Hanno aspettato pazienti che qualcosa si muovesse dalle stanze della sindaca. Ma ora anche i sindacati romani, Cgil, Cisl e Uil, si sono dati appuntamento per il 6 giugno per una manifestazione unitaria contro l’amministrazione comunale guidata da Virginia Raggi e quello che definiscono «l’immobilismo del Campidoglio». A quasi due anni dall’insediamento, è la prima volta che le sigle confederali rompono con la prima cittadina grillina, che finora li ha considerati l’unico alleato in mezzo al fuoco incrociato delle critiche, tra buche, rifiuti e autobus in fiamme.
“Quanto eri bella Roma…” è lo slogan scelto per la protesta, che punta a coinvolgere anche buona parte dei 47mila dipendenti che lavorano per il Comune e le società partecipate. «Non ci sono progetti per fermare il declino della città», ha spiegato Michele Azzola, segretario generale della Cgil di Roma e Lazio. Cgil, Cisl e Uil elencano in sei punti i problemi della Capitale: «Disagio sociale, solitudine; lavoro povero, assente e precario; periferie allo sbando; trasporto pubblico nel caos; rifiuti che ci sommergono; buche ovunque e prati incolti; beni culturali al decadimento».
Sei punti che segnano ufficialmente la rottura tra Virginia Raggi e i sindacati, che solo un anno fa firmavano insieme il patto “Fabbrica Roma”: una dichiarazione di intenti che mirava a rilanciare l’economia della Capitale. Un documento che sanciva l’alleanza politica tra i sindacati e la sindaca, e che poi avrebbe dovuto essere riempito poi di contenuti. Cosa, che a sentire i confederali, non è avvenuta affatto.
Lo scopo, con riunioni a cadenza settimanale (come chiesto dalla sindaca), doveva essere «quello di affrontare tanti nodi che nel tempo sono rimasti irrisolti: dotare la città di infrastrutture materiali e immateriali, creare aree a “burocrazia zero”, studiare incentivi fiscali e tariffari per le imprese, rivedere i vincoli finanziari derivanti dalla gestione del mostruoso debito ereditato e dal piano di rientro triennale», aveva subito spiegato Virginia Raggi. Che, dopo una serie di provvedimenti a favore dei dipendenti capitolini, aveva anche salutato il ritorno alla “concertazione” con le parti sociali in un momento in cui invece il Pd rompeva con i sindacati nei palazzi del governo. Tant’è che Susanna Camusso parlò subito di «discontinuità con il passato», dopo aver condiviso con il Movimento Cinque stelle le battaglie contro i voucher e il Jobs Act.
Con la firma del patto “Fabbrica Roma”, Virginia Raggi aveva salutato il ritorno alla concertazione con i sindacati, elogiato anche da Susanna Camusso. Ma la dichiarazione di intenti non ha avuto seguito e le parti sociali non sono mai state convocate
Ma l’idillio è durato poco. «La nostra pazienza è finita», dicono. I sindacati lamentano anzitutto l’assenza di progetti per uscire dalla crisi in cui la Capitale è piombata. Sui rifiuti, dice Azzolla, «Ama non ha idee per il futuro. Ha un piano industriale finto che si basa su una riduzione dei rifiuti barzelletta». Sul fronte dei trasporti, ammesso che il concordato di Atac passi, «crediamo che il giorno dopo inizieremo a pagare oltre un miliardo di euro senza che ci siano risorse per il rilancio dell’azienda». E poi c’è il decoro urbano: «Abbiamo proposto al Comune di partire dalle scuole per riqualificare i quartieri. Abbiamo chiesto di mettere insieme le risorse di Stato, Regione e Comune per partire con una riqualificazione delle scuole e delle aree pubbliche. Ma anche su questo è tutto fermo».
Cgil, Cisl e Uil lamentano anche la difficoltà a interagire con gli assessorati. Le riunioni una volta a settimana, come annunciato dalla Raggi, non ci sono state. E il protocollo “Fabbrica Roma”, «non ha avuto seguito. Non siamo mai stati convocati e non siamo mai riusciti a incontrare l’assessore al Bilancio Lemmetti, che per noi è un ologramma», ha spiegato Alberto Civica, segretario della Uil Roma. «Non abbiamo più un confronto con l’amministrazione», ha confermato il segretario della Cisl Roma Paolo Terrinoni. «E con gli assessori è impossibile, visto che, tra l’altro, cambiano continuamente. Li vogliamo svegliare».