E il Governo nazional-populista adesso rischia di spaccare la Chiesa

La maggioranza M5S-Lega segnala la debolezza della voce dei cattolici nella politica italiana. La linea dei vescovi è quella di papa Bergoglio: accoglienza evangelica dei migranti e poca interferenza sui diritti civili. Ma come si concilierà con le idee di Salvini?

Papa Francesco farà tappa oggi in Svizzera, a Ginevra, per un breve pellegrinaggio al Consiglio ecumenico delle Chiese, dove pregherà insieme ai rappresentanti di altre confessioni cristiane. Ma è in Italia che per il capo della Chiesa cattolica è attestato il principale fronte di sfida. L’insediamento del governo M5S-Lega rappresenta infatti una novità anche per le gerarchie vaticane, la cui linea ufficiale è piuttosto distante da quella espressa dai due partiti che esprimono una maggioranza populista a forte impronta nazionalista. I vescovi italiani sono da tempo schierati a favore dell’accoglienza dei migranti e di un’integrazione piena anche di coloro che professano una fede differente. Sono stati anche abbastanza pragmatici nei confronti delle leggi sulle unioni omosessuali e il biotestamento approvate dalle maggioranze di centrosinistra. In più, continuano a predicare un approccio sobrio all’attività politica: meno promesse, meno provocazioni, più disponibilità al dialogo. Richieste formulate dalla Cei prima delle elezioni del 4 marzo, ma di fatto non soddisfatte dal risultato delle votazioni e dall’atteggiamento assunto dai nuovi governanti, per il momento condizionati dall’esuberanza di Matteo Salvini, vicepremier, ministro dell’Interno e segretario della Lega. Che esprime una convinzione granitica: il papa parla alle anime, lui agli elettori.

Nel medio-lungo periodo, se non ci sarà un cambiamento di toni, il governo M5S-Lega potrebbe, dunque, far emergere con maggior forza le divisioni della Chiesa rimaste finora sotto traccia fra i sostenitori della linea dell’attuale pontefice (in maggioranza) e quelli che invocano invece un ritorno al tradizionalismo, contro la globalizzazione, il relativismo, il multiculturalismo. E che in questi anni non hanno mancato di opporre a Bergoglio la figura dell’altro papa vivente, Benedetto XVI, usando anche una chiave di lettura anti-Islam non sempre aderente alla realtà. Non è un tema da sottovalutare, in un Paese dove la religiosità è stata per lungo tempo un elemento fondante dei rapporti sociali e ne plasma tuttora molti comportamenti. Da un quarto di secolo, è vero, con la fine della Dc, non esiste più l’unità politica dei cattolici italiani, che si sono divisi fra il centrodestra e il centrosinistra. Via via, da allora la Chiesa ha cercato di uscire dalla contesa politica, abbandonando il collateralismo di un tempo e inaugurando un approccio più culturale, sui singoli temi. Con l’area berlusconiana, finché ha avuto un suo peso, c’è comunque stato un rapporto privilegiato, sfociato per esempio nella nascita dei Family Day. Ma, dopo, tutto è cambiato di nuovo.

Da un quarto di secolo, con la fine della Dc, non esiste più l’unità politica dei cattolici italiani, che si sono divisi fra il centrodestra e il centrosinistra. Via via, da allora la Chiesa ha cercato di uscire dalla contesa politica, abbandonando il collateralismo di un tempo e inaugurando un approccio più culturale, sui singoli temi

Il risultato è che mai come oggi la voce dei cattolici appare debole, nella politica italiana. Non spicca, non suscita dibattito, se non nelle piccole contese di giornata, sulla cronaca quotidiana che riempie i media ma non alimenta le anime. Diverse voci di autorevoli vescovi hanno paventato addirittura il rischio di irrilevanza. Il nazional-populismo è una sfida delicata, probabilmente esigerà un atteggiamento meno prudente da parte della Chiesa, perché rappresenta una cesura nel patto sociale che lega i cittadini fra loro. Lo stesso Francesco, che rivendica un approccio evangelico ai problemi causati dalla globalizzazione ma appare distaccato dalle vicende italiane, in questi anni è assurto involontariamente a bandiera dei progressisti di mezzo mondo, e il suo messaggio viene usato come alternativa a quello muscolare di Donald Trump e dei suoi cloni. Ieri il papa ha avuto parole nette, in un’intervista alla Reuters: “I populismi non sono la soluzione ai problemi del nostro tempo”. L’incognita sono le conseguenze che potrebbe avere un atteggiamento più o meno interventista di quello che è stato finora. Come si proporrà la Chiesa cattolica nei confronti di un premier, Giuseppe Conte, che sin dal suo discorso programmatico al Senato ha rivendicato la bontà di dirsi populista? E come si comporterà nei confronti della leadership de facto di Salvini, determinato a ridurre al minimo l’accoglienza di immigrati e a barattare la solidarietà europea con un ritorno ai poteri sovrani? Soprattutto, una presa di posizione netta potrebbe far emergere una Chiesa meno granitica di quel che appare?

La Conferenza episcopale ha assunto un atteggiamento pragmatico. Ha assicurato collaborazione al nuovo capo del governo, ma senza sconti: la linea del cardinale Gualtiero Bassetti resta ferma alla richiesta di non sfruttare le paure sociali a fini elettoral-propagandistici. E’ chiaro però che con un governo a trazione leghista, quelle anime della Chiesa più tradizionalista e meno in linea con le posizioni dell’attuale pontefice potranno avere maggiori sponde politiche (e mediatiche). Persino in America, fra i movimenti religiosi vicini a Trump, si guarda con interesse al cambiamento politico italiano. Resta ovviamente da vedere se la maggioranza M5S-Lega abbia la forza di sfidare la Chiesa a cambiare. Chiunque governi in Italia sa di non poter fare a meno di una relazione privilegiata col mondo cattolico. Perché le istituzioni e le associazioni cattoliche sono attori fondamentali nel campo sociale ed educativo, dove lo Stato non ha le risorse per arrivare. E anche perché, se è tornato un culto dell’identità nazionale, questa identità, in Italia, è impregnata di simboli religiosi. Lo stesso premier Conte non fa mistero di essere un fedele devoto di Padre Pio. Il leader del M5S, Luigi Di Maio, vicepremier e ministro del Lavoro, si è fatto fotografare mentre baciava la teca col sangue di San Gennaro, a Napoli. E poi: non è stato forse Salvini a esibire, a Milano, un rosario e una copia del Vangelo dal palco di un comizio elettorale?

Il punto è capire a che tipo di elettorato cattolico queste esibizioni di religiosità siano indirizzate.

Twitter: @ilbrontolo