“Nessun uomo riesce a comprendere realmente quanto lontano siamo giunti e quanto velocemente. Ma proviamo a farlo! Immaginiamo di condensare i 50.000 anni della storia umana conosciuta in un periodo breve quanto mezzo secolo. In questa prospettiva, possiamo dire di saperne molto poco dei primi 40 anni, se non che, verso la fine, gli uomini più avanzati avevano appreso a utilizzare le pelli degli animali per coprirsi. Dieci anni fa l’uomo è uscito dalle caverne per costruirsi i primi ripari. Solo 5 anni fa ha imparato a scrivere e a utilizzare i carri su ruote. La cristianità ha avuto inizio meno di due anni fa. La stampa è nata quest’anno e meno di due mesi fa il motore a vapore ha messo a nostra disposizione una nuova fonte di energia. Newton ha esplorato le leggi della gravità. Il mese scorso sono stati inventati la luce elettrica, i telefoni, le automobili e gli aerei. Solo la settimana scorsa siamo riusciti a scoprire la penicillina e a inventare la televisione e l’energia nucleare e ora, se i nuovi veicoli spaziali americani riusciranno a raggiungere Venere, prima della mezzanotte saremo riusciti letteralmente a raggiungere le stelle.”
Non trovate che sia un testo estremamente rappresentativo? Che sia figurativamente capace di farci percepire l’accelerazione esponenziale impressa dall’uomo alla parte più recente della sua esistenza? È uno dei messaggi più intensi contenuti nello storico e vibrante discorso che John Kennedy pronunciò il 12 settembre 1962, nello stadio della Rice University di Houston, di fronte a una folla di circa 40.000 persone, annunciando che avrebbe portato l’America sulla Luna, anche se, come sappiamo dalla storia, quello sbarco avvenuto il 20 luglio del 1969 Kennedy non poté vederlo.
A molti di voi, così come è successo a me, sarà capitato di imbattersi in questo e in altri emblematici passaggi seguendo questa o quella trasmissione, leggendo questo o quell’articolo, tra le infinite iniziative fiorite attorno alle celebrazioni tributate ovunque e su qualunque mezzo, al cinquantesimo anniversario del primo sbarco sulla Luna. E a molti di voi, così come è successo a me, sarà capitato di ritrovarsi sconcertati nel riconoscere che da quel discorso e da quella sintetica storia dell’umanità in esso contenuta, ad oggi, l’accelerazione impressa da altre scoperte e invenzioni, da Internet e dalla rivoluzione digitale, ha fatto raggiungere all’uomo traguardi inimmaginabili e inimmaginati.
Alla fine dello scorso maggio SpaceX, una delle società del multimiliardario sudafricano Elon Musk, ha lanciato i primi 60 satelliti che andranno a comporre entro il 2020 la costellazione Starlink
Al di là dei passaggi retorici necessari al politico americano per riconoscere alla propria nazione una solida posizione di preminenza nel mondo, il passaggio a mio parere fondamentale e universale ma ahimè inascoltato, è il seguente: la scienza dello spazio, come qualsiasi altra scienza e tecnologia, non porta in sé alcuna coscienza. Il fatto che la sua forza venga messa al servizio del bene o del male dipende dall’uomo.
Alla fine dello scorso maggio SpaceX, una delle società del multimiliardario sudafricano Elon Musk, ha lanciato i primi 60 satelliti, dal peso di 227 kg ciascuno, che andranno a comporre entro il 2020, cioè domani, la costellazione Starlink. Una costellazione di 12.000 satelliti che graviteranno a un’altezza compresa tra i 340 e i 1150 chilometri dalle nostre teste. L’obiettivo dichiarato è di riuscire a portare la connessione Internet a basso costo anche nelle aree più remote del mondo, a tutt’oggi non ancora servite. Uno scopo encomiabile se inseriamo l’intero progetto in un’ottica di politiche atte a risolvere il digital divide e a garantire pari opportunità di sviluppo ai popoli. Ma se lo guardiamo dal punto di vista degli scienziati che negli osservatori astronomici sono impegnati nell’ascolto e nell’osservazione del cielo, lo stesso diventa un problema poiché questi satelliti sono luminosi, ognuno di essi ha un pannello solare che raccoglie la luce del sole e la riflette verso la terra, e sono potenzialmente in grado di cambiare l’aspetto naturale del cielo con la propria scia luminosa e con le proprie frequenze radio.
Questa sorta di “Bene maggiore” a cui Musk ha fatto riferimento rispondendo su Twitter alle critiche avanzate dalla comunità scientifica astronomica mondiale, potrebbe portare alla sua azienda, come ha detto lo stesso CEO di SpaceX, decine di miliardi di entrate ogni anno.
Il business è importante e non sarà di certo lasciato alla gestione di soli due contendenti
SpaceX non è il solo interessato al business. In Amazon si stanno affrettando a entrare in questa corsa che le vede già in svantaggio rispetto alla concorrenza. Il colosso di Seattle ha infatti appena chiesto alla Federal Communications Commission (Fcc) degli Stati Uniti, il permesso per il lancio in orbita di 3.236 satelliti come parte del progetto Kuiper. Nella documentazione si legge che i satelliti saranno posizionati ad altezze comprese tra 590 e 630 chilometri, allo scopo, anche in questo caso, di offrire connettività a banda larga nelle zone rurali difficili da raggiungere. Di questo progetto al momento non si conoscono né tempistiche, né costi, né benefici attesi. Quel che si sa è che il business è importante e che non sarà di certo lasciato alla gestione di soli due contendenti. Quel che si sa, di conseguenza, perché ce lo possiamo benissimo immaginare, è che il cielo cambierà aspetto ai nostri occhi.
Lo spazio era all’epoca di Kennedy ed è sempre di più la nuova frontiera. Ma un cielo notturno pieno di stelle è soprattutto un territorio inesplorato per gli scienziati ancora tutto da scoprire, come anche un punto di riferimento per ogni uomo, che ci ricorda che siamo tutti parte di un insieme molto più grande. Individui in un mondo di persone, circondati dalle profonde vastità dell’universo.
Dunque, ancora oggi dimostriamo di non aver voluto apprendere la lezione contenuta nel discorso kennediano che nel desiderio tutto umano di conquista e di progresso dobbiamo imparare a unire le forze in una diversa visione del mondo.