Consigli all’opposizione: per battere Salvini imparate da lui come si comunica

Il leader della Lega ha superato anche Beppe Grillo nei social ed è il politico più seguito in Italia. Il suo grande merito è essersi reso comprensibile a tutti. L'opposizione dovrebbe prendere esempio con una comunicazione al passo con i tempi

È prassi consolidata da parte degli analisti e dei protagonisti della vita politica italiana rimanere imbrigliati nel presente, senza riuscire a immaginare sbocchi e scenari futuri.
Di tanto in tanto, invece, occorrerebbe astrarsi, osservare la commedia politica dall’esterno e provare a ragionare con lucidità. Proviamoci.
Ogni stagione politica nasce, cresce e finisce. Di leader apparentemente indistruttibili, decaduti nel giro di pochi anni, per non dire mesi, la storia politica italiana è piena.
Prendiamo due casi eclatanti, collegati a due periodi precisi. Nel 2008 i partiti legati a Silvio Berlusconi conquistarono il 47% dei voti, ottenendo la bellezza di 518 parlamentari. Chi avrebbe potuto impensierire il Cavaliere? Eppure, a circa un anno da quelle elezioni, iniziarono i malumori e i dissapori con i finiani. Il logoramento fu costante, fino ad arrivare alla caduta del governo e all’insediamento di Mario Monti a Palazzo Chigi.

Facciamo un salto in avanti e arriviamo al maggio 2014. Dopo le Europee, in cui il Pd guidato da Matteo Renzi ottiene il 40,8%, alcuni commentatori si spinsero addirittura a pronosticare l’inizio di un ventennio renziano. Come andò a finire, lo sappiamo già: nel dicembre 2016 i risultati del referendum costituzionale furono impietosi e, alle elezioni Politiche successive, il Pd, nonostante un lavoro corposo e dei risultati per nulla banali, dimezzò i propri consensi e fu (ed è) costretto a cercare un nuovo leader.
Il resto è storia recente. Dopo il 4 marzo 2018 Matteo Salvini, pur arrivando terzo, diventa de facto il leader dell’alleanza giallo-verde tra Lega e Movimento 5 stelle e, dal racconto mediatico di queste settimane, sembrerebbe destinato a rimanere sulla cresta dell’onda all’infinito.

Da pochi giorni Salvini ha superato Beppe Grillo ed è diventato il politico più seguito in Italia, con un totale di 4,9 milioni di fan/follower tra Facebook, Twitter e Instagram. Va certamente sottolineata l’abilità del Ministro dell’Interno nel solidificare uno zoccolo duro di seguaci e nell’essere riuscito ad allargare ulteriormente il proprio campo d’azione

Queste opinioni, queste percezioni, sono fortemente influenzate dalla presenza mediatica, soprattutto social, di Salvini: i livelli di engagement toccati dal Ministro dell’Interno sono pari – se non in certi casi addirittura superiori – a quelli di Trump. Da pochi giorni Salvini ha superato Beppe Grillo ed è diventato il politico italiano più seguito sui social, con un totale di 4,9 milioni di fan/follower tra Facebook, Twitter e Instagram.
Va certamente sottolineata l’abilità del Ministro dell’Interno nel solidificare uno zoccolo duro di seguaci e nell’essere riuscito ad allargare ulteriormente il proprio campo d’azione. Occorre tuttavia ricordare come il consenso salviniano si regge sulla base di altissime aspettative generate in campagna elettorale e alimentate nella fase post-voto. È naturale che, prima o poi, i cittadini chiedano conto della fiducia concessagli.

In questo contesto, le opposizioni hanno il dovere di giocare un doppio ruolo.
Il primo è quello tipico delle minoranze, contrastando (e non incalzando affinché vengano realizzate…) le politiche della maggioranza che considerano errate. A proposito: in questo periodo si sente citare spesso il libro “Non pensare all’elefante” del linguista George Lakoff, e lo si usa come base per criticare chi “fa il gioco degli altri parlando delle loro politiche”. In realtà Lakoff non ha mai detto che è sbagliato criticare le politiche altrui, ma che semmai è giusto costruire un frame proprio e comunicarlo, costringendo gli avversari a giocare sul proprio terreno.
Secondo compito delle opposizioni è quello di proporsi come alternativa valida al governo, avanzando proposte credibili agli occhi dei cittadini. È qui che si gioca la rinascita della sinistra: nella costruzione di una proposta che colga le nuove istanze degli italiani e che indichi una meta attraente ai loro occhi. In poche parole: un nuovo sogno.

Leggiamo sempre più per sommi capi, con un deficit nella comprensione e nell’analisi dei contenuti. Salvini lo ha capito e la crescita della Lega rappresenta, in questo senso, un caso di scuola

In questo senso, bisognerà finalmente prendere atto che il mondo è in continuo cambiamento, soprattutto da un punto di vista comunicativo. Selezionati i temi qualificanti, occorrerà trovare un nuovo modo per trasferirli all’elettorato.
Come ha spiegato sul Guardian Maryanne Wolf – direttrice del Center for Dyslexia, Diverse Learners and Social Justice della Ucla – il nostro cervello, nel corso dei secoli, ha sviluppato dei circuiti neuronali che ci rendono capaci di elaborare le informazioni, dalle più semplici fino ai testi più elaborati. E questi circuiti stanno cambiando, soprattutto per via dell’evoluzione tecnologica: leggiamo sempre più per sommi capi, con un deficit nella comprensione e nell’analisi dei contenuti.
Questa realtà può anche non piacerci, ma bisogna farci i conti e adattarsi, utilizzando linguaggi, specialmente online, che siano sì frutto di elaborazioni profonde, ma facilmente comprensibili ai più. Salvini lo ha capito e la crescita della Lega rappresenta, in questo senso, un caso di scuola.

Dal 2013, anno di elezione del vicepremier alla segreteria, la forma organizzativa del partito non è cambiata, ma è stata modificata l’identità in chiave nazionalista: lo slogan “prima gli italiani” ha preso il posto dello storico “prima il Nord”. Il tutto è stato raccontato attraverso una comunicazione multicanale ben calibrata, con un forte investimento, in termini di produzione dei contenuti e community management, sui social.
Ma, come dicevamo pocanzi, il consenso fortemente liquido deve spingere chi sta all’opposizione a cercare una nuova proposta alternativa e credibile, possibilmente senza farsi ammaliare con provincialismo dalla retorica di leader esteri. E, allo stesso tempo, a prendere atto che la rivoluzione digitale richiede un registro linguistico al passo con i tempi e nuove forme di produzione e distribuzione dei contenuti.
“Adda passà ‘a nuttata”, certo. Si può fare in modo che passi più velocemente.

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