Siamo più ricchi di quanto lo siamo mai stati. Viviamo più a lungo, possediamo più cose e viviamo nel lusso. Quindi perché non siamo anche più felici?
È da questa domanda che il filosofo Alain De Botton inizia a parlare di quella che lui stesso ha definito “Status anxiety” (ansia di stato). Così si chiama il suo libro e il documentario omonimo presentato nel 2004, che sembra più che mai attuale. Secondo De Botton quello che ci tiene svegli la notte è il pensiero del nostro stato. Ci chiediamo se abbiamo successo, se abbiamo la giusta automobile o se indossiamo i giusti vestiti. Ci domandiamo se le persone pensano che siamo dei perdenti e, se così fosse, se ce ne dovremmo preoccupare. Nel suo libro De Botton lancia una sfida: quello che facciamo, dove viviamo e quello che possediamo dovrebbe definire il nostro stato e determinare la nostra felicità. Ma è davvero così? In realtà l’uomo moderno vive in uno stato d’ansia causato da quello che gli altri pensano di lui. Ci importa del nostro stato (sociale, economico…) solo in relazione al fatto che può farci apparire agli occhi degli altri come un successo o un fallimento, come un vincente o un perdente. E pensiamo che le persone saranno gentili con noi e ci ameranno a seconda della nostra posizione nella società.
Questo modo di pensare è estremamente pericoloso e può rovinare la nostra vita perché siamo costantemente preoccupati di non riuscire a conformarci agli ideali di successo stabiliti dalla nostra società.
Quali sono le cause della “status anxiety”?
- Mancanza d’amore
- Aspettativa
- Meritocrazia
- Snobismo
- Dipendenza
In pratica, la nostra spinta al successo e la nostra ricerca per raggiungere e mantenere posizioni di alto livello sono alimentate dal nostro bisogno di attenzione, di riconoscimento e di amore. Dobbiamo insomma assicurarci che contiamo per qualcuno.