Freddo, pragmatico, cinico. Viktor Orbán ha fatto l’elogio della sua democrazia illiberale e in Italia non se n’è accorto nessuno. Il discorso pronunciato sabato dal premier ungherese in un minuscolo villaggio rumeno si è perso nelle pieghe del fine settimana, ma ci dice almeno tre cose. Primo: l’Ungheria è una democrazia illiberale, e a ripeterlo a gran voce non è un eurocrate di Bruxelles o un radical chic da un attico di Budapest, ma il premier che governa quel Paese da nove anni consecutivi e coniò il termine per la prima volta nel 2014. Secondo, per Orbán l’essenza della democrazia illiberale è la protezione della libertà cristiana minacciata dall’immigrazione e dalla globalizzazione. Terzo, conferma ancora una volta che i retroscena delle ultime settimane erano tutti veri: Orbán ha ammesso di aver svolto un ruolo chiave per far eleggere Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Meglio «Una pragmatica madre di nove figli» dei due «guerriglieri ideologici» di centro destra (Manfred Weber) e centro sinistra (Frans Timmermans) che avrebbero creato più problemi al gruppo di Visegrad. Un’altra prova, l’ennesima, che il suo alleato Matteo Salvini è stato usato per bloccare candidati scomodi, in un gioco più grande di lui. E anche se il leader della Lega rinnega von der Leyen, il veto dell’Italia a Timmermans è stato decisivo per farla eleggere. Anche la politica europea è sangue e merda.
Serve una presidente conciliante per attenuare la crisi tra Budapest e Bruxelles. Il 25 luglio la commissione, ancora guidata da Jean-Claude Juncker, ha deferito l’Ungheria alla Corte di Giustizia dell’Unione europea per la legge battezzata Stop Soros che ha ristretto i requisiti di ammissibilità per i richiedenti asilo e ha trasformato l’aiuto ai rifugiati in reato penale. La Commissione ha anche inviato una lettera formale per capire perché il governo ungherese non ha fornito cibo alle persone in attesa di rimpatrio che sono detenute nelle zone di transito al confine con la Serbia. E queste sono le cose più gravi. Poi ci sono quelle grottesche. Tra i motivi del deferimento alla Corte Ue c’è anche il divieto per cittadini non ungheresi con status di soggiornante di lungo periodo di esercitare la professione veterinaria. Veterinari e buoi dei Paesi tuoi. Senza contare il partito Fidesz di Orbán è ancora sospeso dal Partito popolare europeo perché durante la campagna per le elezioni europee aveva commissionato dei manifesti in cui Juncker, membro dello stesso eurogruppo, era accusato di agevolare l’invasione dei migranti in Ungheria.
Viktor Orbàn ha fatto l’elogio della sua democrazia illiberale ma in Italia non se n’è accorto nessuno
Quale momento migliore per snocciolare i punti del manifesto della democrazia illiberale? Il sovranismo non va mai in vacanza. La piccola località termale nella Transilvania rumena è stata scelto da Orbán per un motivo: il 90% dei 1617 abitanti di Băile Tușnad è composto da Székelyek, gruppo etnico ungherese. A loro Orbán ha descritto gli obiettivi dei prossimi 15 anni. Punto uno: democrazia illiberale per Orbán non è una parolaccia. «Tutto quello che dobbiamo fare è trovare la frase che dia un significato positivo alla parola illiberale, essenzialmente negativa» ma l’unico modo per difendere i valori della cristianità: proteggere la famiglia, rifiutare la migrazione, proteggere la cultura cristiana, promuovere l’unità e la costruzione di una nazione «come abbiamo fatto negli ultimi dieci anni con un secchiello da muratore in una mano e una spada nell’altro, sfidando costantemente il consenso internazionale». Con modestia Orbán dice di averlo fatto: «Il Fondo monetario internazionale è tornato a casa, abbiamo combattuto con successo contro Bruxelles e i nostri confini sono stati difesi contro la migrazione», ma si chiede con una domanda retorica se sia un sogno, propaganda o realtà: «È possibile per un paese di dieci milioni di abitanti uscire dal debito, ripristinare la sovranità finanziaria, economica e svilupparsi più rapidamente delle democrazie liberali nell’Unione europea in un’era liberale?». Lasciamo a voi la risposta.
Punto due: i nemici dell’Ungheria sono i liberali e i migranti. E in particolare la Commissione europea uscente che deve tornare al «suo ruolo di custode dei trattati e fermare l’attivismo politico. Non è un organo politico, non deve avere un programma, non deve fare attacchi politici agli Stati membri» spiega Orbán che ha anche un modo semplice per risolvere la questione migranti: «La Commissione dovrebbe creare un consiglio dei ministri degli interni degli Stati membri di Schengen, così come esiste un consiglio dei ministri delle finanze dei paesi della zona euro e avere tutti i poteri e le responsabilità della migrazione di cui abbiamo bisogno per indirizzarla a lei consigli». Nessun accenno alla revisione del Trattato di Dublino, nessuna menzione degli hotspot in tutta Europa, neanche un minimo riferimento all’idea di redistribuire i migranti tra gli Stati membri. Orbán chiede quello che esiste già: il Consiglio dei ministri degli interni, alle cui riunioni Salvini partecipa sporadicamente. Ma Salvini ha letto il discorso di quello che considera un suo alleato in Europa? Anche perché Orbán inserisce proprio l’Italia tra i suoi alleati che proteggono i valori cristiani, assieme a Polonia, Repubblica ceca e Austria. Anche dal punto di vista economico c’è molto da fare per Orbán: «Non abbiamo bisogno di questo nuovo socialismo. Abbiamo bisogno di lavoro e riduzioni fiscali ovunque. È necessario ridurre le regole burocratiche e incoraggiare gli investimenti e la creazione di posti di lavoro piuttosto che politiche di austerità. In Italia sarà necessario lo sviluppo economico, non l’austerità». Ecco svelato l’arcano: Orbán non vuole il liberalismo ma il liberismo.