Anniversari sconosciutiCento anni di rinascimento: ecco quando la Cina è diventata moderna (e perché la sua ascesa parte da lì)

Per lungo tempo gli intellettuali occidentali hanno ritenuto la Cina come incapace di innovare o di vivere il proprio “Rinascimento scientifico e umanistico”. Oggi i cinesi hanno fatto cambiare idea al mondo, ma questo processo di rinnovamento ha origini ben più remote

Tobias SCHWARZ / AFP

La scoperta delle “Americhe” e l’invenzione della stampa in Europa hanno cambiato radicalmente il mobilità di beni e informazioni nel mondo occidentale. L’uomo rinascimentale si liberava da vincoli materiali e cognitivi, catapultato in una nuova cultura rivoluzionaria, cosmopolita, artistica e scientifica. Attraverso il Rinascimento le intuizioni di Copernico, Galileo, Bruno, Keplero, Cartesio misero in discussione i dogmi del geocentrismo e dell’antropocentrismo. L’economia cresceva rapidamente e il mondo iniziava ad essere esplorato e conquistato su larga scala grazie a invenzioni rivoluzionarie come la stampa, la bussola, le mappe di Magellano e Mercatore, le armi da fuoco e la valuta cartacea.

Francis Bacon, pioniere dell’empirismo, riteneva che tali invenzioni fossero le base fondamentale che permise la rivoluzione scientifica. Tuttavia, la Cina ha prodotto gran parte dell’innovazione del Rinascimento europeo diversi secoli prima dei viaggi di Colombo e delle stampanti di Gutenberg. I cinesi inventarono la stampa durante la dinastia Tang, circa settecento anni prima degli europei, mentre sotto i Song, durante il nostro medioevo, erano il popolo più ricco, moderno, popoloso e specializzato del pianeta, a tal punto, che un secolo prima della scoperta delle Americhe, le flotte dell’ammiraglio musulmano Zhang He erano più avanzate e meglio equipaggiate di quelle di Colombo.

Fu dunque un periodo in cui il potere militare ed economico, la popolazione e la stabilità politica erano molto più progrediti della controparte europea. Per questo motivo la nostra storia è ricca di autori che si domandano perché con il suo enorme potere, il “Rinascimento cinese” non sia stato in grado di scatenare una rivoluzione culturale, scientifica e industriale endogena come quella vissuta dal vecchio continente.

La Cina ha prodotto gran parte dell’innovazione del Rinascimento europeo diversi secoli prima dei viaggi di Colombo e delle stampanti di Gutenberg. I cinesi inventarono la stampa durante la dinastia Tang, circa settecento anni prima degli europei

La trappola della stabilità e la stagnazione confuciana
Per lungo tempo la risposta fornita dalla gran parte degli intellettuali occidentali ha considerato la società cinese come stagnante e incapace di innovare scientificamente. In particolare, veniva biasimato il culto confuciano, il quale esclude la scienza dai suoi classici, in cui l’eccessivo pragmatismo porta a sminuire “i misteri della vita e della natura”, e per cui i commercianti erano l’ultimo scalino della piramide sociale.

Lo storico Mark Elvin fornisce invece una soluzione meno discriminatoria, da lui definita “trappola della stabilità”. Secondo Elvin, il grande equilibrio socio-economico vissuto dai mandarini in quel momento storico ha reso l’innovazione poco accattivante o profittevole, mentre la crisi e il forte sbilanciamento tra domanda e offerta in Europa, hanno portato la società a “smettere di imitare il passato”.

Oggi la Cina ha fatto cambiare idea al mondo tornando ad essere un leader globale, ma la consapevolezza di spezzare con il passato e lo stesso processo di rinnovamento che ne è scaturito, furono concepiti con le invasioni occidentali e le guerre dell’oppio, entrarono in gestazione in seguito alla caduta dell’impero nel 1911 e vennero alla luce esattamente 100 anni fa, il 4 maggio 1919.

L’umiliazione storica: dal Movimento Nuova Cultura al Movimento del 4 maggio
Tra il 1910 e il 1920 assistiamo allo sviluppo di un nuovo movimento culturale, che ha preso il nome di Nuova Cultura. Il movimento, ispirato da studiosi come Hu Shih, Chen Duxiu, Lu Xun, Li Dazhao e Zhou Zuoren, considerava anch’esso il classicismo conservatore del codice etico confuciano come causa della mancanza di innovazione. Così fu avviata un’era di riforma dei canoni culturali tradizionali, promuovendo innovazioni scientifiche e politiche occidentali con caratteristiche cinesi. La visione del movimento era orientata al futuro, con valori come l’uguaglianza politica e di genere, l’emancipazione individuale, la democrazia e il ripudio della struttura patriarcale della società.

Il movimento culturale divenne un movimento politico il 4 maggio, quando migliaia di studenti si riversarono in Piazza Tiananmen e nelle strade di Pechino per protestare contro il trattato di Versailles, che pose fine alla Prima guerra mondiale. I manifestanti erano principalmente contrari ai privilegi delle potenze straniere in Cina e alla situazione nello Shangdong, patria del maestro Confucio. Nonostante i cinesi contribuirono con 140mila uomini al fianco dell’Intesa, le precedenti colonie tedesche vennero trasferite sotto il controllo dell’’“invasore giapponese”.

Con epicentro all’università Beida e il coinvolgimento di altri 13 atenei di Pechino, la manifestazione si diffuse nelle maggiori città, “finendo per coinvolgere anche la borghesia urbana e gli operai impiegati nelle fabbriche straniere e cinesi”. E’ in questo momento che si afferma la narrativa dell’Umiliazione nazionale, tutt’ora parte dei programmi di studio dei giovani cinesi. Prima delle invasioni occidentali che portarono alle guerre dell’oppio, all’abolizione degli esami imperiali, alla rivolta dei boxer e alla caduta dell’impero, la Cina era il paese più ricco al mondo. Qui si radica la profonda volontà di riscatto che ad oggi è parte fondamentale della politica estera e del nazionalismo.

Il Rinascimento culturale cinese contro la tirannia dei classici
Il susseguirsi di tutti questi avvenimenti è considerato tra i principali punti di svolta che caratterizzano ciò che Hu Shih ha definito: “Rinascimento culturale cinese”.

Hu Shih era un letterato, tra i principali promotori del movimento Nuova Cultura e fondatore della rivista Gioventù Nuova. Grazie a lui venne avviata l’introduzione del cinese vernacolare in letteratura per sostituire il cinese tradizionale, facilitando la comprensione delle persone e avviando il processo di semplificazione linguistica e alfabetizzazione diffusa. Il significato di questo avvenimento per la cultura cinese fu epocale, “la tirannia dei classici era stata infranta”.

In cinese vi sono infatti due modi di riferirsi al rinascimento. Il primo è wenyi fuxing, il quale richiama un revival di arti e letteratura, una restaurazione dell’antica gloria. Il movimento del 4 maggio intende invece il Rinascimento come xinchao (“nuovo legame”), simbolo di progresso e innovazione al di fuori degli schemi passati. Per Hu il Rinascimento cinese è nato con la dinastia Tang ed è in continuo sviluppo come fenomeno endogeno e non estraneo alla Cina.

Alla base della sua filosofia c’era una visione pragmatica ed empirista del mondo, attuale nell’odierna leadership, la quale lo portò a sviluppare scritti che gli valsero una nomination per il Premio Nobel per la letteratura nel 1939.

La Nuova Cultura dopo la vittoria comunista del 1949.
Durante il maoismo la volontà di spezzare con il passato divenne ancora più intensa e brutale. Confucianesimo e pragmatismo furono messi totalmente da parte e si avviò un’era di “distruzione creativa” e imposizione ideologica contro i “4 vecchiumi”: vecchi costumi, vecchia cultura, vecchie abitudini, e vecchie idee. Un’invettiva che sfociò nella Rivoluzione culturale, in cui le nuove generazioni furono fomentate a sostituire con la forza la “gerontocrazia” e la quale, in soli 10 anni, riuscì a devastare il 72% del patrimonio storico e culturale di Pechino.

Tuttavia, nello stesso periodo, sull’isola di Taiwan in mano ai nazionalisti cinesi sconfitti da Mao, Cheng Kai-Shek dichiarò 10 obiettivi per l’aggiornamento dei valori confuciani nell’istruzione; la disseminazione della cultura cinese all’estero e la creazione di buoni rapporti con intellettuali di tutto il mondo; l’impegno pubblico per lo sviluppo culturale; la promozione del liberismo e dell’emancipazione individuale. Ironicamente, questi stessi punti appaiono molto vicini a quelli promossi dall’odierno governo di Pechino.

Tra Nuovo Rinascimento e Nuovo sogno cinese
Le narrazioni politiche costruite dai principali leader che hanno seguito Mao si rifanno tutte a nuove interpretazioni del Movimento del 4 maggio, ma al tempo stesso esaltano sia il passato maoista che quello confuciano, intendendo il rinascimento come una via di mezzo tra le due accezioni linguistiche del termine, tra “ristorazione dell’antichità” e “nuovi legami”. In questo legame si evince anche la crisi culturale e la continua ricerca dell’identità cinese nell’ultimo secolo.

Il Socialismo con caratteristiche cinesi formulato da Deng (1981-87) e il Grande Ringiovanimento di Jiang (1993-2003) parlano di rinvigorire la Cina attraverso il riscatto storico, culturale, politico ed economico nel mondo e lo fanno accomunando il socialismo al pragmatismo di Hu Shih e al neo-confucianesimo di Kang Youwei, in cui ciò che viene definito come “caratteristiche cinesi” si fonda sull’unica comunanza di valori che unisce le diversità interne alla Cina, ovvero il Confucianesimo. Persino molti degli studiosi cinesi che oggi parlano di democratizzazione, vedono una “democrazia confuciana” come unica alternativa possibile.

Hu Jintao e l’attuale presidente Xi Jinping hanno a loro volta accentuato questi tratti, passando da una “politica di basso profilo” e soft power, ad una vera e propria imposizione sull’arena internazionale. “Era della civiltà ecologica”, “Sviluppo Pacifico” e “Nuovo Sogno Cinese” sono i costrutti che vogliono traghettare la Cina verso il futuro e in cui l’innovazione non è più in contrasto col passato, ma ne diviene strumento di riscatto.

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