«Italia e Francia hanno troppi interessi comuni. Adesso è necessario tornare a dialogare»

Parla Jérome Gautheret, corrispondente de Le Monde. «Il nuovo governo di Roma deve imparare a gestire le relazioni internazionali. Il vero errore di Macron? Non è stato l’assist fornito a Salvini, ma aver voltato le spalle all’Italia. Un anno fa Minniti ha chiesto aiuto e noi abbiamo chiuso i porti»

«I nostri Paesi sono troppo vicini e hanno troppi interessi in comune per uno scontro diplomatico. Adesso bisogna tornare a dialogare». Jérome Gautheret è il corrispondente in Italia del quotidiano francese Le Monde. Un osservatore particolare delle tensioni di questi giorni. La sfida è senza precedenti. La gestione del fenomeno migratorio rischia di alzare un muro tra Roma e Parigi. Ieri la Farnesina ha convocato i rappresentanti dell’ambasciata francese, accusando l’Eliseo di compromettere le nostre relazioni. E mentre il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha disertato un incontro a Parigi, il premier Giuseppe Conte è pronto a rinviare il vertice con il presidente Macron.

La sensazione è che lo scontro diplomatico ormai sia sfuggito di mano, non crede?
È esattamente così. Qualcuno parla di reazioni emotive, mi sembra che Italia e Francia stiano vivendo un momento di rabbia irrazionale. Ma è necessario tornare a parlarsi. I nostri Paesi sono troppo vicini per chiudere il dialogo.

Due giorni fa il portavoce di En Marche ha definito “vomitevole” la decisione del governo italiano di chiudere i porti ai migranti della nave Acquarius. Il presidente Macron ha accusato il nostro Paese di cinismo e irresponsabilità. Era necessario usare toni così duri?
Non conosco i motivi interni di questa scelta. Posso dire che già da qualche giorno l’Europa stava assistendo a messaggi aggressivi che hanno creato tensioni.

Si riferisce al governo italiano?
Prima l’Italia ha litigato con la Tunisia, poi ha litigato con Malta… Non si possono gestire le relazioni internazionali così. Il governo italiano ha appena iniziato a lavorare, forse dovrebbe cercare un altro modo di dialogare. Ma anche la Francia deve imparare a relazionarsi con il vostro nuovo esecutivo. Normalmente i rapporti sono diretti, non si mandano messaggi attraverso Facebook e Twitter. La diplomazia è un’altra cosa. Ma i luoghi per parlare esistono. Italia e Francia hanno tanti interessi in comune, è necessario confrontarsi.

Intanto Palazzo Chigi ha risposto alle accuse francesi. Una lezione irricevibile, da parte di un paese che continua a respingere i migranti ai propri confini.
E questo è vero. Rispetto a quanto accaduto a Ventimiglia e Bardonecchia la Francia ha avuto un comportamento molto ambiguo. Anzi, di vera e propria ipocrisia.

Sicurezza e immigrazione sono due temi centrali per il nuovo esecutivo italiano. Sono stati decisivi per la vittoria alle ultime elezioni. Anche l’opinione pubblica francese vive con preoccupazione questi argomenti?
In Francia negli ultimi anni ci sono stati diversi attentati terroristici che hanno creato un ambiente molto diverso dall’Italia. C’è l’idea diffusa, anche se io non la condivido, che l’immigrazione porti con sé anche un rischio per la sicurezza del Paese. E questo argomento viene usato come giustificazione per la chiusura delle frontiere. Ma non dobbiamo dimenticare che la Francia è un paese di vecchia immigrazione. Il nostro non è un paese chiuso. I canali di ingresso per i migranti non si limitano al confine italiano.

«Le accuse di Macron hanno fornito un assist involontario a Salvini, è vero. Probabilmente in Francia ancora non hanno capito qual è la situazione italiana. Ma non è stato questo l’errore più grande. Il principale sbaglio risale a un anno fa, quando il ministro Minniti ha chiesto aiuto all’Europa per gestire il fenomeno migratorio e i francesi non hanno aperto nemmeno un porto»

Si accende lo scontro sulla gestione dei migranti, qualcuno già ricorre ai vecchi stereotipi sull’inaffidabilità del nostro Paese. In generale come è visto Oltralpe il nuovo governo populista italiano?
L’immagine è quella di un governo che vuole cambiare tante cose e tutte insieme. Ha promesso di abbassare le tasse, di introdurre un reddito di cittadinanza, di cambiare il sistema delle pensioni. È vero, un osservatore esterno potrebbe correre il rischio di considerarlo un governo inaffidabile. Ma questo non è un tema che riguarda solo la Francia. È un messaggio generale che l’Italia ha dato al mondo. Personalmente i discorsi di Matteo Salvini mi hanno ricordato molto il presidente americano Donald Trump. Ho trovato lo stesso modo di voler cambiare le regole.

Il nostro è il primo governo sovranista dell’Europa occidentale. In Francia c’è curiosità verso quello che sta accadendo a Roma?
Inizialmente destavano interesse le scelte in materia di politica economica. La posizione italiana sull’euro. La crisi dei migranti ha inevitabilmente spostato l’attenzione dei francesi su quest’altro aspetto. Ma sull’economia c’è un aspetto del vostro governo che mi colpisce. Da noi la Flat tax sarebbe inimmaginabile. Non potremmo mai condividere un modello che aiuta i più ricchi. In Francia non si potrebbe organizzare una campagna elettorale su questo tema. L’idea che l’Italia, che ha già tanto debito pubblico, pensi a indebitarsi ancora di più per aiutare i ricchi sembra incredibile.

Ma la Lega non rappresenta solo un fenomeno italiano. Dopotutto Salvini è la nostra versione della vostra Marine Le Pen.
Secondo me Marine Le Pen ha un profilo un po’ diverso dalla Lega. Il Front National vuole chiudere le frontiere per aiutare i più deboli. Nel messaggio di Salvini non ci sono i più deboli. Al leader leghista manca l’aspetto sociale della Le Pen. Da questo punto di vista credo che Matteo Salvini sia più a destra del Fn.

Lei è francese ma segue da tempo la politica italiana. Dica la verità, si aspettava questo successo elettorale della Lega?
In realtà non sono stato troppo sorpreso. Semmai il tema è un altro. Oggi Salvini ha il potere, ma alle elezioni ha conquistato solo il 17 per cento. A livello tattico è stato un successo incredibile, e questo non potevamo immaginarlo. In Italia la Lega rimane un partito minoritario, eppure guida il governo.

«Qualcuno parla di reazioni emotive, mi sembra che Italia e Francia stiano vivendo un momento di rabbia irrazionale. Ma è necessario tornare a parlarsi. I nostri Paesi sono troppo vicini e hanno troppi interessi in comune per chiudere il dialogo»

Effettivamente Salvini ha rubato la scena agli alleati del Movimento Cinque Stelle. Quello dei grillini è un fenomeno politico che ha destato interesse in Francia?
Un fenomeno molto italiano, affascinante, ma anche molto complicato da capire per un francese. Nel nostro scenario politico è difficile immaginare la nascita di un movimento simile. Rispetto alla Lega si vede che i Cinque Stelle hanno un’altra strategia e diversi obiettivi. Vogliono davvero gestire il potere per provare a organizzare la loro rivoluzione e instaurare un altro tipo di governo. Al contrario, Salvini potrebbe presto decidere di tornare al voto. E non mi sorprenderei se accadesse.

Torniamo al caso migranti. Dopo il dialogo con l’ungherese Orban, adesso Salvini annuncia un’intesa con Austria e Germania. Sta nascendo un nuovo equilibrio europeo?
Non credo. Questo pomeriggio ho parlato con il nostro corrispondente a Berlino. Sul tema dell’immigrazione mi sembra ancora molto astratta l’idea di un asse tra italiani, tedeschi e austriaci. Onestamente non si capisce davvero quale potrebbe essere il profilo di questa intesa.

E adesso come si supera lo scontro diplomatico tra Italia e Francia?
Nel quadro generale europeo è evidente che non si può instaurare un rapporto simile. L’ho già detto: Italia e Francia hanno troppi interessi in comune. È impensabile un braccio di ferro di questo tipo. Soprattutto a pochi giorni dalla nascita del vostro governo.

Dal punto di vista comunicativo, però, il governo italiano ha già ottenuto una prima vittoria. Le accuse di Macron hanno fornito un assist involontario a Salvini, non crede?
Sono d’accordo. È vero. Probabilmente in Francia ancora non hanno capito qual è la situazione italiana. Ma non è stato questo l’errore più grande. Il principale sbaglio risale a un anno fa, quando il ministro Minniti ha chiesto aiuto all’Europa per gestire il fenomeno migratorio e i francesi non hanno aperto nemmeno un porto. Non hanno capito quello che stava accadendo. Non era una discussione astratta, l’Italia aveva bisogno di un aiuto concreto.