IntervistaGipi: “Su Twitter i supporter del Governo mi massacrano, ma i miei supereroi hanno il potere della debolezza”

Il fumettista è nelle sale cinematografiche con “Il ragazzo più felice del mondo”: “Mi è sempre piaciuto raccontare storie, ma non sono un cinefilo. Anzi, se capito a una tavolata di cinefili io sono quello che sta zitto tutta la sera”

A sette anni dal primo lungometraggio, L’ultimo terrestre, dall’8 novembre è arrivato nelle sale il nuovo film di Gian-Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, uno dei più celebri fumettisti italiani. Si intitola Il ragazzo più felice del mondo, è prodotto da Fandango e nel cast ci sono lo stesso Gipi, la moglie Chiara Palmieri, Domenico Procacci, Kasia Smutniak, Jasmine Trinca nei panni di se stessi. È una storia vera: da più di 20 anni c’è qualcuno che manda lettere cartacee scritte a mano a tutti gli autori di fumetti spacciandosi per un ragazzino di 15 anni. In queste missive piene di entusiasmo e complimenti chiede sempre in regalo uno “schizzetto”, allegando un cartoncino bianco e un francobollo per la risposta. Il toscano Gipi, classe 1963, parte da qui, dalla curiosità di scoprire chi si cela dietro la falsa (e non scalfita dagli anni) identità di un adolescente. Vuole girare un documentario, trovare questa persona, intervistare gli altri autori che hanno ricevuto la lettera, parlare con loro e ha in mente anche il finale, con un bus pieno di questi fumettisti truffati che arriva a casa del falso ragazzino. Ma una volta messa in modo la macchina produttiva del documentario, le cose non andranno esattamente come previsto…

Gipi, sette anni fra un film e l’altro: cosa ha fatto in tutto questo tempo? È andato a letto presto?
Sono pure andato a letto presto, ho continuato a disegnare fumetti, ho illustrato nel 2015 un gioco di carte, Bruti, e ho fatto cose che non ha visto quasi nessuno. Una si intitola Smettere di fumare fumando, l’ho girata nel 2012. Ho filmato per dieci giorni il tentativo di dare un taglio netto alle mie 40 sigarette giornaliere: una sorta di diario, costato poche centinaia di euro.

Ed è riuscito a smettere di fumare?
Ci sono riuscito per tre anni, poi ho ripreso, perché sono un coglione. In passato avevo già smesso per sette anni. Ma smetterò, ci riuscirò.

Lei è stato il primo fumettista ad essere candidato al Premio Strega, con Unastoria.
Sì, e sono stato pure al centro di qualche polemica. Ovviamente le fazioni erano due, entrambe agguerrite: chi sosteneva che un libro di fumetti non potesse partecipare al Premio e chi invece sosteneva di sì. Io, una volta tanto, me ne sono stato tranquillo e in silenzio, contentissimo perché tra una polemica e l’altra la mia graphic novel vendeva sempre più copie.

Raccontare storie: quello che mi è sempre piaciuto, fin da piccolo. Certo, a fare fumetti alle volte ti senti solo come un cane, a fare un film ti diverti, c’è condivisione, nonostante la responsabilità che comporta

Dal disegnare a dirigere un film: c’è un filo rosso? Non è usuale che un fumettista diventi regista.
Il filo rosso c’è, ed è il raccontare storie: quello che mi è sempre piaciuto, fin da piccolo. Mio padre aveva un negozio di articoli fotografici e spesso ci portava a casa pellicole e materiali. Recentemente ho ritrovato dei Super8 dove avevo 10 o 11 anni e mettevo in scena con i miei fratelli delle storielle, coi vestiti da cow boy e tutto il resto. Il mio chiodo fisso. Certo, a fare fumetti alle volte ti senti solo come un cane, a fare un film ti diverti, c’è condivisione, nonostante la responsabilità che comporta. Quando siamo stati alla Mostra di Venezia, a presentare Il ragazzo più felice del mondo (nella sezione Sconfini, ndr) eravamo un gruppo, eravamo contenti.

Cosa si aspetta dal film?
La mia è una commedia strampalata, un po’ delirante. Vorrei che la gente ridesse, visto che con la situazione politica attuale c’è poco da ridere. Io l’ho girato sperando per prima cosa di divertire gli spettatori. Le prime proiezioni col pubblico mi hanno rassicurato in questo senso.

Come fumettista e come regista, ci sono dei punti di riferimento?
Non posso non citare Andrea Pazienza e tutto il panorama del fumetto italiano, per quel che riguarda quella parte del mio lavoro. Per il cinema, invece, sono proprio un animale: non sono un cinefilo, non vedo tanti film. Anzi, se capito a una tavolata di cinefili io sono quello che sta zitto tutta la sera… Certo, posso citare Truffaut e Fellini, ma niente di più.

Dai social ti arriva un po’ tutto. Nella vita è diverso: a casa mia un nazista non entra, pure un mio amico che una volta fece dei discorsi ambigui sugli ebrei fu accompagnato alla porta. In Rete non è così semplice

Lei realizza dei corti satirici per la tv, in Propaganda Live, ed è anche molto attivo sui social.
Purtroppo. Come con il fumo, dovrei smettere. Perché non riesco a non esserci, a non dire la mia, ma poi mi girano le palle, e sono pure convinto sia tutto inutile. Io non sono un grande supporter del nuovo governo, diciamo così, e spesso mi ritrovo ad essere oggetto di insulti e minacce. Anche se in realtà dipende dal mezzo: su Facebook mi trattano meglio, su Twitter sono molto più aggressivi. Dev’essere l’algoritmo, sarà che su Twitter scrivi, che so, Di Maio e ti si avventano contro in mille. Comunque la cosa che fa riflettere è che invece dal vivo, sebbene siano tantissimi anni che faccio questo lavoro e incontri gente, nessuno è mai venuto a dirmi nulla di sgradevole faccia a faccia, e non certo perché io fisicamente incuta timore, non sono Jason Statham… È il solito discorso dell’anonimato che sdogana certi istinti. Io comunque sui social non tollero gli scemi: è una categoria con cui non ce la faccio. Quando uno non ce la fa ad argomentare, quando è proprio stupido, lo blocco. Anche se poi dai social, si sa, ti arriva un po’ tutto. Nella vita è diverso: a casa mia un nazista non entra, pure un mio amico che una volta fece dei discorsi ambigui sugli ebrei fu accompagnato alla porta. In Rete non è così semplice.

Da fumettista, le piacerebbe inventare un supereroe?
Se lo facessi, dovrebbe avere il superpotere della debolezza. Non sono amante dell’azione, della forza: anche l’Uomo Ragno mi piace fino a che è nella sua stanzetta, che ragiona e costruisce cose. Dopo, non lo seguo più.

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