Lo scontro duro con l’Europa, le misure economiche azzardate, le previsioni di crescita ottimistiche in barba a tutti gli istituti economici internazionali e la perenne campagna elettorale del governo gialloverde si sono basate su un’unica scommessa politica: trionfare alle elezioni europee per cambiare i membri della Commissione. Così l’Italia potrà tornare a sforare il tetto del 3% e fare quegli investimenti, a deficit, che secondo il governo faranno ripartire l’economia Italiana. Ma non sarà così. Perché Lega e Movimento Cinque Stelle stravinceranno Italia ma in Europa continueranno a contare poco o nulla. Il grande ostacolo per i due alleati di governo e i loro sogni di gloria si chiama realpolitik. E i rapporti di forza non cambieranno a favore dei sovranisti, così come la posizione dell’Italia: sempre più isolata.
Non serve la sfera di cristallo per dirlo, bastano gli ultimi sondaggi sulla prossima composizione del Parlamento europeo presentati ieri in anteprima da Philipp Schulmeister, capo dell’unità di monitoraggio di Eurobarometro, durante il festival del giornalismo di Perugia. Le proiezioni dicono due cose: primo, il partito popolare europeo (188) e il gruppo dei socialisti e democratici (142) per la prima volta dal 1984 non avranno da soli la maggioranza dei seggi al Parlamento europeo. Per avere la guida dell’Europarlamento avranno bisogno dell’appoggio dei liberali di Alde (72) e dei Verdi europei (51). Secondo: l’onda sovranista annunciata da mesi non ci sarà. L’eurogruppo “Europa delle nazioni e delle libertà” di cui fanno parte la Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement national di Marine Le Pen dovrebbe arrivare a malapena a 61 seggi, mentre il gruppo di cui al momento fa parte l’M5S dovrebbe ottenerne circa 30. Tradotto: nella migliore delle ipotesi Salvini sarà a capo del quarto partito nell’Europarlamento mentre i Cinque Stelle se manterranno le alleanze stabilite alla vigilia non riusciranno nemmeno a formare un eurogruppo da soli. Con novanta seggi su 751 non si fa la rivoluzione.
L’obiettivo dei sovranisti europei è di superare quota 120-130 europarlamentari sperando in un crollo dei socialisti per portare un po’ più a destra il partito popolare. Salvini sogna di ripetere lo stesso exploit del Partito Democratico che nel 2014 forte del 40,8% dei voti diventò il partito nazionale più rappresentato a Strasburgo e da quella posizione di forza potè influenzare la composizione della Commissione. Renzi usò quel capitale politico male, col senno di poi, accontentandosi di ottenere per Federica Mogherini la carica di Alto rappresentante dell’Unione europea, ruolo di prestigio ma inutile per i conti nazionali, e un po’ di flessibilità. Anche ammettendo che Salvini riuscisse a prendere da solo il 40%, a differenza del Partito Democratico sarebbe all’opposizione e rimarrebbe il partito più forte della minoranza. E l’unica cosa che potrebbe scegliere senza problemi sarebbe il presidente del suo eurogruppo. Briciole di potere.
Orban era considerato da molti il possibile trait d’union per spostare più a destra il Ppe in una coalizione con i sovranisti ma visti gli ultimi sondaggi non avrebbe alcun vantaggio a lasciare il Ppe per diventare un partito minoritario nell’eurogruppo a trazione leghista
Le proiezioni del Parlamento europeo non sono l’unica preoccupazione di Matteo Salvini che da settimane sta cercando di riunire tutte le destre nazionaliste europee in un’unico raggruppamento senza successo. Per ora ha solo l’appoggio di Le Pen che ha dato mandato al segretario della Lega di guidare la coalizione e l’adesione dei tedeschi di Alternative Fur Deutschland. Mancano però gli altri partiti nazionalisti di peso. Né i polacchi di Diritto e Giustizia né gli ungheresi di Fidesz vogliono far parte di una coalizione apertamente sovranista e perdere le loro rendite di potere. Il premier ungherese Viktor Orban probabilmente diserterà l’incontro dell’8 aprile a Milano per dare un segnale di distensione ai vertici del partito popolare europeo che hanno rinviato la decisione di espellere o meno Fidesz dal Ppe a dopo le europee. La tregua fa bene a entrambi. Il Ppe potrà contare sui voti del partito ungherese per confermarsi primo partio e Orban potrà godere della sua posizione strategica e continuare la personale battaglia per influenzare dall’interno la prossima Commissione. Non a caso il leader ungherese da molti è considerato il possibile trait d’union per spostare più a destra il Ppe in una coalizione con i sovranisti ma visti gli ultimi sondaggi Orban non avrebbe alcun vantaggio a lasciare il Ppe per diventare un partito minoritario nell’eurogruppo a trazione leghista.
Anche Jaroslaw Kaczynski, l’uomo forte del governo sovranista polacco che non apprezza la posizione filorussa della Lega ha rinunciato a una possibile alleanza offerta senza successo dal leader della Lega a gennaio. In questo spazio politico si è infilata la presidente di Fratelli D’Italia Giorgia Meloni che ha sorpassato a destra Salvini incontrando due giorni fa a Varsavia Kaczynski proponendo ai polacchi di rimanere nel gruppo dei riformisti e conservatori per essere loro a spingere a destra il Ppe « I veri sovranisti siamo noi, loro sono populisti. Vogliamo costruire una nuova maggioranza in Europa che vada dai popolari ai populisti con noi dei Conservatori e Riformisti a fare da ponte. È un bene che Orbàn sia rimasto nel Ppe perché spinge nella nostra direzione», ha chiarito la leader di Fratelli d’Italia. Non solo perché il gruppo dei riformisti e conservatori è considerato più moderato e quindi in grado di formare un’alternativa credibile, ma anche perché tra Meloni, Kaczynski e Orban c’è una sintonia su come risolvere in due parole il problema dell’immigrazione: blocco navale.
Se la Lega piange, il Movimento Cinque Stelle non ride. L’obiettivo di Di Maio era quello di allearsi con partiti irrilievanti per avere mano libera dopo le elezioni europee e fare da ago della bilancia per la formazione della nuova maggioranza all’Europarlamento. Anche per mandare un segnale ai possibili alleati europei, ieri il capo politico M5S ha detto che la Lega si allea con chi nega l’Olocausto, riferendosi ad Alternative fur Deutschland. Ma il tentativo sembra essere andato a vuoto. Non solo perché l’attacco è risultato poco credibile, visto che un membro di Afd, Jörg Meuthen è il vicepresidente del gruppo “Europa della libertà e della democrazia diretta”, quello del Movimento 5 stelle, ma anche perché socialisti ed europei hanno già due possibili stampelle, verdi e liberali che a più riprese hanno chiuso a una possibile alleanza con i Cinque Stelle. Prima il leader di Alde, Guy Verhofstadt ha definito il presidente del Consiglio Conte «un burattino», poi la leader dei verdi Ska Keller ha detto: «I Cinquestelle hanno un’impostazione nazionalista e governano con Salvini. Non vedo le basi per una alleanza con loro in Europa».