Recalcati: liberiamoci dalla schiavitù dell’ignoranza, la cultura è eros

Massimo Recalcati spiega l'erotica dell'insegnamento per combattere il vuoto di cultura che genera nuove forme di schiavitù. La parola del maestro deve essere erotica e tenere svegli gli studenti

Il vero vaccino per gli italiani? La cultura. Nella guerra dei vaccini, Massimo Recalcati, fascinoso psicoanalista a metà fra un Clint Eastwood con gli occhiali e il professore de L’attimo fuggente – prende una posizione chiarissima. “Sono gli insegnanti che mettono i nostri figli nella condizione di essere vaccinati”. Nessuna siringa né punture, i ragazzini si salvano, grazie ai maestri, dalle “varie forme di dipendenza psicologica”. Lui, Recalcati, lo psicoanalista-scrittore di grido, formazione filosofica prima che psicologica, lacaniano per vocazione, si apre completamente: “Se non ci fosse stata la scuola, avrei fatto una brutta fine. Se non ci fosse stata la scuola mi sarei perso, come molti della mia generazione perduta, quella della fine degli anni ’70. Qualcuno si è perduto in India, qualcuno nell’eroina. La vera prevenzione primaria è quella che ogni insegnante fa, ogni giorno a scuola”.

Prevenzione da quale malattia infettiva? “Dal vuoto di cultura che genera la diffusione della droga. Dove c’è il vuoto di cultura, non c’è apertura di mondi. E questo vuoto si riempie con la droga, con la schiavitù degli oggetti, i vestiti, il cellulare. Il vuoto di cultura genera nuove forme di schiavitù”. E come avverrebbe questa prevenzione? Attraverso l’eros, con l’erotizzazione della cultura. Insomma una vera e propria erotica dell’insegnamento, come Recalcati insegna nel libro L’ora di lezione, edito qualche anno fa, nel 2014 da Feltrinelli, ma attualissimo. E, a dir la verità, mentre osservo da lontano questo psicoanalista attore americano con i suoi occhiali dalla montatura nera e il suo completo blu, nell’affollatissimo teatro Castellani del borgo di Azzate – non lontano da Milano, dove è intervenuto ospite del Festival del premio Chiara – penso che, mentre parla, stia cercando di sedurre il pubblico. Dev’essere una specie di deformazione professionale. Pensare agli insegnanti come seduttori, in grado di erotizzare la cultura, però, non è facilissimo.

“Quando mi annoio mentre il prof in classe parla, vuol dire che non erotizza. Se la mia testa cade passivamente sul banco, non c’è eros. Chi parla senza eros non si accorge di addormentare i propri studenti. La parola del maestro è erotica, tiene svegli”


Massimo Recalcati

“Cosa ricordiamo dei maestri che non abbiamo dimenticato? Il loro stile, la loro voce che prendeva corpo nell’aula, la relazione che l’insegnante intrattiene con gli oggetti del suo sapere. La didattica è sempre un’erotica, è amore, altrimenti non è didattica”. Cita Platone, il Simposio e, in buona sostanza, spiega che bisogna un po’ innamorarsi. “Quando mi annoio mentre il prof in classe parla, vuol dire che non erotizza. Se la mia testa cade passivamente sul banco, non c’è eros. Chi parla senza eros non si accorge di addormentare i propri studenti. La parola del maestro è erotica, tiene svegli”. Non si parla solo di certe licenziose novelle del Boccaccio lette sotto banco, ma di tutto, dalla geografia ai legami chimici che possono essere erotizzati, al chiarore del neon in classe. “Quando la parola del maestro tiene svegli? Quando parla degli oggetti del suo sapere come se parlasse di corpi erotici, come se accarezzasse un corpo”. Penso alla perifrastica passiva con un certo tormento, non ci trovo molto eros. Ma lui sì: “Spiegare la deriva dei continenti come se si palpasse un corpo. Questa è la manifestazione erotica della didattica. Il miracolo avviene attraverso la trasformazione del libro in corpo”. Una sorta di metamorfosi o di metempsicosi. “La pulsione che accende, il vero maestro è quello che porta il fuoco, che brucia, che ustiona, non è roba da femminucce”. Le insegnanti in sala, donne all’89 %, hanno un sussulto.

“Come si fa, dopo trent’anni a insegnare lo stesso programma, a non essere consumati dalla scuola?” si domanda finalmente, tornando sulla terra, Recalcati: “Rendendo l’oggetto un corpo sempre nuovo. Imparando, mentre spiega. Se non si mostrerà amore, non avverrà il miracolo dell’ora di lezione. L’allievo non sarà trascinato nel vortice”. Basta quindi con questa idea presocratica di versare il liquido della cultura dentro vasi e zucche vuote. “L’allievo diventa quindi un amante, a sua volta, che vuole possedere, penetrare il libro che è diventato corpo, grazie ad un transfert, al trasporto. La manifestazione più acuta dell’amore, una forma di rapimento”. Tutti i giorni, in tutte le scuole? Finalmente Recalcati torna alla realtà, ai banchi di scuola: “Accade sì, ma non così facilmente.

Quando accade, come genitori, dobbiamo farci il segno della croce. I maestri sono degli eroi civili, dovrebbero fare dei monumenti per i maestri”. In effetti, la scuola è diventata terra di lotta senza quartiere. “Basta con queste stupidate della scuola delle tre “i” e anche con la Buona scuola di Renzi (a parte il principio della meritocrazia necessaria). La condizione fondamentale della scuola è l’erotizzazione della cultura. Il vaccino contro chi si perde. Le istituzioni rischiano oggi di essere identificate col marciume, invece sono commoventi e misteriose, come diceva Pasolini nel ’68”. Nell’affollata platea si alza l’ardita mano di un giovane studente che fa una domanda a Recalcati: “C’è un modo in cui noi studenti possiamo accendere fuochi negli insegnanti?”. Tra le frasi della bella risposta del maestro, un’autentica, amara, verità: “Non tutti sono portati all’insegnamento”. E alla sua erotica.

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