La luna di miele è finita: in Europa nessuno si fida già più di Lega e Cinque Stelle

Il documento economico di Lega e Cinque Stelle ha gettato nello sconforto l’Europa. Il mix di provvedimenti riscuote unanime dissenso. Ma chi potrà imporre un direzione all’Italia?

L’attaché economico di un’ambasciata del nord non ha dubbi: «L’Italia ha la febbre, dovrebbe prendere un’aspirina». Ha letto il programma giallo-verde ed è diventato pallido come un morto. Se fanno quel che dicono, addio Unione Europea. La collega di un’altra legazione invece è rossa di rabbia contro una Italia che al dunque si dimostra inaffidabile: «A giugno ci sono scadenze importanti dall’immigrazione con la revisione del patto di Dublino che vede in primo piano il vostro paese alla riforma della governance economica. Con chi trattiamo questi temi? Oggi non esiste più una linea italiana e anche tra Lega e M5S le posizioni mi sembrano molto diverse». Insomma, tavolozza di colori a parte, la sensazione è che il documento uscito lunedì scorso abbia gettato nello sconforto sia il mondo diplomatico sia quello finanziario che ha cominciato a mostrare in borsa i suoi segnali di pericolo. Lo spread con i titoli di stato tedeschi a 10 anni è salito a 150 punti, non è ancora a livello di pericolo, ma quel che conta è la tendenza.

Finora era tutto un wait and see. Si diceva: beh, i toni più esasperati si sono affievoliti, le promesse più astruse sono state riposte nel cassetto, Luigi Di Maio vuole addirittura rispettare il deficit all’1,5%, impegno sottoscritto da Pier Carlo Padoan e Paolo Gentiloni, anche se Matteo Salvini gioca al rilancio. Inoltre, c’è qualcosa di buono, per esempio il reddito di cittadinanza che non è più di cittadinanza, quindi universale, bensì legato alla volontà di lavorare e destinato ai più poveri; in sostanza diventa una indennità di disoccupazione estesa anche a chi non ha ancora avuto un impiego e qualcosa di simile c’è anche in altri pesi. Persino il tortuoso ragionamento sui disoccupati che spariscono quando passano all’agenzia per l’impiego non è così diverso da quel che accade in Germania o in Svezia. Anche se prima di calcolare se e di quanto incide sul prodotto lordo bisognerà aspettare che questi lavoratori in stand-by creino un reddito. La flat tax, al di là della sua applicazione complicata e non proprio piatta – anche per rispettare il criterio costituzionale della progressività – se riduce una pressione fiscale in Italia troppo alta, può produrre effetti positivi.

Quel che ha fatto saltare tutti sulla sedia, dunque, non è il costo degli impegni elettorali, per quanto elevato (siamo a un fabbisogno aggiuntivo di un centinaio di miliardi), bensì il contenuto di quel programma, superato che dir si voglia

E le pensioni? Certo, quelle italiane sono ancora migliori rispetto a quelle dei paesi in cui non è stata colpita solo l’età di quiescienza, ma anche l’ammontare dell’assegno di fine lavoro; inoltre esiste un problema di sostenibilità nel medio termine. Però non si può dire che imporre quota 100 tra età e contributi versati porti alla bancarotta. Ciò vale anche per il Jobs act e l’articolo 18 già abolito all’Acea, l’azienda municipalizzata del comune di Roma. Del resto le micro-imprese italiane non lo applicano in ogni caso. Più allarmanti appaiono la chiusura dell’Ilva o la nazionalizzazione dell’Alitalia, ed è criticabile il blitz della Cassa depositi e prestiti in Tim: tuttavia, siamo ancora dentro un alveo di proposte da paese normale.

Quel che ha fatto saltare tutti sulla sedia, dunque, non è il costo degli impegni elettorali, per quanto elevato (siamo a un fabbisogno aggiuntivo di un centinaio di miliardi), bensì il contenuto di quel programma, superato che dir si voglia. Per esempio l’idea che la Bce debba “restituire” titoli pubblici per 250 miliardi di euro, che equivalgono a prestiti all’Italia (in realtà sono arrivati a 340 miliardi), spendendo i soldi di tutti i partecipanti al capitale e iniettando moneta liquida nell’intero sistema finanziario. Draghi non compra titoli a piacimento, ma solo rispettando le quote azionarie, ciò vuol dire che acquista più Bund tedeschi. Se cancellasse i titoli italiani dovrebbe mettere in conto perdite superiori al suo capitale e spalmarle su tutti gli altri paesi. Affinché questo non accada i Bot e Btp sono nel portafoglio della Banca d’Italia. Insomma un circolo vizioso del tutto inattuabile.

La proposta più inquietante, però, è il comitato di controllo, quella istituzione parallela che farebbe perdere di qualsiasi potere il consiglio dei ministri e lo stesso parlamento. Per alcuni è un vero golpe bianco. Altri ci vedono la prova generale di una delegittimazione della democrazia liberale in Occidente. Chi evoca il sud America e chi s’interroga sui danni collaterali e l’effetto imitativo. L’Italia è un laboratorio politico nella teoria (si pensi a Machiavelli) e nella prassi – dice un diplomatico – ma questa volta dagli alambicchi escono flussi venefici, peggio delle provette chimiche di Assad. E siccome i nostri interlocutori sono stranieri ed europei, per loro la ciliegia sulla torta è la svolta filo-russa. Sia chiaro, non tutti pensano che le sanzioni siano efficaci o anche giuste, però un programma di governo non è un seminario accademico, al contrario definisce lo schieramento, con chi stai e dunque anche chi sei. In questo caso molti temono che l’Italia populista si allontani dalla storica solidarietà europea e occidentale.

Può darsi che anche questo diventi un mero ballon d’essai, del resto i vincitori delle elezioni ne hanno già tirati tanti altri in questi due mesi. Inoltre l’Italia resta più solida di quel che gli stessi italiani credano

Può darsi che anche questo diventi un mero ballon d’essai, del resto i vincitori delle elezioni ne hanno già tirati tanti altri in questi due mesi. Inoltre l’Italia resta più solida di quel che gli stessi italiani credano. Certo cresce troppo lentamente e questo è un grosso guaio ora che anche la Germania sta rallentando; la partecipazione delle donne e dei giovani al lavoro è toppo bassa; tuttavia esiste una grande ricchezza finanziaria e soprattutto patrimoniale, persino superiore a quella tedesca. È un tasto sul quale ama battere la Bundesbank per concludere che una bella e robusta patrimoniale potrebbe essere una cura ben più efficace, sempre che venga usata per abbattere il debito pubblico. Vuoi vedere, allora, che Silvio Berlusconi ha annusato una pista giusta? Del resto, qua e là trapela lo spirito della super-imposta soprattutto tra i pentastellati, perché i leghisti di aumentare le tasse non ne vogliono certo sapere.

In attesa di cure più efficaci, ci vuole senza dubbio un’aspirina, passato il febbrone si tornerà pure a ragionare. Ma chi può propinare l’antipiretico? Certo esternazioni dei commissari europei come Jyrki Katainen o Valdis Dombrovskis non aiutano, anzi fanno fremere di sdegno anche gli ultimi seguaci ortodossi di Altiero Spinelli. Chi allora, il presidente della Repubblica che sembra quasi preso in giro e delegittimato dal balletto dei dioscuri in giallo e verde? E come?

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