I fondi di investimento lo aggiungono al loro nome per togliersi l’etichetta di squali della finanza. Gli investitori sensibili all’impatto dei progetti sull’ambiente lo considerano il requisito primario per decidere se prestare il loro denaro. E le istituzioni mondiali sperano sia l’uovo di colombo per rendere la finanza responsabile per la società e l’ecosistema. Gli Esg, Enviromental Social governance, sono la nuova moda degli investimenti. Ma rischia di diventare solo una strategia di marketing. Questo acronimo negli ultimi anni sulla bocca di tutti i consulenti finanziari è un’etichetta che certifica l’approccio sostenibile e responsabile di un portafoglio di investimenti. I gestori di un fondo Esg promettono di investire in aziende e start up che avranno un impatto positivo sull’ambiente e la società e, perché no, dare anche un buon rendimento.
Cambiare la mentalità della finanza ancora vicina per molti al mantra di Gordon Gekko che in Wall Street diceva “l’avidità è giusta” non è facile. Il primo passo di questa traversata nel deserto l’ha fatto Kofi Annan. L’allora segretario generale dell’Onu nel 2004 scrisse ai Ceo di 55 istituzioni finanziarie invitandoli a indirizzare i loro finanziamenti verso politiche di impatto sull’ambiente e sulla società. Il primo Green Bond di grande impatto l’ha creato la Banca europea degli investimenti nel 2007. Poi è iniziata una inesorabile crescita. Dal 2013 a oggi gli investimenti nei fondi Esg sono aumentati del 27% in tutto il mondo e del 56% nella sola Europa. Ma negli ultimi mesi l’interesse è aumentato, complice anche un risveglio generale dell’opinione pubblica sul tema del cambiamento climatico.
Non si investe in Esg per avere un impatto positivo sulla società o sull’ambiente ma è l’investire nella comunità a portare benefici al capitale. Le imprese devono farlo per integrarsi ed essere accettate. Non è solo un ritorno di immagine, ma anche finanziario.
Anche per questo la società Valore, specializzata nella consulenza delle casse di previdenza e i fondi sanitari, ha deciso di dedicare agli Esg una tre giorni che si è svolta a Borgo Egnazia, a metà esatta tra Bari e Brindisi. «Secondo noi questo tema è un po’ banalizzato. Quando si parla di Esg si parla di investimenti che hanno un impatto ambientale ma non è solo questo. L’acronimo indica anche un approccio basato una governance di buone pratiche che abbiano un impatto positivo sull’ambiente circostante. Ovvero attuare investimenti con il profilo del buon padre di famiglia», spiega Stefano Ronchi amministratore delegato di Valore. «Per questo facciamo degli eventi del genere per fare cultura sul tema. Esg non non è la panacea a tutti gli scandali finanziari, ma sta diventando un tema di grande attualità».
La scelta della più grande società di investimento nel mondo, la Blackrock. di investire 35 miliardi in fondi Esg e preventivarne altri 400 entro il 2030, ha destato la curiosità del mondo finanziario. Forse anche per questo Davide Casaleggio ha deciso di parlare degli Esg al Forum Valore. Sul palco il numero uno del Movimento Cinque Stelle ribalta la prospettiva: «Non si investe in Esg per avere un impatto positivo sulla società o sull’ambiente ma è l’investire nella comunità a portare benefici al capitale. Le imprese devono farlo per integrarsi ed essere accettate. Non è solo un ritorno di immagine, ma anche finanziario perché si vedono i benefici nel lungo periodo». Casaleggio quindi consiglia l’investimento in Esg per ragioni pratiche, più che etiche, un tema sempre più importante per le giovani generazioni «Ormai i baby boomers hanno raggiunto il picco. I millennials sono la nuova generazione in espansione e sono più sensibili all’impatto dei progetti e delle aziende sulla comunità».
La finanza sostenibile assicura sempre un rendimento, non è una donazione a fondo perduto. La differenza è che nei progetti Esg l’investitore è disposto a rischiare di avere un rendimento più basso del mercato o addirittura di non averlo, pur di avere la certezza di un impatto ambientale o sociale
C’è tanta attenzione del mercato sugli Esg ma la definizione è troppo ampia. Anche per questo la Commissione europea sta pensando di introdurre un marchio per la seconda metà del 2019. Perché il rischio è che diventi un’etichetta usata per marketing. «Esg si può declinare in modi diversi, ma per definirlo tale ci deve essere l’intenzione del fondo e degli investitori di finanziare progetti solo per lo scopo sociale o ambientale» spiega Mario La Torre, professore all’Università La Sapienza di Roma. «Chiariamo una cosa: la finanza sostenibile assicura sempre un rendimento, non è una donazione a fondo perduto. La differenza è che nei progetti Esg l’investitore è disposto a rischiare di avere un rendimento più basso del mercato o addirittura di non averlo, pur di avere la certezza di un impatto ambientale o sociale».
Tra i corridoi del forum di Borgo Egnazia, sono gli operatori del settore ad avere qualche dubbio, non tanto sulla bontà degli Esg, quanto sulla sua fattualità in Italia. I millennials saranno la generazione del futuro ma i soldi da investire per ora non ne hanno molti. Gli investitori rimangono per la maggior parte pensionati o ricchi ed entrambe le categorie appartengono alla generazione dei baby boomer più sensibile ad avere rendimenti vantaggiosi che a far bene alla comunità. Perché alla fine è questo il lavoro dei consulenti: impiegare i soldi degli investitori in asset che generino rendimento. Ed forse per questo che i fondi Esg si rivolgono più agli investitori istituzionali piuttosto che i retail, ovvero gli investitori privati.
«Siamo indietro rispetto a Paesi come la Francia sugli Esg perché il problema è culturale. Prima bisogna creare una sensibilità nei cittadini», spiega Casaleggio a Linkiesta «Se loro sono consapevoli dell’impatto positivo di questi investimenti si può creare consenso che permetterà alle istituzioni di rischiare. Si tratta di una battaglia culturale a mio avviso vincente per le aziende nel lungo periodo. Sono cresciuto a Ivrea e ho visto come la Olivetti è riuscita a far andare di pari passo l’innovazione e l’impatto positivo sulla comunità. Uno non esclude l’altro».