Qualche mese fa erano un’emergenza nazionale, «simbolo della precarietà del lavoro». Ora i rider in bici del food delivery sono scomparsi dall’agenda del “governo del cambiamento”. Preso com’è dalla manovra di bilancio, il vicepremier Luigi Di Maio, che solo la scorsa estate agitava contro Deliveroo e Foodora l’obbligo dell’assunzione con tanto di stipendio fisso, ferie e contributi, sembra ormai aver dimenticato i ciclofattorini delle consegne a domicilio. Scelta la strada della concertazione anziché quella del “decreto dignità” (la questione dei rider negli intenti iniziali sarebbe dovuta essere il cuore del decreto), il ministro Cinque Stelle da luglio a oggi ha incontrato solo due volte i lavoratori della gig economy. L’ultima convocazione del tavolo al Ministero dello Sviluppo economico con aziende e sindacati risale all’11 settembre. La nuova convocazione sarebbe dovuta arrivare entro fine settembre. Ma da allora regna il silenzio. Sia del governo gialloverde, sia delle principali piattaforme, alle quali era stato chiesto di presentare delle proposte di accordo entro due settimane.
Le organizzazioni autonome dei rider, da Bologna a Torino a Milano, che nel governo avevano visto una sponda per il riconoscimento dei fattorini come lavoratori subordinati (dopo la sentenza di Torino che affermava il contrario), ora si dicono stanche di aspettare. «Che fine ha fatto il tavolo? Siamo stanchi di attendere», scrivono dalla Riders Union di Bologna. Consapevoli, forse, del fatto che il governo gialloverde abbia fatto di loro un uso propagandistico, per poi lasciarli in soffitta, tra pagamenti a cottimo e paghe basse. «Sino ad ora quello che abbiamo visto sono stati solo grandi promesse e grandi annunci, disegni di legge in grado di risolvere i nostri problemi poi messi da parte perché intaccavano gli interessi di Lega e Confindustria», aggiungono i rider.
Dall’11 settembre, data dell’ultimo tavolo al Mise, regna il silenzio. Sia del governo gialloverde, sia delle principali piattaforme, da Deliveroo a Foodora, alle quali era stato chiesto di presentare delle proposte di accordo entro due settimane
A luglio, la norma che obbligava al riconoscimento della subordinazione, prevista in una bozza iniziale del “decreto dignità” grillino, è scomparsa nell’arco di due giorni, tra le pressioni degli alleati leghisti e delle piattaforme che minacciavano di lasciare il mercato italiano. Di Maio preferì il tavolo di trattativa con aziende e sindacati. Un dietrofront che ai rider già non era andato giù. Ma dopo essersi presentati a Roma con tanto di proposte, ora che anche il tavolo è scomparso, i fattorini sono pronti a scendere in piazza contro quello stesso governo che sembrava volerli aiutare. Di Maio ha promesso prima una legge ad hoc, poi un contratto nazionale ad hoc. Ma al momento sul tavolo non c’è nulla, se non le posizioni divergenti di lavoratori e sindacati da un lato e aziende come Deliveroo, Foodora, Glovo e Just Eat dall’altro.
Sindacati e lavoratori chiedono che i rider siano riconosciuti come lavoratori dipendenti, con un salario e tutele minime; le aziende non intendono cedere sulla subordinazione, ma a distanza di un mese e mezzo non hanno ancora presentato alcuna proposta. Le piattaforme avevano anche annunciato la costituzione di due associazioni di categoria delle imprese del food delivery, con capofila Deliveroo da una parte e la competitor Foodora dall’altra, ma anche su questo fronte non se ne è fatto ancora niente. Dagli uffici delle principali società confermano che al momento è tutto in stand by. Nessuno sa niente.
Come gli abitanti delle coste salentine o delle periferie di Taranto, come gli studenti che si mobilitano ma che non trovano una corrispondenza tra le aperture di Di Maio e il testo della manovra di bilancio, anche noi oggi ci sentiamo abbandonati e presi in giro
«Nel concreto non c’è nulla e il silenzio del governo fa gioco alle piattaforme», dicono dai sindacati, che denunciano una situazione di totale stallo. Qualche giorno fa, prima Cgil, Cisl e Uil, poi i fattorini della Riders Union Bologna, hanno pubblicamente chiesto a Di Maio di riconvocare il tavolo e alle aziende di presentare una proposta concreta al più presto. E anche da Torino i rider, pionieri delle proteste, sono pronti a riorganizzarsi per scendere in piazza e contestare il governo e la sindaca grillina, soprattutto dopo che i Cinque Stelle regionali a inizio ottobre hanno affossato la proposta di legge di Leu per vietare il pagamento a cottimo con il mantra “se ne sta occupando il governo”. L’occasione giusta per la protesta probabilmente sarà lo sciopero generale del 26 ottobre.
Dopo il dietrofront sull’Ilva e sul Tap, ora sono i fattorini che fanno notare ai grillini la giravolta rispetto alle promesse elettorali. «Nel “cambiamento”», scrivono i rider bolognesi su Facebook, «sembra non esserci spazio per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nostre e dei tanti intrappolati nell’economia dei lavoretti… Come gli abitanti delle coste salentine o delle periferie di Taranto, come gli studenti che si mobilitano ma che non trovano una corrispondenza tra le aperture di Di Maio e il testo della manovra di bilancio, anche noi oggi ci sentiamo abbandonati e presi in giro da un governo sempre più debole con i forti e forte con i deboli». La consegna a domicilio, stavolta, è indirizzata a Luigi Di Maio.