Il papa della letteraturaIl più bel personaggio di Camilleri? Camilleri stesso. Che è meglio dei suoi libri

Andrea Camilleri ha capito e messo in pratica in maniera egregia un “topos” di cui tutti ci ricorderemo: oltre ad essere stato drammaturgo provetto e un “papa“ della letteratura, è stato soprattutto l’anziano saggio di cui l’Italia ha bisogno

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Andrea Camilleri ha capito e messo in pratica in maniera egregia un “topos” del quale tutti noi, scrittori siciliani, siamo in qualche modo consapevoli. L’Italia (ma in qualche modo il mondo stesso) ha bisogno di un “saggio” e questo saggio è incarnato nello scrittore siciliano. Nello scrittore siciliano “vecchio”, per essere esatti.

Suppongo si tratti di un luogo comune (ma appunto, nel senso alto, di topos) che rimanda ai drammaturghi greci, tragediografi o commediografi, all’iconografia socratica, alla sapienza della magna grecia. Ma perché questo vecchio saggio si identifica, o addirittura si incarna, in un siciliano e non in un greco? Perché, al contempo, agisce un altro topos, di altrettanto vigore, quello del “grande vecchio”. Un anziano che conosce i segreti del mondo e che il nostro inconscio, situa, appunto, in Sicilia.

Andrea Camilleri è stato un grandissimo artigiano della parola, della drammaturgia, della sceneggiatura: i suoi inizi sono stati in teatro e nella trasposizione “sceneggiata” dei romanzi di George Simenon e dell’ispettore Maigret. E sembra quasi che Camilleri abbia sceneggiato la sua vita con anticipo (come la morte del suo Salvo Montalbano) rispettando date, età, topos appunto.

Camilleri sarebbe stato Camilleri se avesse raggiunto la fama da giovane? Non credo. L’immagine imberbe del giovane comunista si sarebbe stampata nel pubblico, mentre esso vuole appunto: Sciascia, Consolo, Bufalino. Vecchiezza, saggezza, sicilianità. Ma Camilleri ha “scritto” il suo colpo da maestro artigiano, un in più ai quali gli altri citati non erano arrivati. La cecità prima della morte, le frasi sul sogno, l’interrogativo “anziano” sull’eternità, e la sua identificazione finale con Tiresia, l’indovino cieco, messo in scena dove? Al teatro greco di Siracusa per l’appunto.

Non è Montalbano il suo personaggio principale: la sua “maschera” più importante è stata Andrea Camilleri stesso

La qualità di uno scrittore, si sa, consiste nel creare dei personaggi tridimensionali e nel costruire un “mondo”. Camilleri lo ha fatto. Ma non è Montalbano il suo personaggio principale: la sua “maschera” più importante è stata Andrea Camilleri stesso, l’Andrea Camilleri scrittore, vecchio, siciliano, cieco, con una morte a 93 anni che sembra il lento scivolare di un fiume nell’immensità del mare (per dirla con un altro topos).

Andrea Camilleri ha sempre detto quello che il pubblico si aspettava da lui, in questo un grande “profeta”, immaginava in anticipo quello che il lettore, lo spettatore, poteva desiderare e glielo forniva senza ripensamenti. Sta in questo il suo successo planetario.

Sciascia aveva le sue idiosincrasie, a volte litigava con chi non si doveva, aveva un “carattere” non una “maschera”, e il carattere, ossia lo stile, non sono internazional-popolari. Bufalino covava un elitarismo barocco. Consolo aspirava alla prosa poetica. Camilleri no. Camilleri era un magnifico artigiano della propria, appunto, “maschera”. Gli interventi “sociali”, “politici”, arrivavano puntuali là dove c’era un appuntamento con il pubblico. La voce roca, la sigaretta, “stampava” una sentenza, che coincideva millimetricamente alla sentenza già emessa dal suo pubblico, in questo legittimandola in un’apoteosi di mutuo riconoscimento e riconoscenza.

Era diventato un “papa” della Letteratura. Molto simile al papa attuale: dogmatico ma comprensivo, duro e morbidissimo. Un grande artigiano del marketing anche, di se stesso e della Sicilia. La stessa operazione letteraria compiuta con se stessa, Camilleri l’ha compiuta anche sull’isola. La Sicilia di Camilleri, ovviamente, non esiste, come non esiste la Sicilia di Montalbano. E però è la Sicilia che il pubblico vuole. È una Sicilia che, letterariamente, “funziona”. E cosa si può chiedere di più a un maestro artigiano della parola e delle storie?