WaterlooGilet gialli, urne nere: Macron crolla, Le Pen vola e la Francia è sempre più anti-Europa

I segnali del disagio francese erano visibili da tempo: i gilet gialli, gli scontri di piazza, le sempre crescenti simpatie nelle elezioni locali. Il presidente francese ha tenuto ferma la linea e ha perso

Non era difficile capire, dopo 28 sabati consecutivi di proteste e violenze, che i gilet gialli non erano un nuovo movimento rivoluzionario, ma il sintomo di un malessere profondo e di un sentimento anti-sistema generalizzato, traversale ai partiti politici e alle classi sociali, unito soltanto nell’indicare il bersaglio e le presunte cause di mali e sofferenze collettive: il potere centrale, le élite, l’euro, l’Europa.

All’appuntamento elettorale, questo malessere e questi sentimenti anti-sistema si sono si sono rivolti all’unica forza che poteva naturalmente rappresentarli – il Rassemblement National di Marine Le Pen – voltando le spalle ai partiti storici e anche all’altra forza che aveva tentato di cavalcare la protesta, la sinistra radicale di Jean Luc Melenchon.

Era invece impossibile fare finta che la forza di Marine Le Pen non venisse da lontano e fosse ormai sempre più radicata nel Paese, tanto da diluire l’estremismo xenofobo e antisemita di Le Pen padre e conquistare giovani, operai, classi medie impoverite, persino qualche intellettuale e in definitiva tenere insieme la parte di elettori francesi che è speculare alla Lega di Salvini: sovranisti senza più parlare di uscita dall’euro, anti-immigrati senza apparire razzisti, popolari e fustigatori delle élite nazionali e delle burocrazie europee. La ricetta è facile, perché parla alla pancia: sicurezza, immigrazione, potere d’acquisto, tradotti in slogan e tweet.

Jean Marie Le Pen prese il 17% alle presidenziali del 2002, eliminando dalla corsa il premier socialista Lionel Jospin. Fu il primo segnale che il lepenismo aveva fatto breccia. Ma poi venne la sonora bocciatura del trattato costituzionale europeo. Il referendum fu anche uno smacco per l’allora presidente Jacques Chirac, ma il trattato non fu respinto solo dagli elettori di Le Pen: il no era trasversale ai partiti e coinvolgeva quella parte di repubblicani/gaullisti scettici verso l’Europa dai tempi del trattato di Maastricht, digerito a stento e con tanti rimpianti.

Da allora il Front National, oggi Rassemblement National (perché anche il maquillage conta), non ha fatto che progredire, diventando stabilmente il primo partito di Francia e drenando voti ai Repubblicani, ormai ridotti ai minimi termini anche per effetto di qualche fuga in direzione opposta, cioè verso il “centrismo” di Emmanuel Macron.

Di fronte alla sfida di Marine Le Pen, Macron ha scelto di tenere la rotta, di confermare le linee del proprio progetto politico, di spendersi in prima persona in difesa del progetto europeo e dell’immagine di una Francia europeista che risulta in buona sostanza frammentata e minoritaria

Anche la sfida delle presidenziali 2017 doveva continuare a fare riflettere, anziché essere archiviata, anche dai media, come la trionfale cavalcata di Macron, il più giovane presidente della storia repubblicana, il nuovo Bonaparte della riscossa francese. Ma quale cavalcata? E quale riscossa?

Al primo turno, Macron e Marine Le Pen erano quasi testa a testa. Se si conteggiano gli altri candidati e le astensioni, si constata che solo un francese su cinque aveva votato per Macron. Al secondo turno, il risultato fu scontato, ma Marine ottenne comunque un significativo 34 per cento.

Con il coraggio ai limiti del rischio e determinazione che gli è congeniale, Macron ha scelto di tenere la rotta, di confermare le linee del proprio progetto politico, di spendersi in prima persona in difesa del progetto europeo e dell’immagine di una Francia europeista che risulta in buona sostanza frammentata e minoritaria, non solo in cifre assolute, quanto nel cuore.

Le circostanze non l’hanno aiutato. La Germania di Angela Merkel non ha assecondato l’urgenza di rilanciare su basi nuove il progetto europeo per le prossime generazioni. Il vento sovranista ê spirato in tutta Europa. I gilet gialli gli hanno scavato la terra sotto i piedi. Marine Le Pen lo ha battuto e riapre i giochi per la prossima sfida presidenziale. Macron ha fatto la corsa del cavaliere solitario, le truppe francesi non lo hanno seguito. Non è ancora un presidente dimezzato, ma un leader europeo rimasto con il cerino in mano. Siccome ama la storia, dovrebbe sapere che dopo la Beresina, viene Waterloo.

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