Donald Trump, Nigel Farage, Matteo Salvini. Ma anche Marine Le Pen, Viktor Orban o Alternative Fur Deutschland. Da tre anni chiamiamo populismo tutti quei fenomeni politici che non riusciamo a etichettare. Nel calderone finiscono i partiti sovranisti, leader politicamente scorretti o semplici movimenti spontanei di protesta. Nove persone su dieci non riuscirebbero a dare la stessa definizione di populismo ma tutti concordano su un punto: è un fenomeno di destra. Chantal Mouffe, docente di teoria politica all’Università di Westminister ribalta questa prospettiva con un libro dal titolo ambizioso Per un populismo di sinistra (Laterza) e gira per l’Europa per far conoscere il suo manifesto provocatorio. L’abbiamo incontrata a Milano dove era ospite del primo incontro di What is Left / What is Right, ciclo promosso dall’area di ricerca di Fondazione Feltrinelli dedicata all’innovazione politica in vista delle elezioni politiche di maggio e che si inserisce nel progetto Europa 2019: Target Democracy.
Da Parigi a Roma, da Madrid a Berlino, qualunque segretario di un partito socialdemocratico sogna una ricetta politica per battere i populisti. Ma Mouffe chiarisce subito: i socialisti sono il problema, non la soluzione. «Da decenni la sinistra vede il mercato come unico strumento di redistribuzione della ricchezza e concepisce l’inclusione sociale solo come inclusione nel mercato». Ma dopo la crisi del 2008 che ha impoverito e reso più precaria la classe media, sono nate a poco a poco una serie di resistenze alle trasformazioni politiche ed economiche viste negli anni dell’egemonia neoliberale. Gli unici a non averlo capito, secondo Mouffe, sono proprio i partiti di sinistra. Perché il populismo non è un’ideologia, né un programma specifico o un regime. «È un modo di fare politica che può assumere forme differenti a seconda del momento e del luogo». L’errore dei partiti di centrosinistra e centrodestra è stato quello di ignorare la domanda di uguaglianza e sovranità della popolazione, bollando come “estremisti” o “populisti” tutti coloro che proponevano soluzioni incompatibili col modello neo liberale. «Si è ridotto il ruolo dei parlamenti e delle istituzioni che permettono ai cittadini di influenzare le decisioni politiche. I cittadini alle elezioni non possono scegliere tra alternative reali. La “Postpolitica” ci obbliga a un’alternanza bipartisan tra partiti di centrodestra e centrosinistra».
Finora il populismo è stato associato alla destra perché movimenti come il Front National o la Lega in Italia hanno dato risposte concrete a queste domande insoddisfatte creando una narrazione per cui i “noi” sono i perdenti della globalizzazione e i “loro” sono dei nemici plastici contro cui sfogare questa rabbia. Due esempi su tutti: i migranti e l’austerità dell’Unione europea.
Secondo Mouffe sono due le cause del “momento populista” che stiamo vivendo: l’erosione dell’uguaglianza e della sovranità popolare, i due pilastri che hanno fatto rinascere l’Europa occidentale nei trent’anni successivi alla seconda guerra mondiale. Non esiste un modello unico di populismo. Diventa di destra o di sinistra a seconda della risposta che si dà a questa crescente insoddisfazione. Finora il populismo è stato associato alla destra perché le richieste della popolazione di maggiore sovranità sono state ascoltate solo da movimenti di destra. Partiti a lungo all’opposizione per ragioni storiche o elettorali come il Front National in Francia o la Lega in Italia hanno avuto l’umiltà di capire il malumore crescente della popolazione. E mentre centrodestra e centrosinistra si alternavano al potere questi movimenti di destra hanno dato risposte concrete alla domande insoddisfatte creando una narrazione per cui i “noi” sono i perdenti della globalizzazione e i “loro” sono dei nemici plastici contro cui sfogare questa rabbia. Due esempi su tutti: i migranti e l’austerità dell’Unione europea. «I partiti socialdemocratici sperano di sminuire i populisti di destra definendoli “neofascisti” o “di estrema destra” ma è una strategia fallimentare e fin troppo comoda per non assumersi le proprie responsabilità» spiega Mouffe.
Perché «il populismo è un ritorno del politico dopo anni di postpolitica. Il rischio è quello di soluzioni autoritarie che indeboliscono le istituzioni liberaldemocratiche ma può anche condurre a una riaffermazione ed estensione dei valori democratici», spiega Mouffe. Non è detto che per forza il populismo porti all’autoritarismo «Dipende tutto dal rapporto che si crea tra il leader e il popolo. Quando parliamo di populismo di destra quasi sempre è una relazione autoritaria in cui con la scusa di voler ridare sovranità in realtà ogni cosa proviene dall’alto senza una reale partecipazione della base». Per evitare questo pericolo Mouffe propone un populismo di sinistra che punti alla riconquista di due concetti perduti: uguaglianza e giustizia sociale. Come? Creando una contronarrazione che incanali la rabbia dei cittadini offrendo più democrazia, più spazi per dire la propria. «Il problema principale delle attuali istituzioni rappresentative è che non permettono il confronto agonistico tra progetti differenti di società. La soluzione non è abolire la rappresentanza ma rendere le istituzioni più rappresentative». Tradotto: il populismo di sinistra non deve proporre il leader carismatico che rappresenti il popolo (noi) contro l’oligarchia (loro), ma un modello dove il popolo (noi) può decidere veramente.
Finora i partiti socialdemocratici sono stati troppo freddi e razionali nelle loro proposte politiche per paura di parlare alla “pancia del Paese”. Ma questa è la chiave vincente. Bisogna prendere atto di quanto sia importante incoraggiare emozioni condivise attorno a una narrazione. Il populismo di destra che si basa su dei sentimenti può essere sostituito solo da un sentimento opposto più forte
Interessante la teoria, ma come si realizza concretamente? Primo: la sinistra non deve aver paura di usare le emozioni per creare il suo popolo e un’identità politica forte. «Finora i partiti socialdemocratici sono stati troppo freddi e razionali nelle loro proposte politiche per paura di parlare alla “pancia del Paese”. Ma questa è la chiave vincente. Bisogna prendere atto di quanto sia importante incoraggiare emozioni condivise attorno a una narrazione. Il populismo di destra che si basa su dei sentimenti può essere sostituito solo da un sentimento opposto più forte». Secondo, e non meno importante, il populismo di sinistra deve ripartire dalla sovranità nazionale. Quasi tutti i partiti socialdemocratici temono il patriottismo perché lo considerano di destra quando invece è il modo migliore per mobilitare tante persone giocando sull’identità nazionale. Non vuol dire chiudere i porti o le frontiere ma partire dalla propria storia e tradizione per poi cercare insieme alleanze con altri movimenti europei. Ora invece l’atteggiamento è l’opposto: si cerca subito una convergenza europea che poi cali le decisioni dall’alto senza tener conto delle specificità nazionali.
Ma ci sono esempi di populismo di sinistra in Europa? Mouffe cita Podemos in Spagna, il partito laburista di Jeremy Corbyn nel Regno Unito o La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon capaci di convincere anche qualche elettore di destra perché propongono un nuovo paradigma, ma rimangono pur sempre all’opposizione. E il Movimento Cinque Stelle? «Non penso che esista un populismo di sinistra in Italia. Il M5S ha dentro istanze di destra e sinistra, non ha un’identità ben definita ma non potrà durare per molto. E molti qui in Italia sostengono che da quando è al governo con la Lega si sia appiattita sul populismo di destra. Concordo».