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Le trappole della negoziazione

  • Economia
2 Luglio 2018

La trappola della negoziazione in cui caschiamo tutti: non fare domande

Alessandra Colonna

Si finisce per fare solo il 30% delle domande che si dovrebbero fare. Siamo figli delle domande che mi verranno in mente, sul momento, mentre parlo con gli altri

Ed eccoci alla Trappola della Negoziazione n°4: “Non fare domande”.

È una delle più insidiose. Capita spesso che i negoziatori non facciano domande e perdano preziose occasioni di raccogliere informazioni, chiarire dubbi e verificare ipotesi.

L’osservazione di migliaia di ore di dialogo negoziale mi ha fatto capire che le persone fanno poche domande. Questo si traduce in perdita di opportunità di cui poi ci si lamenta.

“Avrei potuto chiedergli…”, ma il treno è oramai passato.

Per effetto della pressione che fa perdere controllo si finisce per fare solo il 30% delle domande, anche quando preparate, cosa che capita raramente. Siamo figli delle domande che mi verranno in mente, sul momento, mentre parlo con gli altri.

Il dialogo mirato a ricomporre e prevenire conflitti di interessi è spesso intriso di polemica, risentimento, recriminazioni, minacce più o meno velate, ostruzionismo. Solo una piccola parte, scandalosa per quanto piccola, la si destina al porre domande.

Possiamo avere maturato molta esperienza nella vita, trovarci in quella precisa situazione per la centesima volta e avere molte informazioni, ma in generale viviamo in un naturale contesto di asimmetria informativa. Che cosa sappiamo davvero degli altri, della loro visione, delle loro reali necessità?

Fondiamo i nostri credo su presunzioni, ipotesi, assunzioni di principio: in moltissimi casi validissime, ma non necessariamente certe. Dubitare con costrutto dovrebbe essere l’unica certezza.

L’uso delle domande è delle grandi menti. Da Socrate a Gesù, da Galileo a Bertrand Russell fino al Cardinale Martini. Questi nel 2002, in un discorso rivolto al Pontificio Istituto Biblico, ricordava così l’esperienza della Cattedra dei non Credenti: «Dice l’empio: non c’è Dio, dunque ascoltiamo l’empio, quindi chiamiamo in cattedra i non credenti a spiegarci perché non credono e non facciamo con loro un dibattito apologetico, cerchiamo di ascoltarci. Con la percezione che c’è in ciascuno di noi, almeno in me, una duplice personalità: un credente e un non credente, che fa continuamente obiezioni e pone domande.»

Non si fanno domande per ataviche paure di disconnessione.
Io voglio il consenso dei miei simili e ne temo il giudizio. Da adulti l’immaginario collettivo ci vuole preparati e onniscienti. Altrimenti verrò giudicato male e isolato, mentre io voglio sentirmi parte del tutto e amato.

Invertiamo l’approccio. Io non so qualcosa, e questo non mi spaventa, anzi mi offre una opportunità: apprendere. Fare domande con la genuina curiosità di capire i bisogni di chi ho di fronte è la chiave per generare opportunità di scambio negoziale.

Invertiamo l’approccio. Io non so qualcosa, e questo non mi spaventa, anzi mi offre una opportunità: apprendere. Fare domande con la genuina curiosità di capire i bisogni di chi ho di fronte è la chiave per generare opportunità di scambio negoziale

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