Il vero cambiamento del governo gialloverde? Da quando ci sono loro, abbiamo perso 3500 euro a testa

Dopo annunci di riforme epocali, aumento dello spread e un'estenuante trattiva con Bruxelles nei primi nove mesi di governo famiglie, imprese e investitori hanno perso in media 3.500 euro (Fondazione Hume). Tra fondi Ue sprecati, crollo degli investimenti e il Sud in crisi non c'è da stare allegri

FRANÇOIS WALSCHAERTS / AFP

Dopo nove mesi di trattative, toni esasperati, aumento dello spread e annunci di riforme che avrebbero dovuto riscrivere la storia, gli italiani hanno perso in media 3.500 euro a testa. E per ora l’unico cambiamento concreto portato dal governo gialloverde è quello al nostro portafoglio. Solo questa settimana le famiglie e le imprese italiane hanno perso 2,3 miliardi di euro: ovvero 330 milioni al giorno (dati fondazione Hume). Fanno 66 miliardi dalle elezioni di marzo. Nello stesso periodo la Banca d’Italia e gli investitori esteri detentori di titoli di Stato italiani ci hanno rimesso 53.3 miliardi euro. Mentre tutte le altre perdite virtuali di Borsa, obbligazioni e titoli di Stato sono pari a 88.5 miliardi di euro. Totale? 208 miliardi.

Con un quadro così stupisce meno il contenuto della relazione semestrale della Commissione europea. Non è una semplice fotografia fatta due volte all’anno sulle economie dell’eurozona, ma un documento formale che servirà al Governo come base per preparare entro aprile il suo piano di riforme da presentare alla Commissione, prima delle elezioni europee. Il report sull’Italia è una fotografia lucida del nostro Paese: alto debito, bassa produttività, riforme poco incisive o addirittura controproducenti. E i tassi più alti rispetto ai livelli di inizio 2018 pesano sulla fornitura del credito all’economia e sulla crescita del Pil. La Commissione europea sostiene che l’Italia sia instabile macroeconomicamente, al pari di Grecia e Cipro. E rischiamo di essere un contagio per l’eurozona.

Sappiamo già come andrà a finire. Molti criticheranno la Commissione accusando i suoi componenti di essere degli eurocrati che non hanno diritto di mettere becco negli affari italiani. Come se l’obiettivo dei commissari fosse quello di affossare l’Italia o di screditare la credibilità di istituzioni europee solo per propaganda elettorale. Il problema è che Quota 100 e Reddito di cittadinanza approvate lo stesso giorno della pubblicazione del report non sono riforme che porteranno a una crescita sicura del Pil. O almeno non quella prevista dal governo nella legge di bilancio (+1,5%). E questo momento di riflessione sulla strutturale problematicità del nostro Paese si perderà nel tempo come lacrime nella pioggia. Con al differenza che il futuro distopico alla Blade Runner lo stiamo vivendo ora.

L’Italia è il Paese dell’Unione europea con più ostacoli agli investimenti. Con barriere evidenti e strutturali in almeno 16 aree su 19 tra quelle studiate dalla Commissione. Dall’inefficienza del sistema giudiziario fino al ritardo nella digitalizzazione

Perché a leggere le 99 pagine del report non c’è da stare allegri. Per esempio il fatto che l’Italia è il Paese dell’Unione europea con più ostacoli agli investimenti. Con barriere evidenti e strutturali in almeno 16 aree su 19 tra quelle studiate dalla Commissione. Dall’inefficienza del sistema giudiziario fino al ritardo nella digitalizzazione. «Sono necessari investimenti adeguati per rafforzare la capacità amministrativa, il capitale umano e l’innovazione, nonché per ridurre le disparità regionali». Oppure il fatto che da maggio gli investitori non residenti abbiano mollato oltre 77 miliardi di titoli di Stato e 16 miliardi di obbligazioni bancarie. E che la Borsa abbia perso il 20% negli ultimi nove mesi. Ma ci sono altri dati usciti negli ultimi giorni che dovrebbero spaventarci di più. Come quello diffuso dall’associazione nazionale costruttori edili (Ance) per cui negli ultimi undici anni l’Italia ha perso 69 miliardi di investimenti in costruzioni e 620mila posti di lavoro. Ed è vero che nel 2019 si prevede una crescita degli investimenti in costruzioni dell’1,1%, ma le previsioni davano il 2%. Tradotto: i mancati investimenti pubblici e i cantieri bloccati dal Governo hanno causato già una perdita di 1,3 miliardi potenziali che non ci saranno più. Anche i dati dell’Eurostat usciti da pochi giorni relativi al 2017 non sono incoraggianti. Le regioni del Sud Italia sono tra le più poveri dell’Ue. La media europea è di 30mila euro di Pil pro capite, il Mezzogiorno 18.900 (Calabria la regione più povera) anche se per fortuna in aumento rispetto al 2016. Siamo sicuri che basterà il reddito di cittadinanza?

Forse se avessimo usato meglio i 42,7 miliardi di fondi europei previsti fino al 2020 saremmo in una situazione migliore. Il dato è imbarazzante: dopo la Polonia, l’Italia è il Paese Ue a cui Bruxelles ha assegnato più soldi ma siamo sestultimi in Europa per capacità di spesa. Per capirci 22 Stati hanno fatto meglio di noi. E come ha denunciato pochi giorni fa Milena Gabanelli su DataRoom del Corriere della Sera, fino allo scorso ottobre avevamo speso solo il 3% dei fondi disponibili, contro una media europea del 13%. Quei soldi sono comunque nostri perché siamo importatori netti (ovvero inseriamo nel bilancio comunitario più denari di quanti ne riceviamo)? Benissimo, allora a maggior ragione spendiamoli. O quei soldi saranno usati da altri, com’è accaduto più volte in passato.

Dopo la sbornia movimentista di Di Battista il M5S sta cercando di ricrearsi l’aura di movimento moderato. Forse i Cinque Stelle hanno capito che alzare i toni fa alzare lo spread e danneggia l’Italia. Se l’avessero saputo prima forse avremmo risparmiato 3.500 euro a testa.

«Nessuno può entrare nel merito delle singole misure di politica nazionale» ha commentato il ministro dell’Economia Giovanni Tria dimostrando di essersi adattato egregiamente alla strategia bipolare di lotta e di governo dei suoi colleghi ministri. Tria ha poi accusato l’ex ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble di aver “ricattato” il suo omologo Saccomanni nel 2011 obbligando l’Italia ad accettare le norme sul bail-in. Eppure due giorni fa Tria era sembrato in linea con il pensiero dei commissari europei sulla necessità di fare investimenti. «Il problema non è la Tav, il problema è che nessuno verrà mai a investire in Italia se il Paese mostra che un governo che cambia non sta ai patti, cambia i contratti, cambia le leggi e le fa retroattive. Questo è il problema, non la Tav». Nel governo dei paradossi l’unico ministro considerato finora rassicurante e affidabile, forse per giocare una sua personale partita politica, fa delle sparate anti tedesche, mentre i leader del Movimento Cinque Stelle hanno scelto la strada meno dannosa: parlare dei contenuti.

Luigi Di Maio in un post su Facebook ha parlato dell’abbassamento del taglio delle tariffe Inail a parità di garanzie per i lavoratori. Mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto solo un garbato: «Siamo convinti delle nostre ricette» subito dopo aver presentato il piano “Proteggi Italia” di oltre 10 miliardi per il triennio 2019-2021, presi da fondi già a disposizione degli enti locali e delle Regioni per contrastare il dissesto del territorio. E mentre Salvini posta video del mare sardo la sensazione è che il tempo della trattativa è finita. Di manovra correttiva e clausole di salvaguardia (28,8 miliardi tra il 2020-21) si parlerà dopo le elezioni europee. Sarà stato il pessimo risultato alle regionali della Sardegna, l’abolizione del limite dei due mandati per i consiglieri comunali annunciato da Luigi Di Maio o la paura di scendere ancora più nei sondaggi in vista delle elezioni europee ma la reazione del governo sembra un cambio di passo. Dopo la sbornia movimentista di Di Battista (in silenzio stampa da due settimane dopo il voto sulla piattaforma Rousseau per il caso Diciotti) il M5S sta cercando di ricrearsi l’aura di movimento moderato. Forse i Cinque Stelle hanno capito che alzare i toni fa alzare lo spread e danneggia l’Italia. Se l’avessero saputo prima forse avremmo risparmiato 3.500 euro a testa.