L’Europa conosce già il nome della nuova potenziale leader ma non sa come pronunciarlo. Annegret Kramp-Karrenbauer, la presidente della Cdu che a dicembre ha sostituito Angela Merkel alla guida del partito, ha descritto domenica su Die Welt come sarà il futuro dell’Unione europea. Non un semplice editoriale, ma uno schiaffo politico forte, fortissimo a Emmanuel Macron e ai sostenitori dell’integrazione europea. Akk ha ricordato a tutti qual è lo Stato più influente, l’unico perno attorno a cui può ruotare qualsiasi ipotesi di riformare l’Ue. Perché senza la Germania non si va da nessuna parte. E Berlino ha deciso di non difendere più lo status quo, né di appoggiare la riforma francese, ma di guardare un po’ più a destra.
“Ottenere l’Europa giusta” è il titolo dell’anti manifesto con cui Akk ha risposto a “Rinascimento europeo” fatto pubblicare da Macron nei principali media dei 28 stati Ue (per la Germania aveva scelto proprio Die Welt). La leader della Cdu e il presidente della Repubblica francese concordano sui problemi generici «l’Europa è debole, ha bisogno di confini sicuri», ma non sulle soluzioni specifiche: «Il centralismo europeo, lo statismo europeo, la comunitarizzazione dei debiti, l’europeizzazione dei sistemi sociali e il salario minimo sono l’approccio sbagliato». Tradotto: il potere deve rimanere agli Stati nazionali e le riforme devono essere raggiunte con l’unanimità degli Stati membri, non con la forzatura di chi guida le istituzioni Ue. Ovvero zero superStato più Consiglio europeo e Consiglio dei ministri Ue, meno Commissione e ancor meno Europarlamento. «Una nuova Europa non può essere fondata senza gli stati nazionali: forniscono legittimità democratica e identificazione». Ironico che sia una tedesca ricordare l’importanza della “Europa delle patrie” al Paese che ha più difeso questo concetto, soprattutto nei primi anni della Comunità economica europea con Charles De Gaulle.
I due manifesti sono l’antitesi. Se Macron dice «l’Europa non è mai stata così in pericolo», Akk risponde: «l’approvazione dell’idea europea è al momento più alta che mai». Se il presidente francese chiama a raccolta gli europeisti per sconfiggere definitivamente i nazionalisti, la leader Cdu rasserena il cilma: «la questione del “per” o “contro” l’Europa non sorge per la maggior parte dei cittadini». Solo quando si tratta dei nemici esterni da combattere c’è vera sintonia tra Macron e Akk: sì alla tassazione digitale, sì a rivedere l’acquis di Schengen, sì al controllo delle frontiere, sì a una difesa comune. E saranno forse queste le uniche riforme attuabili. A meno che non contiamo la generica promessa di entrambi contro il lcambiamento climatico. Anche se ci si chiede quale politico, a parte Trump, possa dire di no a una battaglia del genere.
Oltre ai contenuti il vero dato da sottolineare è la risposta in sé. Non è stata Merkel a ribattere all’appello di Macron ma la nuova leader della Cdu. Segno che in Germania quando una successione si decide è quella. E non ci sono ex presidenti o segretari che continuano a dire la propria come in altri Paesi che conosciamo meglio. Perché la nuova leader della Cdu non è “la delfina” di Merkel come descritto pigramente dai mass media italiani la prima volta in cui si sono occupati di AKK a dicembre. Ma una giovane leader che scalpita per diventare la nuova cancelliera e cambiare la linea politica della Germania in Europa: non più vestali dello status quo ma a capo di uno schieramento più conservatore capace di incanalare le esigenze dei sovranisti nella cornice dei popolari. Anche per questo ha lanciato due provocazioni all’alleato francese: abolire “l’anacronistica” sede del Parlamento europeo di Strasburgo e chiedere un seggio comune Ue al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, rinunciando quindi a quello di Parigi. Due proposte per smantellare il trattato di Aquisgrana firmato il 22 gennaio da Merkel e Macron e per mandare un messaggio chiaro agli altri 27: non ci sarà un’Europa a due velocità, ma un’Unione a diesel. Speriamo senza emissioni nocive.
Il paradosso è che Merkel è stata usata per anni dai sovranisti di casa nostra come il capro espiatorio di tutti i mali dell’Europa. Quando in realtà si può considerare l’esponente più progressista del suo partito. E i notabili della Cdu hanno eletto Akk per dare un taglio netto alla politica degli ultimi 15 anni che ha portato un surplus nella bilancia dei pagamenti ma anche un calo forte dei consensi come si è visto alle elezioni regionali in Assia e Baviera, con i delusi della Cdu che hanno rinforzato le fila dei verdi e di Alternative Fur Deutchland. Bisognerà capire se la nuova leader Cdu avrò lo stesso calibro politico di Merkel, ora bistrattata ma in grado di mantenere per anni la stabilità dell’eurozona. E non basterà proporre una “portaerei europea” per mostrare un calibro da statista. Tra i due litiganti il vero problema tace. Né Akk né Macron si sono occupati dell’unico vero tema centrale per il futuro dell’Europa: la riforma dell’eurozona.