Allarme pensioni, “I millenials non hanno idea di cosa sia la previdenza”

Durante il forum Valore 2019 a Borgo Egnazia, il presidente di Enpam Alberto Oliveti lancia l'allarme: “Quando gioco a Monopoli leggo le istruzioni, perché a scuola non si insegna ai giovani come mettere da parte i risparmi per il loro futuro?”

«Tanto io la pensione non la prenderò mai» è diventato il mantra dei millennials italiani. La pronunciano con rassegnata ironia che nasconde una paura profonda e purtroppo fondata. Basta guardare alle proiezioni dell’Ocse secondo cui i giovani italiani avranno la pensione a 71 anni, addirittura a 75 secondo il presidente dell’Inps Tito Boeri. I pochi che conoscono questi dati danno la colpa alle baby pensioni o agli oltre 700 mila cittadini che ricevono ininterrottamente la pensione dal 1982, quando i millennials non erano ancora nati. Ma c’è un problema più grave: la disinformazione. Secondo una ricerca di State Street il 75% degli under 35 italiani non ha un’idea di cosa siano le pensioni. A lanciare l’allarme è Alberto Oliveti, presidente Enpam, la cassa di previdenza dei medici italiani durante il Forum Valore 2019 a Borgo Egnazia. la tre giorni organizzata dalla società di consulenza Valore che dal 1 al 3 marzo dedica una serie di panel ai temi del lavoro e agli investimenti in Esg: «Per i giovani più della salute, conta l’informazione sul loro futuro. Non possiamo narcotizzare la conoscenza. Tutti devono conoscere i vantaggi della previdenza e capire come agire per tempo. la pensione si può cominciare a costruire da prima di cominciare a lavorare».

Oliveti, perché secondo lei la maggior parte dei giovani non ha idea di cosa sia la previdenza?
Perché nessuno gliel’ha mai detto. Ma in Italia sono tante ormai le cose che non si insegnano più. A scuola non si studia più educazione civica, non conosciamo la Costituzione. Ma dovrebbe essere la base. Se gioco per la prima volta a Monopoli leggo le regole del gioco, no? Perché non si fa lo stesso spiegando a cosa servono la pensione e la previdenza?

Iniziamo noi con questa intervista allora. A che età bisognerebbe incominciare a pensare a costruirsi una previdenza?
Il prima possibile. Anzi, le dirò di più: dovrebbero già pensarci i genitori. Per fare una previdenza consapevole lungimirante e tempestiva bisogna essere formati e informati. Come Enpam siamo riusciti a portare in qualche facoltà di medicina l’obbligo di passare un esame sul welfare e la previdenza, all’Università dell’Aquila per esempio. Gli studenti sono obbligati a capire come funziona la pensione, la previdenza. E francamente è più utile questo di alcuni piccoli esami fatti per formalità.

Perché informarsi se le previsioni sulle pensioni sono così pessime? Tanto vale non rodersi il fegato.
Perché è la mentalità che deve cambiare: dobbiamo abituarci all’idea che i giovani prendano la previdenza prima ancora di aver lavorato. Si tratta di un cambiamento di logica: il welfare non deve essere solo un rifugio ma anche tranquillità e opportunità tramite anche mutui e prestiti d’onore. Essere previdenti significa scegliere per tempo con lungimiranza e tempestività. La situazione pensionistica dei giovani non è facile. Da anni i vari governi studiano il modo per venire incontro a chi ha avuto (e chi ha) carriere discontinue. Per esempio valorizzando i contributi versati per pochi anni accorpando i vari spezzoni pensionistici. Vedremo, ma c’è una cosa facile e veloce che tutti possono fare: controllare a che punto si è in questo momento a livello di contributi. Da lì si può impostare una strategia.

E come si fa?
Un tempo si chiamava busta arancione ma oggi si può fare anche online. Noi abbiamo creato un’app di Enpam. Si inseriscono i propri dati e si vede che tipo di pensione ordinaria si avrà. Ci si può “giocare”, facendo simulazioni. È un modo per prendere confidenza con la propria situazione, senza ansia ma con la giusta consapevolezza. Anche perché la fuori il il futuro sta arrivando rapidamente e ci sono almeno quattro problemi che i giovani, ma non solo loro dovranno tenere a mente quando si parlerà delle loro pensioni.

Quali?
Globalizzazione, invecchiamento, digitalizzazione e intelligenza artificiale. Stanno creando effetti dirompenti sulla sicurezza delle professioni liberali. Due bambini su tre che iniziano la scuola nel 2019 faranno un lavoro che ancora non è stato concepito. L’automazione farà passi da gigante. Ma per fortuna rimarrà sempre una qualità dell’uomo.

Ecco, rassicuriamo chi ci legge.
Esistono algoritmi più veloci nel revisionare contratti di lavoro o fare diagnosi. Ma ma l’empatia, la capacità di stare vicino a chi soffre con competenze e deduzione non sono superabili da una macchina. Il robot può essere più bravo con lo schedario mentale e in grado più velocemente di mettere insieme le ipotesi. Dobbiamo lasciare che le macchine facciano le macchine e gli umani facciano gli umani. E magari tassare i robot, come ha proposto Bill Gates.

E magari dare quei soldi alle casse di previdenza, immagino.
Sì, ma non solo. La sfida del futuro è collegare la creazione di valore data dall’automazione a sistemi di protezione sociale. E in questo discorso rientrano anche le web tax ai giganti della tecnologia: a ogni euro fiscalmente rilevante bisogna assegnare una quota in previdenza obbligatoria. Visto che ci piace l’inglese chiamiamolo una “web contribution” per le pensioni sociali.

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