegante di 54 anni con un gusto per i gemelli e i fazzoletti da taschino bianchi”, “la cui qualifica principale potrebbe essere la volontà di attuare un programma concordato dai leader dei partiti populisti”: un gentleman dall’animo popolare.
Conte come professore è impeccabile: un buon professore, lo si vede subito. È molto capace ma anche molto assente per via degli impegni, perciò demanda molto agli assistenti. Quando c’è però si fa sentire: non annoia ed è molto coinvolgente. A lezione fa molti esempi e ripercorre le sue esperienze personali. Sono lezioni molto partecipate che portano al confronto diretto
Ma Conte, prima che futuro capo di governo, resta sempre un professore di diritto privato. “Il duro”, come lo chiamano alcuni ex studenti per via del suo temperamento algido e distaccato. Per conoscere meglio il nuovo Primo Ministro abbiamo parlato con qualche alunno, vecchio e attuale, della facoltà di giurisprudenza di Firenze.
«L’anno scorso ho dato un esame col prof Conte, e ora devo dare la seconda parte quest’anno, a luglio, ma a questo punto non penso proprio che ci sarà ancora lui – scherza Mauro -. Conte come professore è impeccabile: un buon professore, lo si vede subito. È molto capace ma anche molto assente per via degli impegni, perciò demanda molto agli assistenti. Quando c’è però si fa sentire: non annoia ed è molto coinvolgente. A lezione fa molti esempi e ripercorre le sue esperienze personali. Sono lezioni molto partecipate che portano al confronto diretto». Gli studenti hanno molta stima del prof Conte, impossibile trovare qualcuno che metta in dubbio la sua preparazione. Riccardo, che con il neopremier ha dato ben due esami di diritto, ci tiene a sottolineare che «è una persona estremamente umile che viene molto incontro agli studenti. È il classico docente che cerca di alzarti il voto, e non vuole mandarti a casa a mani vuote. Dal punto di vista professionale lo reputo un grande tecnico, che sa quello che fa e ti fa appassionare alla materia. In due parole: pacato ma carismatico». E proprio a causa di questa aura da uomo impassibile che incarna le istituzioni non mancano le reazioni scomposte di alcuni alunni. «Gli facevamo il verso – ammette Mattia, che ha seguito le lezioni di Conte in tempi non sospetti, nel 2012 -. Dava una forte impronta alle parole per dargli pathos, sostanza, e questo ci faceva ridere. Comunque da quel che ho capito parlando con altre persone è anche simpatico: formale ma per le giuste sedi».
È disorganizzato perché è perennemente assente. Io non ho mai avuto la necessità di andare da lui a ricevimento, ma molti compagni hanno dovuto spesso fare riferimento al suo assistente. La sua disorganizzazione deriva dal fatto che insegna anche alla Luiss, perciò tra Roma e Firenze è sempre di fretta
A parte i toni sostenuti, a detta di tutti l’unica grande vera pecca del nuovo inquilino di Palazzo Chigi è il disordine. Il commento ad un post su facebook del 2013 scovato in un gruppo fiorentino di studenti di giurisprudenza è lapidario quanto ironico: Conte viene definito come “l’uomo più mal organizzato della storia dell’università italiana”. «È disorganizzato perché è perennemente assente – spiega Mauro -. Io non ho mai avuto la necessità di andare da lui a ricevimento, ma molti compagni hanno dovuto spesso fare riferimento al suo assistente. La sua disorganizzazione deriva dal fatto che insegna anche alla Luiss, perciò tra Roma e Firenze è sempre di fretta». Secondo Mattia, lui «è uno di quelli che dorme 4 ore e mezza a notte. Il problema è più relativo alle lezioni perché arrivava in ritardo. Così poi spesso non ti fa fare la pausa per recuperare il tempo perso». «È capitato che nell’organizzazione degli appelli ci fosse qualche intoppo, ma alla fine tutto rientrava nella regolarità: è sempre venuto incontro ai bisogni dello studente», conclude Riccardo.
Tecnico raffinato, europeista, autodichiarato «avvocato difensore del popolo italiano» dopo l’incontro con Mattarella. Poi, a ritroso, le velate simpatie per l’ex inquilino toscano dalle parti di piazza Colonna. Insomma: Conte è di destra o di sinistra? Gli studenti ammettono che è sempre stato molto attento ad esporsi. «Non si è mai espresso per direttissima», dice Riccarido. Ma da Floris ha ammesso che il suo cuore “ha sempre battuto a sinistra”. Ci pensa Simona, che ha avuto il prof Conte come relatore per la tesi e se lo è ritrovato poi anche come insegnante alla scuola di specializzazione, a fare un po’ di chiarezza. «A livello politico non si è mai esposto, ma dal suo modo di pensare è sicuramente più progressista che conservatore. Come idee è più vicino al Pd che ai 5 stelle». Paradossi della Terza Repubblica.
Gli aspetti personali della vita del professore però rimangono un mistero. È una statua d’argilla che si diverte a chiacchierare con gli studenti durante gli esami, tirando in ballo la loro vita, la terra natia e consigli su dove andare mangiare “bene” in vacanza. Voci di corridoio ce ne sono poche e smentite inequivocabilmente da tutti gli intervistati. Tra studenti si parla delle solite chiacchiere da bar: dal leggendario studente bocciato ben sei volte da Conte, alle ipotetiche relazioni con le assistenti. Lasciando il gossip al gossip, una cosa è certa e ci tiene a sottolinearla Riccardo: «se facciamo appello alla competenza e alla personalità del professore potremmo avere davvero il governo del cambiamento».
Se facciamo appello alla competenza e alla personalità del professore potremmo avere davvero il governo del cambiamento
I ragazzi quasi non ci credono che quello che prima era niente di più che uno stimato professore ora si stia preparando per guidare il paese in un momento chiave della storia repubblicana. Premier politico o tecnico? «Questo maleficio dell’essere tecnici è un problema», non ti fa mai capire da che parte si voglia andare. Comunque sia, Firenze ancora una volta detta la linea.