Grande Viaggio ConadCarpi, la “città dei magliai” alla ricerca del suo nuovo filo

Il Grande Viaggio Insieme di Conad ha fatto tappa a Carpi, Modena, sede di uno dei distretti tessili più noti al mondo. Bonomi (Aaster): “Per continuare a essere competitivi occorrerà sempre più saper unire manifattura e creatività”

Sapessero parlare, sarebbero forse le mani femminili a poter meglio raccontare gran parte della più recente storia di Carpi, cittadina di 71mila abitanti in provincia di Modena che, situata al centro della Pianura Padana, ha fatto della capacità di coniugare tradizione e innovazione la propria fortuna. Quelle mani che prima, a metà Ottocento, intrecciavano paglie di salice e pioppo per produrre cappelli venduti in tutto il mondo, rappresentando il motore economico della cittadina emiliana; quelle mani che, ancora una volta, nel secondo dopoguerra seppero riconvertire un settore morente tessendo i fili degli abiti che, grazie all’impresa tessile, proiettarono ancora una volta la città sul palcoscenico mondiale.

«Ma è ancora capace di tenere, il filo di questa comunità che tanto benessere ha saputo creare, e che ora si trova davanti alle nuove sfide di un mondo che cambia? Questa è la domanda cui occorre rispondere»: a sostenerlo è il sociologo Aldo Bonomi, direttore del Consorzio Aaster, che nella “periferia estrema di Berlino” – così come la definiva Pier Vittorio Tondelli pensando all’Autostrada del Brennero che proprio da Carpi passa – è stato tra i protagonisti di una delle tappe del Grande Viaggio Insieme di Conad.

I dati della ricerca presentano chiaramente quale sarà il terreno della prossima sfida di una città che, di prove – dalla crisi economica del 2008 al terremoto del 2012 – ne ha affrontate già tante: se da un lato la città sta tornando ai livelli di ricchezza pre 2008, e nel prossimo biennio l’economia dovrebbe crescere dell’1,5% l’anno, dall’altro il comparto tessile ha perso, dal 2012 a oggi, il 23% delle imprese e il 15% dell’occupazione, anche a causa della forte contrazione del mercato interno, per cui la via maestra per restare competitivi passerà necessariamente dall’internazionalizzazione. Una partita, questa, ancora tutta da giocare, se è vero che i tre quarti dei 740 milioni di euro di prodotti esportati nel 2017 sono andati alle prime 30 delle 412 imprese esportatrici. «La storia si muove per discontinuità», ha continuano Bonomi, «che a volte possono anche prendere la forma di rotture dolorose. Il distretto tessile, da questo punto di vista, non è più quello di una volta, ma sta cercando di evolversi, con una forte selezione tra le imprese in atto. Perciò le iniziative di sostegno che state mettendo in campo – come il progetto Carpi Fashion System e Moda Makers, la fiera delle pmi del territorio – sono importanti, ma per continuare a essere competitivi occorrerà sempre più saper unire manifattura e creatività».

Proprio la capacità di saldare saperi acquisiti e nuove competenze, il saper fare accumulato nei decenni e le nuove tecnologie rappresenterà quindi, nei prossimi anni, un altro degli obiettivi cruciali dell’unica tra i 13 centri della regione oltre i 50mila abitanti a non raggiungere il 10% di laureati sul totale della popolazione: una percentuale che dovrà necessariamente alzarsi, se si intende sfruttare le nuove possibilità della rivoluzione digitale anziché limitarsi a subirne gli effetti.

Se Carpi appartiene a quell’Italia del burro che, diversamente dall’Italia dell’olio, è protesa verso l’Europa del nord, è appunto il territorio nel suo insieme a dover diventare un marchio


Alberto Bellelli, sindaco di Carpi

Una città che tuttavia non ha mai smesso di crescere, con 10mila nuovi abitanti dall’inizio del duemila, che ne fanno uno dei primi comuni in regione per dinamicità demografica. Crescita, questa, che ha a che fare anche con i mutamenti nella composizione sociale: «Il 14 % di cittadini è di origine straniera, proveniente soprattutto da Pakistan e Cina, e tra vent’anni sarà straniero un abitante ogni quattro, quota che sfiorerà il 50% per le persone in età lavorativa. È ovvio che la capacità di integrare questi nuovi cittadini, senza abbandonarsi divenire una di quelle comunità del rancore che rappresentano una delle derive possibili di questo scenario, sarà un compito fondamentale».

I numeri descrivono insomma, secondo il Direttore del Centro Studi di Unioncamere Emilia-Romagna Guido Caselli, un vero e proprio cambio di paradigma: «Eravamo abituati a raccontare che erano imprese competitive a fare un territorio competitivo. E in passato era vero, ma non funziona più così. Oggi si è competitivi, come persone e come imprese, se si è all’interno di un territorio competitivo, se si riesce cioè a creare tutti insieme un ecosistema favorevole». Concetto ripreso anche dal Sindaco Alberto Bellelli: «Se Carpi appartiene a quell’Italia del burro che, diversamente dall’Italia dell’olio, è protesa verso l’Europa del nord, è appunto il territorio nel suo insieme a dover diventare un marchio. Dalla maglieria al Lambrusco, dalla nostro patrimonio storico artistico ai tanti appuntamenti culturali come il Festival della Filosofia e la Festa del Racconto, dall’eccellenza del nostro sistema educativo alla vivacità del volontariato, penso insomma che l’ambizione debba esser quella di proporre un sistema territoriale complessivo, in cui la creatività dei prodotti che le nostre imprese venderanno in giro per il mondo sia il frutto di una miscela fatta di qualità della vita, formazione e comunità solidale».

Ed è nella centrale Piazza dei Martiri che Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, ha visto una metafora dello spirito dei carpigiani: «Avere una piazza così ampia – tra le più grandi d’Italia – significa essere presupposti all’apertura e all’accoglienza. Ed è un bene, perché il cambiamento genera quel dinamismo che previene il rischio di adagiarsi nella pigrizia portata dall’opulenza, che sarebbe la vera iattura di territori come questo».

Saranno le scelte di oggi a determinare se la “città dei magliai”, così come la definiva Edmondo Berselli in Quel gran pezzo dell’Emilia, territorio capace in modo esemplare di coniugare ricchezza ed equità sociale, saprà trasformare il proprio saper fare collettivo in una veste compatibile con il mondo ipertecnologico e interconnesso che si sta delineando. Mettendo in campo ancora una volta quella resilienza che le ha consentito le metamorfosi che, nei decenni, l’hanno vista cambiare tante volte: restando, in fondo, sempre se stessa.

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