Niente da fare, Vladimir Putin è il più astuto di tutti. Un suo felpato accenno all’acquisto di titoli di Stato italiani e un lungo brivido ha percorso le stanze della politica. Tutti a mettere pressione sull’Italia e sulla manovra spendacciona, tutti a chiedere al dio dei mercati di punire i reprobi e poi arriva il Cremlino a scompaginare tutto. D’altra parte si erano già visti grandi giornali ipotizzare la nostra uscita dall’euro, dalla Ue e dalla Nato e la trasformazione della penisola in una specie di Kamchatka agli ordini del Cremlino. Passata qualche ora, per fortuna, sono arrivati un po’ di economisti e di giornalisti a spiegare che siamo talmente indebitati che il Fondo sovrano russo, con la sua disponibilità di 77,1 miliardi di dollari, non avrebbe la potenza necessaria a tirarci fuori dai guai. Altrettanto lungo brivido di sollievo.
Tutto questo è molto italiano. Voglio dire che, che arrivi un fratellone a difenderci dai bulli. O che intervenga lo stellone, contropiede fulminante all’ultimo minuto e gol. Oggi Putin. Ieri Donald Trump, al quale tra l’altro era stato attribuito l’intento putiniano di acquistare titoli di Stato tircolore. Abbiamo un problema con la Libia e con il controllo dei flussi migratori? La Francia rompe le scatole e, dopo aver sfasciato il Paese dei Gheddafi con cui avevamo trovato un accordo, prova a sfasciare anche quel poco che è rimasto nella speranza che un Quisling locale faccia gli interessi della Total a scapito dell’Eni? E allora Trump! Che ci propone la cabina di regia comune, proprio in vista di quella Conferenza sulla Libia del 12-13 novembre che dovrebbe essere un fiore all’occhiello della nostra politica estera ma, al dunque, ha declinato l’invito, non manderà il segretario di Stato Pompeo e farà rappresentare gli Usa da un modesto consigliere.
L’Europa, oggi, è una sola grande Ucraina. Senza conflitti armati, ovvio. Ma come l’Ucraina è diventata un terreno di scontro tra Usa e Russia
Insomma: né la Russia né gli Usa salveranno l’Italia, ficchiamocelo bene in testa. Perché dovrebbero? Siamo simpatici, sufficientemente flessibili (siamo pieni di basi Nato e di bombe atomiche Usa ma andiamo d’accordo con la Russia), deboli, europeisti ma non troppo, se c’è una missione militare all’estero non ci tiriamo indietro, da noi si mangia bene e c’è il caffè migliore del mondo. Ma salvarci dai nostri guai…
La ragione più profonda per cui per i grandi Roma non vale una messa è che Bruxelles, purtroppo, vale assai di più. L’Europa, oggi, è una sola grande Ucraina. Senza conflitti armati, ovvio. Ma come l’Ucraina è diventata un terreno di scontro tra Usa e Russia. Per decenni gli Usa hanno usato l’Europa come una piattaforma per l’espansione verso Est allo scopo di confinare la Russia sempre più in là.
Basterebbe leggere i testi dei loro politologi per capirlo, a cominciare da “La grande scacchiera” di Zbigniew Brzezinsky, che fu segretario di Stato con Jimmy Carter. Negli anni Novanta li abbiamo aiutati a ridisegnare i Balcani. Poi, con il grande allargamento del 2004, la Ue ha imbarcato Paesi come Polonia, Repubblica Ceca, i Baltici e la Slovacchia di stretta osservanza atlantica, cosa che ha ridotto la Ue nello stato comatoso che oggi vediamo.
Nel 2008 non abbiamo battuto ciglio quando è stato installato in Polonia e Romania, cioè in Europa, il sistema missilistico che minaccia la Russia, anche se Obama diceva che era per proteggerci dai missili dell’Iran (non ridete, lo diceva proprio). E nel 2014 hanno favorito il regime change in Ucraina, con quello che ne è inevitabilmente derivato. A proposito. Poco prima, a fine 2013, la Russia aveva comprato 13 miliardi di dollari di titoli di Stato ucraini, cosa che in seguito non deve aver contribuito al buonumore del Cremlino.E adesso? Ora che hanno raggiunto tutti gli obiettivi politici, gli Usa ci prendono a schiaffoni politico-economici. Mettono i dazi sulle esportazioni di acciaio e alluminio, minacciano di fare altrettanto sulle automobili, chiedono alla Germania di non fare il gasdotto con la Russia e a noi di fare il Tap con il gas che arriva dall’alleato (loro) Azerbaigian. Usano la Nato e lo stato di tensione permanente con la Russia per spaventarci e tenerci in riga. Qualche tempo fa il norvegese Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, ha convocato i ministri degli Esteri di tutta Europa a Bruxelles e ha spiegato loro che i nostri Paesi dovrebbero adeguare le infrastrutture (strade, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti) per renderle adatte al traffico di mezzi militari in un’eventuale guerra con la Russia. Capito? Da noi crollano le scuole ma dovremmo rifare i ponti per farci passare i carri armati. E nessuno che lo abbia mandato dove meritava.
Ora che hanno raggiunto tutti gli obiettivi politici, gli Usa ci prendono a schiaffoni politico-economici. Mettono i dazi sulle esportazioni di acciaio e alluminio, minacciano di fare altrettanto sulle automobili, chiedono alla Germania di non fare il gasdotto con la Russia e a noi di fare il Tap con il gas che arriva dall’alleato (loro) Azerbaigian. Usano la Nato e lo stato di tensione permanente con la Russia per spaventarci e tenerci in riga
Per la Russia non è molto diverso. L’Europa è la gallina dalle uova d’oro ma non è che al Cremlino non abbiano strategie alternative. Le leggono anche loro le belle analisi sull’economia russa ancora troppo legata agli idrocarburi, sul Pil ridotto per un Paese di quelle dimensioni ecc. ecc. Vedono anche, però, che il mercato russo e centro-asiatico è sempre molto appetito e si regolano. Pian piano la quota di export energetico verso Ovest si riduce, mentre cresce quella verso Est. Pian piano le importazioni da Ovest si riducono e aumentano quelle dalla Cina. La Germania fa la voce grossa quando si parla di sanzioni, ma il gasdotto lo vuole eccome. Dell’Italia abbiamo detto.
La Francia di Macron voleva il rapporto privilegiato con gli Usa di Trump ed è uscita scornata, ora tenta con Putin ma pare un’impresa disperata. Con qualche manovra militare fa venire i brividi ai baltici e ai finnici. In Libia e in Siria, con l’Iran e la Turchia, fronti dove anche l’Europa è impegnata, sia a titolo collettivo sia come singoli Paesi, spariglia le carte
Lo zar lo dice sempre: a lui conviene un’Europa prospera e tranquilla. Ma non gli conviene questa Ue così succube degli Usa, e qualche scossone allo status quo di Bruxelles prova a rifilarlo. Per esempio appoggiando i “sovranisti” e “populisti” e “nazionalisti” per far venire l’acidità di stomaco a Juncker e a chi gli succederà.Certo, da tutto questo si potrebbe uscire con un’Europa compatta e politicamente determinata, conscia di sé, disponibile a prendersi le responsabilità che competono a un’entità con 500 milioni di abitanti e un traffico commerciale che corrisponde al 20% di quello planetario. Quindi ad affrontare certe sfide, pur senza andarsi a cercare nemici. Ma non è così, e non lo sarà ancora per un pezzo.