Contro l’ignoranza dei nostri politici: ecco cosa dice davvero il Ceta

L'accordo di libero scambio tra Ue e Canada è in vigore da 10 mesi e le esportazioni sono cresciute. Ma ora alcuni ministri (compreso Di Maio) minacciano di non volerlo ratificare: eppure gli spauracchi agitati (favori alle multinazionali, sicurezza e made in Italy in pericolo) non sono veri

ANDREAS SOLARO / AFP

Le recenti dichiarazioni di alcuni Ministri del Governo italiano in merito alla volontà di non procedere alla ratifica del CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) – l’accordo tra UE e Canada per favorire gli scambi commerciali e gli investimenti – sono molto preoccupanti in quanto denotano un alto livello di imprudenza, superficialità e incompetenza.

Al netto del contesto in cui le dichiarazioni sono state rilasciate e considerando legittime, seppur non condivisibili, le posizioni di alcune categorie produttive che, anche se in modo miope, pensano di tutelare le aziende da esse stesse rappresentate, non è accettabile che il Ministro dello Sviluppo Economico, On. Luigi Di Maio, definisca il CETA un «trattato scellerato», senza produrre alcuna evidenza empirica.

La stessa cosa si può dire in merito alla posizione assunta dal Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, On. Gian Marco Centinaio, il quale motiva il suo disaccordo alla ratifica del Trattato sul fatto che siano state solo 41 le Indicazioni Geografiche (IG) italiane riconosciute dall’accordo. Senza considerare che prima le IG riconosciute erano ZERO e che quelle oggi riconosciute dal CETA coprono più del 90% dell’export italiano in Canada!!!

Altre convinzioni da sfatare sono quelle che sostengono che gli accordi di libero scambio favoriscano le multinazionali a danno delle PMI. Non è così!!

Le multinazionali sono già presenti da tempo sui nostri mercati e più un mercato è chiuso e complesso, più si allarga il gap con le piccole imprese che non hanno le risorse per competere.

Sono le PMI a trarre il più grande vantaggio dall’eliminazione del 98% dei dazi. E, soprattutto, lo saranno le piccole e medie aziende italiane con vocazione all’export, quelle che hanno tenuto a galla la nostra economia negli anni della crisi e che oggi sono spiazzate dalla strabica politica economica del Governo.

Inoltre, la non conoscenza e la disinformazione diffondo l’errata convinzione che con il CETA si cancellino gli standard di sicurezza europei. Invece, è esattamente il contrario!!!

La salute e la sicurezza di cittadini e imprese europei continueranno ad essere tutelati esattamente come prima e, attraverso, gli accordi di libero scambio, i Paesi partner sono chiamati ad adeguare i propri standard a quelli europei in materia di lavoro, ambiente, salute.

E allora ecco alcune semplici verità sul CETA:

• Riduzione del 98% dei dazi reciproci

• Imprese europee possono partecipare agli appalti pubblici in Canada

• Nessuna modifica alle competenze dei Governi che restano intatte

• Nessuna modifica ai servizi pubblici che restano tali

• Mantenimento degli standard di sicurezza e salute europei a tutela di cittadini e imprese

• Attraverso accordi come il CETA l’UE diffonde una liberalizzazione degli scambi regolamentata a difesa di lavoratori e ambiente, contro forme di globalizzazione selvaggia

• Introduzione di misure a contrasto dell’Italian Sounding

Il Ceta è in vigore dal 21 settembre 2017. In questi pochi mesi le esportazioni italiane verso il Canada dei prodotti Dop e Igp del settore lattiero-caseario sono cresciute di oltre il 5%. In totale, le esportazioni italiane verso il Canada sono cresciute dell’11%. Il CETA introduce per la prima volta misure concrete contro l’Italian Sounding. Ad esempio, il Parmesan commercializzato in Canada non può più utilizzare simboli che richiamino all’Italia e occorre inserire il paese di origine. Le imprese che riescono a competere sui mercati internazionali portano crescita e innovazione anche alle imprese domestiche. Non vogliamo un sistema economico chiuso, non vogliamo un sistema economico basato su barriere alla circolazione di merci e servizi, non vogliamo la “decrescita felice”, vogliamo un sistema aperto con regole semplici e chiare che consenta al Made in Italy di crescere e prosperare per il bene di imprese, lavoratori e cittadini.

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