I dati Istat pubblicati in questi giorni non lasciano spazio a dubbi: in Italia l’inclusione scolastica per i bambini disabili è ancora una chimera. Basti pensare all’ultimo anno scolastico: a fronte di 248mila alunni disabili, 71mila sono rimasti senza insegnanti di sostegno. Non solo: i docenti assegnati sono stati nel 36% dei casi insegnanti curricolari precari e non specializzati. Non è un caso che quattro bambini ogni dieci abbiano cambiato docente nel corso dell’anno. Un disastro.
Quel che preoccupa, però, è che di qui a poco la situazione potrebbe precipitare ulteriormente. E a poco serve l’annuncio del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti che, anche ieri, è tornato a ribadire che intenzione del governo è quella di assumere nei prossimi tre anni 40mila insegnanti di sostegno per colmare il gap.
Al di là degli annunci, infatti, restano i numeri. Gli interventi di integrazione scolastica previsti nella manovra del cambiamento per gli studenti con bisogni educativi speciali ammontavano, nel 2018, a 3,6 miliardi. Insufficienti, come testimoniano i dati Istat. A maggior ragione lo saranno i fondi per i prossimi anni, come denunciato da opposizioni e mondo dell’associazionismo: per il 2019, infatti, sono stati stanziati 3,4 miliardi, che si ridurranno a 3 nel 2020, per poi scendere a 2,4 miliardi nel 2021.
Un taglio, dunque, di 1,2 miliardi nel giro di quattro anni. Una mannaia. Che preoccupa – e non poco – ragazzi, famiglie, associazioni. E gli stessi docenti di sostegno. Perché accanto al problema dei fondi per l’inclusione scolastica, l’altro gravoso problema, come detto, è quello della continuità: troppi insegnanti di sostegno sono supplenti e finiscono col “saltare” da un bambino all’altro, cui non viene così garantito reale sostegno.
Gli interventi di integrazione scolastica nel 2018 ammontavano 3,6 miliardi. Insufficienti, come testimoniano i dati Istat. A maggior ragione lo saranno i fondi per il 2019, che sono 3,4 miliardi, e nel 2020 saranno tre e nel 2021 2,4 miliardi.
E anche su questo tema, il governo del cambiamento pare non aver cambiato nulla. «Nella legge finanziaria approvata – spiega a Linkiesta Ernesto Ciraci, presidente di Misos (Movimento Insegnanti di Sostegno Specializzati) – non c’è alcun stanziamento per garantire la continuità didattica. Non c’è un euro affinché vengano trasformate le cattedre di sostegno in organico di fatto». Prendiamo tutta la fascia del Centro-Sud: «Qui ci sono circa 50mila cattedre in deroga per il sostegno, cioè a supplenza. Tutte quante resteranno tali». Ed ecco allora che a nulla servono i 40mila insegnanti in più promessi da Bussetti. «Il rischio – spiega ancora Ciraci – è che finiranno con l’ingolfare ancora di più la macchina. Ciò che manca sono fondi e programmazione. Non c’è stato alcun cambio di passo con questo governo ma, anzi, un passo indietro rispetto al passato».
Se da una parte, però, i fondi per i disabili vengono tagliati, dall’altra spunta un finanziamento ad hoc per un’associazione che si occupa di disabili. Il comma 280 della manovra, infatti, stanzia 400mila euro per «garantire l’attività di inclusione e promozione sociale delle persone con disabilità» svolta dalla Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Un controsenso bello e buono, come denunciato da un’altra associazione, la Federazione Rete Sostegno e Tutela dei diritti delle persone con disabilità (First), che ha scoperto, nelle maglie della manovra, la «regalìa» in favore della Fish.
Per carità: parliamo senza ombra di dubbio di una delle associazioni tra le più grandi in Italia, ma resta il visibile cortocircuito: «Quei soldi – spiega il presidente di First, Maurizio Benincasa – potevano essere assegnati direttamente alle famiglie con disabili, oppure per aumentare i fondi per l’insegnamento o, magari, si poteva incentivare la ricerca sulle malattie rare. Perché darli genericamente a un’associazione?». Si tratta, continua Benincasa, di un’elargizione «sconcertante, allo stesso tempo scandalosa e inopportuna».
La ragione è presto detta: «Il compito di chi si sobbarca l’onere di rappresentare le persone con disabilità a livello istituzionale non è quello di ottenere elargizioni consistenti di somme di denaro pubblico per fini generici e ingiustificabili. Il compito, a nostro parere, di un associazionismo effettivo di rappresentanza delle persone con disabilità, è esattamente l’opposto, non chiedere nulla a nessuno, né chiedere, né ottenere soldi pubblici da chicchessia, perché ciò può generare fenomeni distorsivi e confitti di interessi giganteschi».
Il vicepresidente di Fish, Salvatore Nocera, sentito da Linkiesta, rispedisce al mittente ogni accusa: «È solo un attacco strumentale. Sarebbe curioso sapere quest’associazione quante famiglie con disabili rappresenti. Loro dicono che si occupano di inclusione degli alunni, però finora le uniche uscite pubbliche che hanno fatto hanno riguardato gli insegnanti, specie quelli del Sud, e i collaboratori scolastici. È un approccio diverso tra noi e loro. Per il resto, non hanno mai detto nulla sulla Fand (Federazione tra le Associazioni nazionali con le persone con disabilità, ndr) che prende finanziamenti da anni se non decenni».
Nell’attesa che si risolvano i dissidi tra le associazioni, dal governo per ora nessuno commenta. Ci si limita agli annunci. Gli ennesimi. A cui le quasi 200mila famiglie di alunni disabili cominciano a credere un po’ meno.