Louis C.K. e l’inutile sciocchezza di chi vuole cancellare i geni per “scarsa moralità”

Negli Usa si discute seriamente di cancellare la memoria dei grandi artisti che si sono macchiati di molestie ancora tutte da verificare. Un paradosso che innanzitutto annulla la libertà sessuale sotto una cappa di puritanesimo

Se mi turbi ti cancello. È presto per capire gli effetti della rivoluzione francese sull’Occidente, figurarsi per capire le conseguenze della rivoluzione dei cancelletti #MeToo. Però possiamo azzardare qualche ipotesi. Ci ha provato, tra gli altri, Amanda Hess sul New York Times commentando il ritorno di Louis C.K. che, per chi non lo sapesse, è il comico oggi descritto come “quello che si masturbava di fronte alle colleghe”, e fino a un anno fa era conosciuto come uno dei più bravi monologhisti della sua generazione assieme a Chris Rock, Dave Chappelle e Sarah Silverman. Hess ha scritto che «Recentemente è sorta una nuova metafora su cosa dovremmo fare con le persone famose che abusano della nostra attenzione: cancellarle. Esattamente come uno show tv può essere cancellato per bassi ascolti, ci piace pensare che una persona può essere cancellata per una scarsa moralità». Bannati dalla cultura, silenziati dal palco, bloccati dalle nostre timeline.

La Hess, che forse scambierebbe Black Mirror per una serie utopica e idilliaca, conclude che non funziona così nel mondo reale, ma sembra rammaricarsene scrivendo «La fama è troppo potente». In effetti il mondo dell’intrattenimento non dovrebbe ragionare secondo le regole degli stati confessionali: a basso rendimento morale non corrisponde l’oblio artistico, o non avremmo mezzo canone occidentale (Harold Bloom ha già lottato su questo punto contro i marxisti rococò delle università americane, perdendo).

E qui veniamo a Louis C.K, e al fatto che molte comiche americane non gli perdonano di essere tornato a lavorare. S’è presentato di sorpresa al pubblico (tutti adulti, quasi tutti consenzienti) del Comedy Cellar e si è esibito per 15 minuti (poco prima si era esibito a Long Island). Volture ha contato le donne presenti, ne ha descritto i volti inespressivi, e ne ha raccontato la rigidità nel sentirlo scherzare, tra le altre cose, anche sullo stupro. Too soon? Jessica Valenti, autrice di libri sulla reificazione delle donne, ha detto a BuzzFeed che «Non possiamo controllare se i molestatori tornano sotto i riflettori», a meno che non s’introducano braccialetti elettronici della polizia femminista. «Ma possiamo decidere se dar loro attenzione, se dar loro i nostri soldi, se applaudirli», che è un po’ come quelli che ti spiegano che non devi condividere un articolo che critichi perché “gli dai visibilità”. Le sentinelle femministe in piedi, e a braccia conserte. Che ti levano la visibilità.

Viene in mente una delle battute di Dave Chappelle in cui dice che se vedere Louis C.K. farsi una sega ha “distrutto i tuoi sogni” forse non ne avevi neanche uno

Certo, l’abbiamo capito, come ha scritto tempo fa Caitlin Flanagan sull’Atlantic: «Apparentemente c’è un’intera nazione di giovani donne incapaci di chiamarsi un taxi», o di uscire da una porta. Se solo le comiche che addebitano a LCK ogni proprio insuccesso lavorativo fossero state più brave avrebbero potuto sfruttare la situazione per pezzi comici meravigliosi: un uomo bianco, fuori forma, che ti si masturba di fronte chiedendoti il permesso; quale materiale migliore? E invece mentre lui ansimava al telefono qualcuna di loro non riusciva ad attaccare la cornetta, colpevolizzandolo se la propria carriera moriva mentre lui diventava sempre più famoso, sempre più bravo. Roxane Gay, autrice di Bad Feminist, sul Times, si è chiesta: «Quanto dovrebbe durare l’espiazione di Louis CK per quello che ha fatto?» e si è risposta «almeno il tempo che ha impiegato per mettere a tacere le donne molestate e almeno finché ha permesso loro di dubitare di sé stesse e soffrire a causa delle sue azioni, e almeno fino a quando il mondo della commedia lo ha protetto». Approssimativamente trent’anni più un periodo di prova nelle miniere di sale.

Dovrebbe risarcire le sue vittime, facilitare le loro opportunità professionali, donare soldi a organizzazioni che si occupano di molestie sessuali. Insomma dovrebbe agire un po’ da agenzia di collocamento e un po’ da psichiatra. Gay chiede contrizione pubblica, ammissione d’ogni colpa, asservimento totale. Mica vorrà dare la sua versione, presentare attenuanti, avvalersi della possibilità di non rispondere o di difendersi in un processo che accerta le circostanze, e se ci sono reati, oltre all’ammissione d’essersi masturbato di fronte a qualcuno. Anche se i dubbi non ci stanno in un tweet. (But Dirt throw Dirt without respect to Merit or to low!, scrive Daniel Defoe in Inno alla Gogna). A che serve se hai già deciso che le vittime, tutte donne adulte, hanno subito un danno e un trauma irreversibile, a che serve ora che lui ha distrutto i loro sogni? Viene in mente una delle battute di Dave Chappelle in cui dice che se vedere Louis C.K. farsi una sega ha “distrutto i tuoi sogni” forse non ne avevi neanche uno.

Se non puoi mandarli in galera, cerca di eliminarli dallo schermo. E se non ci riesci scrivi un editoriale in cui sostieni che è moralmente giusto dimenticare gli uomini, o le donne, accusati. La lista è lunga. Cancellato Kevin Spacey, sostituito da Christopher Plummer in All the money in the world, rimosso da House Of Cards da Netflix, eliminato dalla distribuzione al cinema il film Billionaire Boys Club, che ha totalizzando un incasso di 126 dollari nel giorno d’apertura. Cancellato Charlie Rose. Woody Allen è un pedofilo perché lo ha detto internet, cancellato dalla storia del cinema (se solo si potesse, ma si arriverà anche alla riscrittura del canone occidentale pieno di micro aggressioni, privilegio bianco, maschilismo, patriarcato, misoginia, tossine), saltate tante teste preventivamente ai piani alti, e ben gli sta. Cancellata Asia Argento dagli episodi di Parts unknown della CNN in cui pranza nelle trattorie romane con Anthony Bourdain, cancellata da X Factor. Argento fino a qualche mese fa sosteneva che il garantismo fosse ottocentesco. Non sapeva ancora quanto avesse ragione (e quanto ciò l’avrebbe danneggiata). Quand’è che siamo diventati così fragili e innocenti da dover essere protetti da una censura retroattiva?

Fino a qualche settimana fa non sapevamo che lo scorso novembre Argento interpretava due ruoli. Quello della Valerie Solanas su Twitter – dove al posto di Warhol c’erano tutti gli uomini accusati genericamente di comportamenti inappropriati– e quello dell’Orco raggiungendo un accordo privato con Jimmy Bennett, un ex attore bambino con il quale aveva fatto sesso anni prima, quando lui aveva diciassette e quindi al di sotto dell’età del consenso in California. Poi ce lo ha rivelato il New York Times. Lui le ha chiesto 380 mila dollari, sostenendo d’essere stato manipolato e di soffrire ancora del trauma. Lei s’è difesa negando d’aver mai avuto rapporti sessuali con lui, che lo ha aiutato per pura compassione, d’accordo con il compagno Anthony Bourdain, e che Bennett versava in difficoltà economiche. Un tipico caso di victim blaming da manuale, secondo la vecchia Asia. Ma si cambia.

La vicenda è peggiorata quando TMZ ha pubblicato le foto, i selfie, tra lei e Bennett a letto, e anche gli sms in cui mentre respingeva le accuse si confidava con un’amica ammettendo che sì, ci ha fatto sesso, ma non è stato uno stupro, lui le stava sopra, lei s’è bloccata, ha ceduto. Solita storia. Per fortuna non dobbiamo stabilire noi la verità (nessuno ha più voglia di fare sesso ma passiamo il tempo a leggere le condizioni nelle quali è lecito farlo). Però notiamo che l’accusa di stupro pare indistinguibile da un ricatto, che una donna può mentire pubblicamente, che un uomo può usare gli stessi argomenti vittimisti per vincere sull’opinione pubblica, che non possiamo sapere cos’è successo con certezza. X- Factor, che l’aveva scelta per le note doti musicali, l’ha mollata. Le compagne di battaglie l’hanno abbandonata. Rose McGowan, con la quale ha condiviso la rivoluzione e un tatuaggio, inizialmente twittava “siate gentili”, all’ordalia su Twitter; al contempo incoraggiava la sua ex compagna, Rain Dove, ad andare alla polizia con le schermate in cui Argento ammetteva che era stata a letto con Bennett, e in cui scrive che non ha paura di lui, mica è una puritana («I don’t fear him. I am no Puritan, google my ass», scrive). L’ultimo messaggio di Argento è quello in cui dà del mostro alla Dove: che ricordiamo l’ha consegnata alla polizia estorcendole informazioni (quando si dice il potere della sorellanza). Non tutte le manipolazioni sono abusive, si sarà detta, basta tenersi su le mutande. Argento sta subendo le conseguenze di quel clima di Terrore che lei stessa ha alimentato, un clima in cui oggi sei Robespierre e domani sei sul patibolo. Eppure ci sarebbero buoni motivi per non perdere la testa.

Il primo motivo per cui non dovremmo cedere al neopuritanesimo è che a conti fatti ci danneggia. Significa che per proteggerci dagli abusi scegliamo di diminuire la libertà sessuale di cui disponiamo

Il primo motivo per cui non dovremmo cedere al neopuritanesimo è che a conti fatti ci danneggia. Significa che per proteggerci dagli abusi scegliamo di diminuire la libertà sessuale di cui disponiamo (Barbara Alberti lo dice meglio: «Eravamo partiti dalla dignità femminile, e siamo finiti a frugare nei letti di tutti»). Il secondo è che definire tossico l’ambiente in cui viviamo implica che vada depurato: ma da chi o da cosa? dagli uomini, dal male, dalla violenza, dalla cattiveria, dalle disparità di potere? Margaret Atwood ha scritto: «La mia posizione è che le donne sono esseri umani, con tutta la gamma di comportamenti che ciò include: da sante, da demoni, e persino da criminali. Non sono angeli incapaci di malefatte. Se lo fossero, non ci servirebbero le leggi». Il mondo non può essere sterilizzato, a meno che non crediamo a un ecosistema in cui tutti valgono allo stesso modo: ma sarebbe un posto dove i talenti non contano nulla o sarebbe come vivere a Paperopoli. Il terzo motivo è che le leggi che tutelano le vittime di abusi esistono già. Certo, possono essere migliorate ma in genere per stabilire i reati si attraversa un processo che serve proprio a evitare di credere ai pettegolezzi o agli sputtanamenti. Il quarto è che dovremmo emanciparci dal vittimismo, e affrancarci da quella Industria delle Vittime di cui parla Samantha Geimer, quella per cui «è sbagliato chiedere alle persone di sentirsi vittime, perché, una volta che lo fanno, poi si sentiranno vittime in ogni settore delle loro vite», come citato in un articolo che fa il punto del femminismo vittimista di Guia Soncini.

C’è un altro buon motivo, e va letto nell’intervista a Vanity Fair a Natalia Aspesi a commento di quanto accaduto a Asia Argento: «Anche i peggiori assassini vanno puniti, ma non privati del futuro». E lo stesso che usa il comico Michael Cho: «Quello che mi pare interessante su questi articoli contro il ritorno di LCK è quanto sia importante la fama per la gente», leggendo articoli che sostengono che non dovrebbe più essere famoso ma cadere nell’oblio, essere cancellato, dimenticato «perché per loro sta vincendo. Non è strano? Significa che può essere sputtanato, umiliato, perdere milioni di dollari, progetti lavorativi, perdere rispetto dei colleghi e dei fan, ma se fai un monologo gratis un anno dopo significa che l’ha fatta franca».