Drago di Kaulonia, il cimelio conteso tra Monasterace e Reggio Calabria

Il Museo archeologico di Reggio Calabria ha chiesto l’acquisizione del mosaico del drago, simbolo di Monasterace, per una mostra di tre mesi, proprio nel periodo di maggiore affluenza turistica. Ma la paura è che il mosaico non torni più e la cittadinanza si mobilita

È come se ai Musei Vaticani togliessero la Cappella Sistina. O al Louvre la Gioconda di Leonardo. Ridimensioniamo tutto, scendiamo giù fino in Calabria, sulla costa ionica, e arriviamo a Monasterace, la cittadina della Locride nota tra gli archeologi di tutto il mondo per il suo “Drakon”, il mosaico raffigurante un drago scoperto a Kaulonia nel 1960.

Dal 2011, il drago è esposto nel Museo dell’antica Kaulon, una piccola struttura che grazie al suo simbolo attira ogni anno qualche migliaio di visitatori (3.487 i biglietti staccati nel 2017) in questo angolo di Mezzogiorno. Ora, proprio nel mezzo della stagione estiva, dal Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, quello che espone i Bronzi di Riace, è arrivata la richiesta di acquisire il mosaico per una mostra di tre mesi, che verrà inaugurata il 10 agosto. Dalla direzione del museo di Monasterace hanno accettato, ma i quasi 4mila abitanti della cittadina sono tutt’altro che d’accordo. Anzi. Il sindaco Cesare Deleo ha già detto che si opporrà «con tutte le sue forze» allo spostamento e che mobiliterà la cittadinanza. E anche l’archeologo Francesco Cuteri, che nel 2013 a Kaulon ha scoperto il più grande mosaico di epoca ellenistica, dice: «Sarebbe opportuno che il mosaico non andasse via, ancor meno nel mese in cui si vede qualche turista a Monasterace, lasciando il museo sguarnito del suo pezzo migliore».

A Reggio Calabria il drago di Monasterace è stato esposto per trent’anni. Poi, il Fondo ambiente italiano (Fai) ha finanziato il restauro, a patto che il mosaico venisse ricollocato laddove era stato scoperto, cioè sulla collinetta affacciata sullo Ionio dell’antica Kaulon. La collocazione ideale sarebbe stata quella del parco archeologico, nella cosiddetta “Casa del drago”. Ma viste le condizioni del parco, esposto al mare e alla pioggia, il mosaico dal 2011 è stato sistemato definitivamente nel museo adiacente.

Il mosaico non deve andare via, ancor meno nel mese in cui si vede qualche turista a Monasterace, lasciando il museo sguarnito del suo pezzo migliore


Francesco Cuteri, archeologo

In questi anni da Reggio Calabria, dove sono già esposti diversi reperti provenienti da Monasterace, più volte si è tentato prendere in prestito anche il drago. Una battaglia continua tra il centro e la periferia. L’ultimo tentativo risale a qualche mese fa, quando era stato proposto uno “scambio” con alcuni reperti di Palazzo Nieddu a Locri. Ma finora le richieste sono state sempre rispedite al mittente.

Il drago è diventato il simbolo di Monasterace. E Monasterace è diventata la città dei draghi e dei mosaici, emblema dello stato dell’archeologia in Calabria. Da quando Francesco Cuteri nel 2013, nel corso di una campagna di scavi volontari, ha scoperto i più grandi mosaici della Magna Grecia con i draghi e i delfini, ci sono voluti quattro anni prima di veder partire i lavori di messa in sicurezza dell’area dell’antica Kaulon, che il mare stava pian piano portando via. Mentre in spiaggia i passanti collezionavano quello che veniva giù. Il museo, che si trova proprio accanto al parco, ora sta tentando di rilanciarsi nel circuito dei siti archeologici calabresi. E spostare altrove il simbolo che lo caratterizza, per giunta nel periodo di maggiore affluenza turistica, non deve esser sembrata proprio una buona idea.

«A questo punto chiudiamolo pure il museo», dicono dalla cooperativa ViviKaulon, che gestisce i servizi al pubblico della struttura. «Smettiamola di parlare di valorizzazione e promozione, impacchettiamo tutta la storia, i tesori, la cultura del nostro territorio e spediamoli a Reggio Calabria. Tanto qui nella periferica Locride, senza strade, trasporti e servizi togliere anche l’identità è affare da poco».

L’impressione, a Monasterace, è che la mostra al museo di Reggio Calabria sia solo un pretesto per far arrivare lì il drago. Che poi chissà quando tornerà indietro. Anche perché la procedura di spostamento non sarà semplice, e tutt’altro che economica, tra assicurazione, trasporto e imballaggio. E per tre mesi di esposizione non ne vale la pena: basterebbe una riproduzione fotografica o virtuale a terra, consigliano gli esperti.

«Non bisogna spostare il mosaico simbolo del museo», ribadisce Cuteri. «Ma nel caso in cui il ministero dovesse imporre lo spostamento e ritenerlo di vitale importanza, avrei già un elenco pronto di oltre una decina reperti trovati a Monasterace, che sono esposti a Reggio e che potrebbero tornare qui per questi mesi. A partire dalla testa di Sfinge di terracotta del tempio della Passoliera. In modo da allestire nel frattempo una mostra sulle terracotte artistiche dell’antica Kaulonia». L’offerta è servita. Il botta e risposta tra il centro e la periferia dell’archeologia calabrese è destinato a continuare.

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