C’è grande confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente. La storica frase del presidente Mao si addice bene allo stato di adozione e sviluppo dell’Intelligenza artificiale (Ai) in Italia. Confusa sembra essere infatti la visione dell’Ai da parte delle imprese, eccellente perché, al di là del clamore mediatico, il ricorso all’intelligenza artificiale si configura come una vera e propria necessità nel quadro del sistema economico e sociale dei prossimi decenni.
Lungo queste due direttrici si sviluppa la ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, giunto alla seconda edizione.
Preso atto che il mercato dell’intelligenza artificiale in Italia è solo agli albori – 85 milioni di euro la spesa per lo sviluppo di algoritmi – l’Osservatorio nota che vi sono altre componenti di rilievo, come lo sviluppo dei robot collaborativi in ambito industriale (145 milioni di euro) e la diffusione degli assistenti vocali in ambito domestico (60 milioni di euro), che spingono verso una «democratizzazione dell’Ai» (Serena Spalla, Vidiemme) e delineano aree di sviluppo rilevanti. I secondi in particolare possono essere in futuro un canale con il quale veicolare servizi e applicazioni innovative basati sulla voce. Si pensi per esempio al loro utilizzo per l’e-commerce.