Altro che Melania, la vera first lady è Ivanka

Molte first lady hanno lasciato il segno nella vita politica americana, ma questo non sembra il caso di Melania. Ad avere molto più influenza sul presidente pare essere la figlia Ivanka, una saggia Salomé che ha capito essere inutile cercare di far cambiare idea al padre: meglio usare il suo potere

Molte first lady americane, si sa, hanno lasciato un segno nella vita politica e sociale della nazione, contribuendo pure alla fama del consorte. Jacqueline onorò in ogni modo la figura di John Kennedy. Nancy Reagan ricordata per il suo stile, tanto da dare il proprio nome ad un colore, il “rosso Reagan” ebbe un ruolo decisivo nelle scelte politiche del marito.

Non pare il caso di Melania, ininfluente e smorta la sua presenza, nemmeno la sua avvenenza fisica riesce a immettere nuova linfa in Trump! I giornali parlano delle sue acconciature, delle sue gonne, dei suoi tacchi a spillo, calze e reggicalze, del suo fascino artefatto, “è una statua di marmo, desta sì un’emozione estetica ma non trasmette eros,” dicono, “non riesce a sedurre Trump, non lo eccita abbastanza, sembra lo annoi,” sembra che lo stesso spregio del marito la disturbi. Comunque sia, anche a causa della sua ritrosia a stare sotto i riflettori, di Melania si sa poco, pochissimo.

Di sicuro si sa che è rassegnata a non avere un gran potere d’influenza su Trump. E da questo punto di vista Melania esiste come fantasma della figlia, Ivanka. Che peraltro non è sua figlia ma la figlia dell’altra, Ivana, la prima moglie di Trump. Ivanka è bella, è amata, ascoltata dal padre che la riempie di complimenti; Trump sempre lo proclama: “Io amo Ivanka”, e per poterla rallegrare si costringe ad amare anche il suo giovane marito ebreo. Al colmo dell’amore Trump è disposto a seguire quello che i due sposi preferiscono sia bene per Israele e Netanyahu, e gli israeliani osservano allibiti tanta paterna munificenza; curioso che il destino di Gerusalemme è dipeso dall’amore di Trump per Ivanka e da quello di Ivanka per il marito, così religioso, dedito alla famiglia e agli affari e a Israele. È stata infatti proprio lei, raggiante e vittoriosa, a scoprire la lapide per l’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme. Israele sì, ma anche la corte di Erode: si ha l’impressione che se Ivanka chiedesse la testa di qualcuno, Trump, pazzo d’amore, sarebbe pronto a concedergliela. Ivanka incede Reale per i luoghi del potere, per quella Casa detta Bianca che di bianco ha poco; la Cina ora le concede la registrazione di ben 7 marchi, in cambio Trump salva subito il colosso cinese delle telecomunicazioni ZTE. Suo padre pare inchinarsi ai suoi piedi accontentandola in tutto, Ivanka però non è sadica, tiranna, cattiva. Ivanka è una Salomè saggia, della paterna follia sorride, e con uno sguardo sembra, oltre che umanizzare il padre, riscattare anche la madre, quella madre assurda e volgare che l’ha messa al mondo e che la figlia ha perdonato ma anche allontanato.

Trump sempre lo proclama: “Io amo Ivanka”, e per poterla rallegrare si costringe ad amare anche il suo giovane marito ebreo. Al colmo dell’amore Trump è disposto a seguire quello che i due sposi preferiscono sia bene per Israele e Netanyahu, e gli israeliani osservano allibiti tanta paterna munificenza

Intanto il suo godere del favore del padre suscita sempre più astio: tutti ce l’hanno con Ivanka Trump, la rimproverano di esser una privilegiata che, per di più, gode dei suoi privilegi in modo sfacciato, tanto che nemmeno traveste questo suo godimento; al contrario lo sbandiera. La foto di Ivanka, pubblicata su Instagram qualche giorno fa, abbracciata al suo ultimo figlio, Theodore, ha fatto infuriare tutti, ma proprio tutti. Postata quando suo padre, per scoraggiare l’immigrazione clandestina dal Messico, ha autorizzato gli agenti di frontiera degli Stati Uniti a sottrarre i bambini ai genitori che hanno attraversato il confine illegalmente.

Nemmeno Chelsea Clinton, un tempo sua intima amica, la sopporta più. Ora l’accusa di non usare la sua posizione per migliorare le politiche del padre, razziste e penalizzanti per le donne, di soggiacere inerme alla volontà del padre per i suoi affari. Chelsea, a differenza di lei, non ha mai mancato di far valere le sue idee all’interno della sua famiglia, acquistando sicurezza e stima di sé. Come a suo tempo fece la madre Hillary, durante la presidenza di Bill.

Ivanka al contrario non si serve dell’amore del padre per influenzarlo, moderarlo, renderlo più liberal.

Ivanka allora è forse solo una sciocchina insensibile dedita ai suo affari e allo shopping più sfrenato? Oppure come l’antica Salomè è feroce e insaziabile e gode senza fondo dell’attenzione del padre proprio perché data solo a lei e sottratta a tutte le altre donne? Forse è lusingata che un padre così umorale arbitrario egoista che bada solo a sè dinnanzi lei si sciolga come un babà? Le piace immaginare di essere l’unica a tenerlo in pugno, e sa che se si opponesse alle sue politiche perderebbe il suo favore? O molto semplicemente Ivanka sa che non c’è nulla da fare: quel padre non può cambiare più di tanto, non muterà le sue idee politiche, ammesso che ne abbia di sue, troppo egotico e infantile, meglio allora usare il suo potere per trarne più vantaggi possibili. E poi chissà.

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