Anche in Giappone le donne hanno cominciato a puntare i piedi, anzi: i tacchi. Con lo slogan #KuToo, è partita la loro piccola ma concreta rivoluzione: contro l’obbligo di indossare scarpe con i tacchi in ufficio o durante i colloqui di lavoro.
Gli uomini sono obbligati a indossare l’abito, le donne anche – ma senza la necessità della cravatta. Da loro, però, ci si aspetta che indossino i tacchi. Non quelli alti, chiaro (è pur sempre un posto di lavoro), ma quelli di media altezza. La scarpa senza tacco, comoda e utile, è considerata “casual”, da indossare nel tempo libero o in occasioni rilassate. Quando si lavora o, peggio ancora, quando si cerca lavoro e si è costretti a camminare ore da un ufficio all’altro della città, il tacco è d’obbligo.
Da qui la protesta: la scarpa non è comoda, i chilometri sono tanti, l’effetto sui piedi è doloroso e cruento.
A questa ragazza, per esempio, è bastato camminare per cinque minuti dalla stazione di Osaka perché il suo piede restasse ferito. “I tacchi”, dice, “sono il corrispettivo contemporaneo del loto d’oro” [la pratica cinese di deformare, fin da bambine, il piede delle ragazze perché risultasse più piccolo e aggraziato]. “È un errore obbligarle a indossarli. Dicono che è una questione di buone maniere? Piuttosto è una questione medica”.
Ed è partito l’ashtag #KuToo, derivato da Kutsu, parola giapponese che significa “scarpe”, seguito da “too”, in evidente richiamo al movimento nato in America contro l’harassment sul posto di lavoro.
I like sono stati tanti, i retweet pure. Anche se, come sempre, è arrivato qualche utente mansplainer sempre pronto a difendere il sistema di potere in vigore e ha fatto notare che, forse forse, il problema non era tanto del tacco, quanto del numero della scarpa. Un segno così evidente, osserva, accade quando si indossano scarpe troppo strette o non adatte alla conformazione scheletrica del piede (ognuno, è bene che si sappia, ha la sua).
Altri ancora hanno notato che in molti uffici sono presenti armadietti apposta per cambiare scarpe: si arriva indossando le sneaker, si lavora con i tacchi. Ma non basta: la rivoluzione è appena cominciata e non basteranno misure palliative a fermarla.