In questi ultimi giorni il Ministro Di Maio sembra avere una nuova ossessione: non smette di parlare di Amazon. Lo ha fatto in merito alla chiusura domenicale dei negozi, quando si è arrivati a ipotizzare il divieto di apertura anche ai colossi dell’e-commerce per quanto riguarda la composizione, l’impacchettamento e la spedizione dell’ordine, che non potrebbero più avvenire se non a partire dal lunedì mattina. Vai a spiegare ai tecnici del Mise che così facendo farebbero solo un regalo ai siti che possono gestire le varie operazioni dall’estero.
Di Maio non si accontenta però, e vuol far fischiare ancora di più le orecchie ai vertici della più grande società di commercio elettronico, annunciando, rullo di tamburi, che «è tempo che il nostro Paese si doti di un portale di e-commerce multilingua, in cui le aziende italiane possano non solo esporre, ma vendere, i propri prodotti. Una sorta di Amazon del Made in Italy, che faciliti la vendita dei prodotti italiani».
Se nessuno si sia preso la briga di informare il vice premier che una vetrina digitale interamente dedicata ai prodotti italiani esiste già proprio su Amazon, o se a lui questa non piaccia e ne voglia una nuova, non ci è dato saperlo.
Possiamo solo augurarci che questa nuova trovata per pubblicizzare le eccellenze del nostro Paese sia migliore di quelle partorite in passato, utili solo forse a farci prendere in giro a tutte le latitudini. A tal proposito, un breve ripasso dei tentativi istituzionali di promuovere l’Italia all’estero, rendendola (come se ce ne fosse bisogno) ancora di più il feticcio stereotipato della cialtronaggine made in Mediterraneo.
Tutto iniziò da Italia.it, il portale dedicato alla promozione del turismo nostrano, reso celebre da un logo costosissimo e terrificante, dall’ingente spreco di denaro pubblico per la sua realizzazione e il suo mantenimento, a fronte del suo scarso successo (742mila visitatori al mese, di cui il 70,6% italiano). Voluto dal Governo Berlusconi III nel 2006, il sito è morto e resuscitato tra i vari Governi Prodi, di nuovo Berlusconi, Monti, Letta e Renzi. Se il nome non vi dice nulla, sicuramente invece ricorderete (come dimenticarlo) il tentativo di rilanciarlo del 2007. Con un video diventato virale, l’allora ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli esortava in inglese i turisti stranieri: “Plis, visit de uebsait, bat plis, visit Itali”. L’appello del ministro era così coinvolgente e il video così dinamico che a riguardarlo ora sembra una richiesta di soccorso da un rapito dalle Brigate Rosse.
Se nessuno si sia preso la briga di informare il vice premier che una vetrina digitale interamente dedicata ai prodotti italiani esiste già proprio su Amazon o se a lui questa non piaccia e ne voglia una nuova, non ci è dato saperlo. Possiamo solo augurarci che questa nuova trovata per pubblicizzare le eccellenze del nostro Paese sia migliore di quelle partorite in passato, utili solo forse a farci prendere in giro a tutte le latitudini
https://www.youtube.com/embed/Lp2uDyzxP6g/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-ITMa facciamo un salto in avanti fino al 2009, anno in cui Berlusconi lancia il marchio “Magic Italy” per vendere al meglio il Paese.Non uno ma ben due loghi, manco a dirlo uno più brutto dell’altro, fatti a pezzi dalle critiche nel web e ovviamente un altro spot promozionale, con la voce del Cavaliere in persona: “Questa che vedi è la tua Italia, fatta di cielo, di sole, di mare…” parola di Silvio Berlusconi. Pizza, mafia e mandolino sarebbero stati meno scontati forse.
Il vero capolavoro però arrivò nel 2015 con verybello.it, il sito voluto da Dario Franceschini per promuovere gli eventi culturali organizzati durante Expo. Il nome ridicolo non era l’unico difetto dell’idea dell’allora ministro della Cultura. Il portale infatti era un doppione del già citato italia.it, le condivisioni e i like sui social dei suoi contenuti erano esigue e la pioggia di critiche ne portarono la chiusura dei battenti già nel 2017. Un very peccato.
Se la “sorta di Amazon del made in Italy” appena annunciata verrà mai alla luce è presto per dirlo, ma il colosso del commercio digitale può stare sereno: se tanto ci dà tanto dovremo prepararci a un video dei Salvimaio che, rigorosamente in inglese (lingua senza i congiuntivi), invitano i turisti a venire nel nostro Paese a fare acquisti. Magari non quelli africani ecco, e non di domenica che sarà tutto chiuso.
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