EccellenzeAltro che bamboccioni: gli studenti italiani sono tra i migliori in Europa

Studiano più di tutti, e vantano il maggior numero di fuorisede: lontano dagli stereotipi, lo studente italiano è uno sgobbone come pochi altri. Forse, anziché biasimare i giovani, bisognerebbe investire di più nella scuola

In Italia se sei uno studente universitario, o semplicemente hai la sfortuna di essere giovane, c’è poco da festeggiare. La disoccupazione giovanile continua a toccare i massimi storici, la dimensione del precariato condiziona tutta la tua vita, dal portafoglio alla possibilità di avere figli, dalla rinuncia alle vacanze alla malattia mentale. Non basta però una situazione drammatica a spaccare l’esistenza dei giovani italiani una bolletta dopo l’altra; da noi certo disagio bisogna meritarselo. E guai a quelli che conducono una vita tranquilla e lavorano in buona fede: siete tutti dei bamboccioni. In Italia la colpa del giovane è quella di trovarsi nella situazione di poter godere della giovinezza e poco importa se la ambiente esterno non è favorevole; per gli adulti rimarrai sempre uno scansafatiche, uno che vive alle spalle dei genitori, che non ha voglia di impegnarsi e via via con una sequenza random di stereotipi italioti.

Per demolire le ingiuste prese di posizione degli adulti, nulla è meglio di qualche dato volto a screditare le maldicenze. Il 12 dicembre si è tenuta presso il Ministero dell’Istruzione la presentazione dell’ottava indagine Eurostudent per il periodo 2016-2018. Per una volta gli anziani dovranno ricredersi. Dai dati analizzati nel triennio viene fuori un immagine molto positiva degli studenti italiani: a livello percentuale siamo gli studenti con il più alto tasso di ore di studio in Europa. Gli universitari italiani impiegano nello studio quasi 44 ore settimanali, il 30% in più della media calcolata in Europa. Per quanto riguarda il tempo di studio, è stata rilevata una crescita regolare dell’impegno degli studenti, con il monte ore settimanale che è cresciuto di circa il 38% negli ultimi venti anni. Questo tipo di comportamento appare rinforzato dall’idea che non ci siano molte prospettive per il futuro: questa percezione ha portato sempre più giovani ad un’assunzione di responsabilità individuale così come ad una scelta di aumentare l’investimento di energie nello studio. Ciò vale soprattutto per gli studenti fuorisede: tra di loro l’impegno nello studio è cresciuto più degli altri.

Altro aspetto a favore della tesi che i giovani non siano dei bamboccioni è la questione dei fuorisede. Siamo il paese europeo che colleziona il maggior numero di fuorisede. Buona parte di questi studenti cambia addirittura regione per studiare: l’istruzione viene al primo posto per le famiglie di questi ragazzi, e i giovani, pur di assicurarsi un’educazione superiore, abbandonano il divano e le comodità di casa. Venendo ai dati dell’indagine, l’età media degli studenti iscritti a un corso di laurea è di ventitré anni. Due circostanze sembrano aver contribuito all’aumento dell’età media degli studenti italiani: da un lato dalla riduzione all’accesso nelle università rilavata nell’ultimo decennio – e in recupero solo negli anni più recenti -, dall’altro la permanenza di un alto tasso di dispersione tra la scuola superiore e l’università. I pochi che ci arrivano fanno i conti con un allungamento medio della durata degli studi, conseguenza sia di un aumentato tasso di passaggio dal primo al secondo ciclo, sia di una più lenta progressione negli studi da parte degli studenti.

Gli universitari italiani impiegano nello studio quasi 44 ore settimanali, il 30% in più della media calcolata in Europa. Per quanto riguarda il tempo di studio, è stata rilevata una crescita regolare dell’impegno degli studenti, con il monte ore settimanale che è cresciuto di circa il 38% negli ultimi venti anni

La ricerca evidenzia come siano in aumento gli studenti provenienti da famiglie con livello di istruzione medio-alto, mentre simmetricamente diminuiscono quelli provenienti da famiglie con un basso livello di istruzione: una spaccatura che a lungo andare rischia di dividere il paese tra i colti e gli ignoranti, che spesso e volentieri si traduce nel dualismo comandante/comandato. I dati più allarmanti però riguardano due questioni molto delicate nel mondo delle università italiane: i borsisti e gli alloggi. Ad oggi la percentuale di studenti che hanno ottenuto una borsa di studio è dell’8,7%, in assoluto tra le più basse d’Europa. Per gli studenti in cerca di alloggio la situazione è ancora peggiore: solo il 3,2% degli studenti alloggiano in una residenza Dsu. Quella dipinta da Eurostudent è una situazione abbastanza grave, in cui ci sono studenti che, oltre a dover pagare le tasse, devono sobbarcarsi anche del costo di un alloggio dove poter vivere, mentre sono pochissimi gli studenti italiani che possono accedere alle residenze universitarie messe a disposizione dagli enti per il diritto allo studio regionali. In totale, la spesa media mensile per un alloggio da fuorisede ammonta a 262 euro, ma chi vive a Milano sa bene che trovare un posto letto in doppia sotto ai 400 euro è già di per sé un mezzo miracolo. Infine, molto bassa è la percentuale di studenti che hanno usufruito dell’esonero totale dalle tasse (10%), mentre l’importo di tasse e contributi ammonta a 1.584 euro. Scandalizzato da questi dati, che non ci raccontano in realtà nulla di nuovo, il coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari Enrico Gulluni ha dichiarato: «I numeri quindi parlano chiaro, serve una no Tax Area più ampia, e serve che le tasse universitarie diventino soltanto un contributo studentesco e non una tassa su cui le università si finanziano alle volte anche in maniera illecita. Servono soldi, non spot sull’Ffo. Occorre inoltre aumentare la percentuale degli studenti borsisti e quella degli studenti che hanno accesso ad un alloggio messo a disposizione dagli enti per il diritto allo studio, questo perché bisogna far si che i giovani possano permettersi gli studi e non siano costretti all’abbandono. Servono dunque investimenti sul Fis».

Proprio la scorsa settimana il Movimento 5 Stelle mostrava fiero sui social il misero investimento di 50 milioni dedicati alle università previsto dalla legge di bilancio. Peggio del governo Renzi e del sequel in salsa gentiloniana. Gli studenti italiani non hanno più voglia di farsi prendere in giro: da anni gli investimenti per l’istruzione sono minimi. Eppure i giovani l’impegno ce lo mettono eccome, e devono anche subirsi le paternali: altro che bamboccioni!

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