Folle burocrazia: niente Ape Sociale se hai una pensione estera di 40 euro

Sono almeno 200 gli italiani vicini alla pensione, con i requisiti per l’accesso all’Ape Sociale, che si sono visti respingere o revocare la domanda perché beneficiari di piccole pensioni estere, anche di 30 o 40 euro

C‘è chi fuori dall’Italia ha fatto l’operaio, l’impiegato o il magazziniere per qualche anno. Magari da ragazzo, per poi tornare in Italia. Ma ora, dopo 40-50 anni, per “colpa” di una piccola pensione estera anche di 30-40 euro mensili, si vede revocare l’assegno da 1.500 euro dell’Ape sociale, l’anticipo pensionistico dell’Inps destinato ai lavoratori che si ritrovano in una delle quattro condizioni di bisogno previste (disoccupazione, assistenza ai familiari, disabilità e lavori usuranti) e che abbiano 63 anni d’età e 30 o 36 anni di contributi. Sono circa 200 (ma potrebbero essere molti di più) gli italiani vicini alla pensione, con i requisiti per l’accesso all’Ape, che hanno ricevuto dall’Inps il diniego o la revoca della misura perché beneficiari di piccole pensioni erogate da altri Paesi. Ritrovandosi così con pochi spiccioli in mano solo per aver avuto una breve parentesi lavorativa fuori dai confini italiani.

In una circolare del 2017, l’Inps ha stabilito che «non possono conseguire l’Ape sociale i titolari di un trattamento pensionistico diretto conseguito in Italia o all’estero», anche se modesto. Pur ammettendo però, per evitare di allargare troppo la platea dei beneficiari, che il requisito contributivo dei 30-36 anni non può essere raggiunto cumulando i contributi maturati all’estero. Secondo l’Inps, l’Ape «non è una pensione ma un’indennità per il calcolo della quale, in presenza di più gestioni, trovano applicazione criteri propri, diversi da quelli stabiliti dal legislatore per gli istituti di “cumulo dei periodi assicurativi” che si azionano all’atto del pensionamento». E quindi l’Ape è «fuori dal campo di applicazione sia dei regolamenti Ue sia delle convenzioni bilaterali». Conclusione: la pensione estera esclude l’Ape. Punto.

Così c’è chi si è visto respingere la domanda per assegni anche di 30-40 euro erogati da enti previdenziali esteri. Chi ha ricevuto la lettera in cui si dice di dover rimborsare della quota. E chi, raggiunti i 65 anni, l’età media per la pensione di vecchiaia nei Paesi Ue, il giorno dopo si è visto rimpiazzare i 1.500 euro dell’indennità dell’Inps con una pensione straniera anche di 100-150 euro al mese.

C’è chi, raggiunti i 65 anni, l’età media per la pensione di vecchiaia nei Paesi Ue, il giorno dopo si è visto rimpiazzare i 1.500 euro dell’indennità dell’Inps con una pensione straniera di 100-150 euro al mese

Il signor Francesco, ad esempio, da giovane ha lavorato per cinque anni in Svizzera come dipendente di un’azienda elettronica. «Per colpa di una pensione di 285 franchi al mese, poco più di 250 euro, mi hanno respinto la domanda di Ape sociale», racconta. E chi, come lui, ha presentato ricorso amministrativo contro la revoca o il diniego, si è visto respingere il ricorso dai comitati provinciali dell’Inps. «Stravolgendo così», dicono gli interessati, «il decreto del 2017 che ha istituito la stessa Ape sociale, oltre che i regolamenti europei sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale».

Dopo un’interrogazione in Commissione Lavoro della Camera dei deputati del 2017, l’Inps in realtà aveva aperto all’ipotesi di ammettere il cumulo dei contributi esteri nel caso in cui si fosse verificato un residuo di risorse disponibili, continuando però a escludere dal beneficio dell’Ape Sociale i titolari di una pensione estera. I due strumenti, secondo l’istituto di previdenza, restano quindi incompatibili, nonostante una sentenza della Corte di Giustizia europea stabilisca che non spetta all’Inps decidere quali prestazioni possono essere incluse o escluse sul fronte della sicurezza sociale.

L’ultimo tentativo di cambiare le carte in tavola, per i pensionati, è stato fatto con il decretone con reddito di cittadinanza e quota cento. Qualche deputato si era preso in carico il compito di presentare un emendamento, ma nel fuggi fuggi per la conversione in legge non si è fatto in tempo. E con la proroga dell’Ape sociale per un altro anno voluta dal governo Conte, i casi di revoca aumenteranno. Tant‘è che ora in tanti pensano di ricorrere a una class action contro l’Inps. Anche perché, con le poche entrate a disposizione, potersi permettere un avvocato per molti è un lusso.