Vite filosoficheQuattro cose che non sapevi su Nietzsche (ad esempio, che odiava il lavoro)

Ogni filosofia è una autobiografia. E ogni biografia può diventare una graphic novel. Questa su Nietzsche (edizione Ferrogallico) è scritta da Michel Onfray e racconta il filosofo meglio di qualsiasi corso universitario

Forse il pensiero di Friederich Nietzsche, complesso e contorto, potrà non essere attuale più di tanto. Ma certe sue prese di posizione, al contrario, sono convisibili anche oggi, anzi: ancora di più.

Come mostra la bella graphic novel dedicata al filosofo tedesco “Nietzsche, la stella danzante”, scritta dal filosofo francese Michel Onfray e illustrata da Maximilien Le Roy (edizione Ferrogallico), la vita di Nietzsche, pur non essendo ricca di colpi di scena, è la storia di una avventura intellettuale controversa, riflesso di un’epoca in ebollizione, di un’Europa nuova che faticava a nascere e di un’Europa antica che lottava per non morire.

Lui in quel momento era lì, sul crinale delle due epoche. Studia il passato (nasce come filologo classico), viene folgorato dalla musica classica “moderna” (diventa amico fino alla devozione di Wagner, per poi abbandonarlo), scopre le riflessioni di Schopenhauer (che ripudierà) e trova la sua missione: rovesciare la cappa del mondo passato per dischiudere quello nuovo.

In tutto questo, è sempre stato un personaggio bizzarro e sorprendente:

Era attratto dagli atti di valore. Da piccolo, affascinato dall’ideale di Muzio Scevola, prende in mano un carbone dalla stufa; all’università, esaltato dagli ideali di coraggio e valore, chiederà a un amico di sfidarlo a duello; a 24 anni, diventato professore, getterà disprezzo sul lavoro che bene o male gli garantirà sempre il pane (“Un professore in più, in realtà, non è una cosa da festeggiare particolarmente. Aggiungo solamente il mio nome alla massa di persone che nelle università ripete le stesse cose di sempre”).

Amava l’idea delle comunità. Un secolo prima del ’68, aspira a fondare comunità di filosofi, isolate, da cui far partire nel mondo le nuove idee (il modello è il giardino di Epicuro).

Non era antisemita. La sorella Elisabeth sì. Sarà lei, del resto, a fondare in Paraguay una nuova comunità. La “Nuova Germania” (esiste ancora), convinta dal marito Förster ad abbandonare un Paese ormai contaminato dagli ebrei, riesce a radunare 15 famiglie e trasferirsi in Sudamerica. Il progetto durò pochi anni, i debiti affossarono l’ideale del marito (che si suicidò) ed Elisabeth, ormai vedova, torna in Europa per curare l’archivio delle opere del fratello.

Aveva capito anche che il lavoro non è lavoro, ma solo una misura di controllo della società. E tutto questo senza nemmeno averne fatta esperienza: a causa della sua vista malferma fu sospeso dall’insegnamento (ma l’università di Basilea continuò a dargli uno stipendio), l’unica attività che svolse nella vita. Ma ebbe modo di capire che “Adesso ci rendiamo perfettamente conto, per quello che riguarda il lavoro, cioè questo duro impegno da mattino a sera, che costituisce la migliore delle misure di polizia, che tiene tutti imbrigliati e ostacola pesantemente lo sviluppo della ragione, dei desideri, e il gusto dell’indipendenza, perché consuma una straordinaria quantità di forza nervosa e la sottrae alla riflessione, alla meditazione, al sogno, ai pensieri, all’amore e all’odio. Mette sempre davanti agli occhi un meschino fine e assicura soddisfazioni facili e regolari. Così una società in cui si lavora sempre e duramente godrà di una grande sicurezza: e al giorno d’oggi adoriamo la sicurezza come divinità suprema.”

Scrive tanto, vende poco. Nietzsche fu la bestia nera degli editori: ogni libro scritto faticava a coprire le spese di stampa. Solo negli anni di pazzia comincerà a diventare una cash cow editoriale. Ma a quel punto non lo potrà più capire. Finirà, dopo gli anni di internamento, in uno stato di totale apatia. A quel punto la sua missione filosofica sarà compiuta.

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