La sinistra è distrutta? Renzi e Veltroni si danno al cinema, alé!

Mentre il paese va a allo sfascio i due grandi timonieri del PD si danno al cinema, ma cercando un altro modo di influire sulla realtà ricordano grottescamente due turisti che si fanno i selfie con dietro le macerie di ponti o i cadaveri dei migranti

In questi tempi così complicati per il Paese, e forse ancora di più per il Partito Democratico, c’è un curioso fil-rouge che unisce, come qualche giorno ci fa faceva notare Christian Raimo, due personaggi che per il PD hanno fatto moltissimo, il fondatore, Walter Veltroni, e il rottamatore, Matteo Renzi. È il filo rosso dell’arte, dell’espressione della propria sensibilità, della testimonianza del presente e del passato, in una parola: il Cinema.

Da una parte c’è Walter Veltroni, padre fondatore del PD, primo sostenitore della necessità di fondare una forza politica a vocazione maggioritaria. L’ex sindaco di Roma ed ex direttore de L’Unità ha appena terminato le riprese del suo settimo progetto cinematografico, il primo non a stampo documentaristico, che si chiama C’è tempo e il cui protagonista è un, ehm, cacciatore di arcobaleni.

Dall’altra c’è Matteo Renzi, il figlio rottamatore del PD, il leader che nel giro di pochi anni è riuscito a portare il partito al suo più grande successo elettorale — quel 40 per cento che soddisfava in effetti la vocazione maggioritaria di cui sopra — ma anche lo stesso che è riuscito a portarlo al suo punto più basso, il 19 per cento delle ultime elezioni. Anche lui, come il suo illustre predecessore, da pochi giorni si è buttato nel mondo del cinema, in qualità di protagonista narratore di un documentario a puntate prodotto da Lucio Presta e dedicato a Firenze. Il titolo? Florence, all’ammerigana, alla Mericoni Nando.

C’è tempo da una parte, dunque, e Florence dall’altra. Uno dietro la macchina da presa, a dirigere “soprattutto attori che vengono dal teatro” e a citare Comencini, Dino Risi e Truffaut. L’altro davanti alla macchina da presa, a guardare fuori campo, con un occhio al chilometro verso l’avvenire e l’altro al passato, alle bellezze della sua città, la sua Firenze da dove l’ultimo grande sogno della sinistra è partito, con la prima Leopolda.

E mentre il primo, da regista navigato ha già la produzione di Pathé alle spalle, uno dei più grandi produttori francesi, il secondo, meno scafato, ha perso di un soffio l’interesse di Mediaset e ora, grazie all’invece ultrascafato agente dei divi Lucio Presta, bussa alle porte di piattaforme internazionali. Ma poco importa, perché entrambi, lo si legge tra le righe dell’intervista di Veltroni rilasciata alla Lettura, come dallo sguardo sognante di Matteo Renzi che osserva la sua città: hanno trovato un altro modo — parallelo alla politica — di influire sul mondo, raccontarlo.

E poco importa anche se, pensando ai due più grandi timonieri della sinistra di questo nuovo millennio che si danno al cinema, l’immagine che può venire in mente forse è più quella dei turisti che si fanno i selfie con sullo sfondo le macerie del ponte di Genova. Stanno realizzando i loro sogni, stanno condividendo «la bellezza come antidoto alla barbarie che vediamo», con l’obiettivo di «divertire e commuovere». Insomma, sono felici e realizzati, che gli vogliamo dire? Sono così teneri.

X