Acqua in boccaLa legge sull’acqua pubblica? Non passerà mai (ma non ditelo ai Cinque Stelle)

Osteggiatata dagli amministratori locali della Lega, la proposta di legge Daga (a sua volta figlia del lavoro di numerose associazioni) è stata fatta diventare una bandiera pentastellata. Peccato che la dialettica interna alla maggioranza ne farà strame

Da più di tre mesi la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati lavora alla legge sulla gestione pubblica dell’acqua. Decine di audizioni hanno passato al setaccio un provvedimento che arriva da lontano: da una grande mobilitazione per una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare, celebrata da un referendum. Nel 2011 gli italiani chiedevano una legge che stabilisse il fatto che l’acqua non è un bene mercificabile ma una risorsa preziosa e comune. Una legge fortemente voluta dal Presidente della Camera Roberto Fico, che deve a questa battaglia la sua ascesa politica, fino a stabilirne con una riunione dei capigruppo l’approdo urgente in Aula.

Fin qui tutto bene.

Il problema però si pone se decidi di andare al Governo con la Lega di Matteo Salvini che sulla gestione dell’acqua è di tutt’altro avviso. Certo la legge sull’acqua era prevista nel Contratto di Governo ma abbiamo imparato in questi mesi che tra il dire e il fare, tra le promesse e i fatti, c’è il mare; e anche gli equilibri di un Governo basato su una contrattazione continua: una legge a me ed una a te, fermo restando che comanda la Lega. Lo abbiamo visto sul Tap, sulla Tav, sui fanghi in agricoltura ora sembra essere giunta l’ora dell’acqua.

Il progetto di legge assunto come testo base in commissione Ambiente alla Camera è a firma della deputata Federica Daga (escludendo così qualsiasi mediazione con il testo a firma della deputata del Pd Chiara Braga) ed è stato celebrato dai pentastellati come “una vittoria della democrazia”, visto che una di quelle cinque stelle proprio l’acqua pubblica rappresenta.

Peccato però che quel testo non è di proprietà del Movimento 5 Stelle e soprattutto è un testo che avrebbe bisogno di un’ampia discussione e convergenza. Innanzitutto il testo sull’acqua pubblica è quello proposto dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua e spiace che i Cinque Stelle abbiano voluto appropriarsene. Molti di noi presenti oggi in Parlamento hanno partecipato alla raccolta delle firme per questa legge di iniziativa popolare, così come ci siamo impegnati sul fronte referendario. Sul provvedimento doveva esserci un tentativo di dialogo e trasversalità, magari con un intergruppo dedicato. La gestione pubblica dell’acqua non deve diventare una bandiera di parte ma ha invece bisogno di una legge il più possibile condivisa che tenga conto, ad esempio, delle possibili conseguenze occupazionali della riforma del settore idrico, o che chiarisca fino in fondo come dovrebbe avvenire il passaggio di consegne da Arera al Ministero dell’Ambiente. Sarebbe poi necessario aprire un dibattito serio rispetto alla possibilità di fare ricorso, per coprire i costi di trasformazione da privato a pubblico, alla fiscalità generale (nuove tasse o nuovi tagli?); mentre sarebbe stato possibile iniziare a spostare parte dei sussidi alle attività inquinanti, censiti dal Mattm, per gestire i cambiamenti proposti.

La gestione pubblica dell’acqua non deve diventare una bandiera di parte ma ha invece bisogno di una legge il più possibile condivisa che tenga conto, ad esempio, delle possibili conseguenze occupazionali della riforma del settore idrico

Insomma bisognava riconoscere il ruolo utile del Parlamento ed invece si è scelto di farne legge di bandiera; una bandiera di parte che probabilmente verrà stracciata dagli equilibri di Governo. E infatti in Commissione il testo Daga ha ricevuto oltre 250 proposte di modifiche, tra cui quelle più pesanti proprio a firma dell’alleato di Governo. Alcuni degli emendamenti della deputata leghista Lucchini infatti, in sole tre mosse, svuotano dall’interno il provvedimento chiedendo di sopprimere nell’art. 1 la parola “pubblica”, di escludere dal provvedimento gli impianti idroelettrici e infine di togliere di mezzo il concetto di “non mercificabile”. Insomma la Lega questo provvedimento proprio non lo vuole, e il nodo è locale ma fortemente politico: per il partito di Salvini è fondamentale non deludere gli amministratori dei Comuni del nord che, preoccupati dal provvedimento, fanno notare come gli effetti maggiori si avrebbero proprio dove il servizio idrico funziona meglio. Oggi il servizio idrico può essere gestito dall’ente locale (in modo diretto) oppure con affidamento a una società interamente pubblica, a una privata o a una mista pubblico-privata. Al termine dell’affidamento, il gestore deve trasferire le infrastrutture al Comune o al nuovo gestore, che riconosce gli investimenti sostenuti non ancora rimborsati dal sistema tariffario. In Italia, il 97% della popolazione è servito da soggetti a matrice pubblica: 85% da società totalmente pubbliche o a maggioranza di controllo pubblica; 12% da Comuni che gestiscono direttamente il servizio; l’1% da società miste a maggioranza privata, il 2% è servito da società interamente private.

Insomma una cosa è certa, nella giornata mondiale dell’acqua, la legge sulla gestione pubblica dell’acqua non arriverà in Aula lunedì 25 marzo come invece era scritto da programma. L’espediente formale è che mancano le relazioni tecniche di Mattm e Mef che la Commissione Ambiente attende da settimane. In realtà quello che manca è la tenuta del Governo e la capacità da parte del Movimento 5 stelle di cercare maggioranze più ampie su provvedimenti pure condivisibili e con una grande popolarità di supporto. Questa è la verità, ma acqua in bocca…non ditelo ai grillini!

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