Morire per l’aria che si respira. L’Organizzazione mondiale della sanità stima che ogni anno circa 8 milioni di decessi siano attribuibili all’inquinamento atmosferico, sia in locali chiusi (4,3 milioni), sia all’aperto (3,7 milioni). Si tratta dello 0,1% della popolazione mondiale che sconta, soprattutto nei Paesi a basso medio reddito, l’utilizzo di combustibili come legna, carbone e residui organici in apparecchi privi di sistema di abbattimento delle emissioni. Il cosiddetto inquinamento outdoor, cioè all’aria aperta, è un fenomeno che tocca invece anche i Paesi dell’Europa occidentale, Australia e Stati Uniti, «nonostante – scrive l’Istituto superiore per la protezione ambientale (Ispra) – i progressi ottenuti in queste aree del pianeta nella riduzione delle emissioni di origine industriale e da traffico veicolare».
Una situazione che tocca da vicino l’Europa, tanto che la stessa Agenzia europea per l’ambiente ha stimato che in Italia le morti premature da esposizione a lungo termine a polveri sottili (Pm10 e Pm2.5), biossido di azoto (No2) e ozono (O3) superino quota 80.000. Se gli edifici risultano essere i maggiori produttori dei primi, i secondi arrivano soprattutto da traffico veicolare, impianti di riscaldamento civili e industriali, centrali per la produzione di energia e un ampio spettro di processi industriali.
Recentemente a rilanciare l’allarme sullo stato dell’aria nel nostro Paese è stato l’International Council on Clean Transportation (Icct), la stessa organizzazione no profit che portò alla luce lo scandalo “Dieselgate”. Per l’Icct, che ha analizzato 184 Paesi nel mondo, l’Italia si trova al nono posto per i decessi causati da gas e polveri sottili: le uniche due città in classifica sono Torino e Milano. Qui, hanno spiegato durante la presentazione del rapporto i ricercatori, l’inquinamento atmosferico è inferiore rispetto a centri urbani come Pechino o Delhi, ma a Milano e Torino è stato significativo l’impatto degli scarichi dei veicoli. Per l’Icct, nel 2015 poco meno del 40% a Milano e del 37,5% a Torino delle morti premature per inquinamento è attribuibile allo smog provocato dai trasporti. A conti fatti sono 25 persone ogni 100mila abitanti per il capoluogo lombardo e 23 per quello piemontese.
Dati sufficienti per spiegare le due procedure di infrazione che l’Italia ha rimediato in sede europea sia per gli sforamenti del Pm10, sia per il biossido di azoto. Non fosse abbastanza, il tema dell’impatto ambientale negli ultimi anni sta crescendo l’attenzione verso gli impatti economici di una qualità ambientale scadente. Da una parte il costo di mercato dell’inquinamento include una riduzione della capacità lavorativa, mentre dall’altra oltre alla perdita e la degradazione di risorse naturali e terreni impatta sulla spesa sanitaria dei Paesi che devono far fronte a sintomi che spesso sfociano in malattie croniche che richiedono ospedalizzazioni frequenti. Nel settembre 2018, una relazione della Corte dei conti europea ha sottolineato che «le diseconomie relative alla salute causate dall’inquinamento atmosferico raggiungono in totale una cifra compresa tra i 330 e i 940 miliardi di euro all’anno». Motivo per prestare attenzione sia alle emissioni provenienti dal traffico veicolare, ma anche a quelle industriali e derivanti dall’agricoltura, realtà che nella pianura padana prosperano e producono.
La stessa Corte, che svolge una funzione di controllo sulle azioni degli organismi parlamentari europei, ha rilevato come «molte politiche dell’Ue hanno un impatto sulla qualità dell’aria ma, considerati i significativi costi economici e umani, la Corte ritiene che alcune di esse non tengano ancora sufficientemente conto di quanto sia importante migliorare la qualità dell’aria. Clima ed energia, trasporti, industria e agricoltura costituiscono le politiche dell’Ue con un impatto diretto sulla qualità dell’aria e le scelte effettuate per darvi attuazione possono essere pregiudizievoli per un’aria pulita. La Corte – concludono gli autori della relazione speciale – ha constatato che i finanziamenti dell’Ue per la qualità dell’aria possono fornire un sostegno utile, ma che i progetti finanziati non sempre erano sufficientemente ben mirati». Utile dire come l’Italia di questi fondi, stanziati per clima e ambiente, sia con i suoi 19 miliardi di euro a disposizione il principale beneficiario europeo su una dotazione totale di 162 miliardi.
Lo smog è un problema continentale, ma il caso della Lombardia è inaccettabile: di fronte a livelli di inquinamento tra i più alti in Europa, la Regione sta agendo in ritardo, in maniera inadeguata e senza coinvolgere i cittadini che soffrono gli impatti sulla loro pelle
Il tema è caldo anche a livello comunitario, mentre in Italia si sta attendendo la pronuncia del Tar della Lombardia dopo il ricorso della Onlus Cittadini per l’Aria, che ha chiesto alla giustizia amministrativa di imporre «nuove e più incisive misure per la pianificazione sull’aria e, in particolare, il Piano regionale degli interventi per la qualità del’aria (Pria) di recente approvazione». Per la Onlus, il Pria approvato lo scorso agosto «è molto lontano dall’avere un livello di ambizione sufficiente ad affrontare i livelli di inquinamento in Lombardia con i dovuti mezzi e la necessaria determinazione». L’azione, sostenuta dall’organizzazione europea ClinetEarth, ha spiegato l’avvocato Ugo Taddei, «si inserisce in un quadro europeo più ampio di lotta all’inquinamento atmosferico con vittorie ottenute nei tribunali di molti altri paesi, tra cui Germania, Regno Unito, Francia e Polonia. Lo smog è un problema continentale, ma il caso della Lombardia è inaccettabile: di fronte a livelli di inquinamento tra i più alti in Europa, la Regione sta agendo in ritardo, in maniera inadeguata e senza coinvolgere i cittadini che soffrono gli impatti sulla loro pelle». Lo scorso 12 marzo i giudici amministrativi hanno chiuso il ciclo di udienze per prendere una decisione entro 45 giorni.
Non è sufficiente l’azione del comune di Milano, che ha di fatto attivato la più grande Zona a traffico limitato italiana e la seconda d’Europa. Nonostante, soprattutto grazie al progresso tecnologico, i livelli di Pm10, Pm2,5 e No2 nelle aree urbane sia diminuito negli ultimi dieci anni, i dati (2017) rivelano come le concentrazioni di Pm10 e Pm2.5 sono nettamente cresciute su tutto il territorio regionale in confronto all’anno precedente. Il numero dei giorni di sforamento per il Pm10 è aumentato a Milano di 24 giorni (da 73 a 97), a Bergamo di 20 giorni (da 61 a 81) e a Brescia di 18 giorni (da 82 a 100). A maggior ragione i piani aria delle regioni della pianura padana devono necessariamente essere più ambiziosi e praticabili di altri.
Di sicuro c’è un effetto percepibile anche a pelle: uno studio dell’Ispra condotto su 14 città metropolitane rivela come la temperatura media sia in crescita. «In tutte le 14 Città metropolitane – scrive l’Istituto – il numero di giorni nei quali la temperatura massima giornaliera si trova al di sopra della soglia di 25 gradi centigradi; mentre in 13 delle Città metropolitane aumenta il numero di giorni nei quali la temperatura minima giornaliera si trova al di sopra della soglia di 20 gradi centrigradi». «In particolare – conclude lo studio – le onde di calore, oltre a un notevole impatto dal punto di vista economico, hanno causato in Europa decine di migliaia di morti premature dal 2000 ad oggi. Nello scenario ad alte emissioni si prevedono, nella seconda metà del ventunesimo secolo, episodi di caldo di intensità uguale o superiore a quella delle onde di calore degli ultimi anni, con frequenza biennale». Un pericolo per la salute e le risorse idriche e agricole.