Prima di voltare pagina ed esplorare nuovi temi, sento che è tempo di bilanci. Niente paura, non sarà nulla di doloroso.
Le Trappole di Negoziazione, quei luoghi comuni o falsi miti nei quali tutti, prima o poi, ci imbattiamo, non sono che un assaggio della nebbia che avvolge le competenze manageriali, di cui la negoziazione è a mio avviso la più rappresentativa.
La buona notizia è che solo diventando consapevoli possiamo correggere i nostri errori.
Ripercorro le tappe di questo viaggio per offrire a te, lettore paziente, un vademecum a portata di mano, sperando ti possa aiutare.
1 – Improvvisare: si pensa di possedere capacità negoziale solo perché si ricopre un determinato ruolo, perché si ha esperienza, perché… ce lo diciamo da soli e tanto basta. La prima trappola in cui non cadere quindi è questa: non improvvisare, mai.
Di che cosa attrezzarsi? Consapevolezza, metodo e strumenti.
2 – Cedere, imporsi, mercanteggiare: tutte le volte in cui cerchi di imporre il tuo volere, a scapito degli interessi altrui, non stai negoziando. L’imposizione genera sempre una parte vincente e una perdente. Quando concedi invece, senza alcuna contropartita, e regali qualcosa confidando nell’altrui riconoscenza non stai negoziando. Al contrario rischi di generare avidità e talvolta anche di mettere a rischio la tua credibilità, creando pericolosi precedenti.
3 – Non avere obiettivi chiari: quando negozi devi avere chiari il tuo obiettivo di ingresso: ciò che ti soddisfa e che con fatti e logica puoi argomentare agli altri e il tuo punto d’uscita: quel punto che se superi per eccesso o per difetto, non sarai più soddisfatto.Troppo spesso si vedono trattative non decollare, perché manca la meta del viaggio.
4 – Non fare domande: se non sai qualcosa, non spaventarti, è un’opportunità: apprendere.Fare domande per la genuina curiosità di capire i bisogni di chi hai di fronte è la chiave per generare opportunità di scambio negoziale.
Regola numero 9: non raggiungere un accordo è un male minore rispetto al chiuderne uno cattivo. Le conseguenze di un cattivo accordo si propagano a macchia d’olio
5 – Non ascoltare: ascoltare, lontanissimo parente del sentire, è una capacità rara. Sembra una cosa facile e ovvia. Trito e ritrito come consiglio, campeggia nelle prime pagine di ogni manuale di management. Ma c’è un motivo: l’ascolto latita.
6 – Non comunicare con chiarezza: una comunicazione chiara, sintetica e impattante, in una parola efficace, regalerà valore a te e agli altri e faciliterà il processo negoziale. Dove c’è comunicazione chiara, c’è risparmio di tempo e cresce la fiducia.
7 – Non mettere condizioni alle concessioni: “Se tu… allora io”. Quattro parole che hanno il potere di una formula magica. Porre condizioni alle tue concessioni farà capire agli altri che stai dando loro valore. È la via per dimostrare la tua flessibilità preservando la credibilità, con un atteggiamento propositivo e aperto.
8 – Non fare proposte: hai presente le bocce? Fare proposte equivale a lanciare il boccino. Gli altri dovranno seguirti nella parte di campo a te più favorevole. Proporre è un atto di responsabilità, diretta conseguenza dell’avere chiaro in testa ciò che vuoi ottenere. Ti garantisce intanto la tutela dei tuoi bisogni.
9 – Chiudere per chiudere: non raggiungere un accordo è un male minore rispetto al chiuderne uno cattivo. Le conseguenze di un cattivo accordo si propagano a macchia d’olio. Per arginare l’impulsività rallenta fino a fermarti, se necessario. Non c’è nulla di male nel chiedere una pausa. Concedersi tempo e un po’ di distacco è un modo per ponderare a mente lucida.
10 – Savoir-faire: la negoziazione non è sinonimo di savoir-faire. Elevare il rango delle soft skill – barbaramente tradotte come accessorie – per farne comprendere e apprezzare il valore e portarle sullo stesso paino delle competenze hard si può e si deve. A cominciare da ora.
Buona estate!