Dopo aver preteso per settimane il commissario europeo alla Concorrenza, la Lega ha scoperto di volere quello all’Agricoltura. Il nome designato dal Governo potrebbe essere quello di Gian Marco Centinaio, ministro per le politiche agricole che ha ammesso la sua candidatura ieri alla buvette del Senato. La realpolitik come sempre picchia duro. E dopo la visita della neo presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Roma della scorsa settimana, il leader della Lega Matteo Salvini ha capito che sarà difficile per l’Italia ottenere un portafoglio economico. E allora il Carroccio cambia la narrazione: il commissario all’Agricoltura non è irrilevante ma un ruolo centrale perfetto per difendere gli interessi degli italiani. La Lega in Europa si comporta come un gatto, cade sempre in piedi davanti ai suoi elettori. Ma forse non basteranno nove vite a Centinaio per passare indenne l’audizione al Parlamento europeo. Lo ha ammesso lo stesso ministro dell’Agricoltura al Corriere della Sera: «Qualunque nome fa la Lega può essere impallinato». E la tentazione di applicare il cordone sanitario ai sovranisti dell’eurogruppo Identità e Democrazia anche alla Commissione europea è forte. Molto forte.
In ogni caso la strategia della Lega è chiara: se Von der Leyen accetterà la candidatura del superleghista Centinaio, Salvini si fregherà le mani perché quando si discuterà la legge di Bilancio in autunno potrà battagliare con gli altri commissari economici senza dover compromettere il proprio commissario. Se invece la neo presidente della Commissione europea imporrà un nome meno sovranista per evitare le forche caudine del Parlamento europeo, la Lega potrà fare il ruolo della vittima, incolpando Bruxelles di non dare voce al partito più votato dagli italiani. Non a caso Centinaio ha detto: «Se mi bocciano sarà guerra», ma la sensazione è che vedremo un incontro di wrestling. Tutto è stato già pianificato in base a quale decisione prenderà Von der Leyen. Un punto in più nei sondaggi, un punto in meno di credibilità in Europa. Anche questo è sovranismo.
Chiariamo un equivoco: il commissario all’Agricoltura non è un passacarte
Chiariamo un equivoco: il commissario all’Agricoltura non è un passacarte, anzi. «Chi lo dice non sa come funziona la Commissione. La forza di un commissario dipende dal bilancio che gestisce e il portafoglio dell’Agricoltura è uno dei più corposi: 53 miliardi all’anno, il 37% del bilancio comunitario» spiega l’eurodeputato del Partito Democratico Paolo De Castro, coordinatore S&D per la Commissione agricoltura del Parlamento europeo. Cinque anni fa era destinato a quella poltrona ma la decisione del governo Renzi di puntare su Federica Mogherini come Alto rappresentante per la politica estera e sicurezza comune fece saltare tutto. «Un semplice atto legislativo del commissario all’Agricoltura sposta centinaia di migliaia di euro da un Paese all’altro. E gestisce una delle direzioni generali più grandi d’Europa: circa 18mila tra funzionari e capi struttura. Proprio per questo i grandi Paesi non hanno mai avuto la possibilità di avere un portafoglio così importante».
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità e per questo non è scontato che vada a un leghista. A causa della Brexit il bilancio della Pac 2021-2027 passerà da 408 miliardi a quasi 365. Ogni centesimo conterà e Von der Leyen non può permettersi un commissario dichiaratamente a favore degli interessi di un singolo Paese. Oltre la retorica europeista e sovranista, il problema è tutto qui. «Chi manderemo in Europa avrà a cuore i diritti di 60 milioni di italiani» ha detto Salvini in un comizio a Cervia il 3 agosto. Il leader della Lega si è scordato degli altri 448 milioni di cittadini europei; dai pescatori galiziani agli agricoltori greci fino agli allevatori francesi. Anche loro si opporranno a qualsiasi trattamento smaccatamente di favore verso l’Italia. Il commissario all’Agricoltura sarà decisivo in questa legislatura perché il Parlamento europeo non ha ancora approvato la riforma del budget dedicato alla Politica agricola comune che andrà dal 2021 al 2027. «Più della metà dei 48 membri della commissione agricoltura è al primo mandato. Dobbiamo capire se sono favorevoli alla proposta del commissario uscente, l’irlandese Phil Hogan, o se vorranno rimettere in discussione tutto e trattare un accordo diverso. Il nuovo commissario potrebbe azzerare tutto e ricominciare la trattativa, cosa che noi auspichiamo», spiega De Castro. Il nodo è politico: «Nel piano del commissario uscente Hogan c’è una sorta di ri-nazionalizzazione della Pac, per permettere agli Stati di implementare da soli la politica agricola comune». Sulla carta una soluzione che farebbe piacere ai leghisti perché il controllo sarebbe in mano più agli Stati membri rispetto al Parlamento Ue e la Commissione. Ma così Centinaio avrebbe meno libertà d’azione e soprattutto meno peso politico.
Il problema è sempre quello: il metodo. Che sia la concorrenza, l’agricoltura o l’industria, il governo italiano non può proporre un commissario promettendo che farà gli interessi degli italiani
Il problema è sempre quello: il metodo. Che sia la concorrenza, l’agricoltura o l’industria, il governo italiano non può proporre un commissario promettendo che farà gli interessi degli italiani. Gli eurodeputati non sono dei robot: leggono, vedono, commentano le notizie e adeguano la loro strategia in base alle dichiarazioni fatte. L’audizione non è una passerella, ma un terzo grado di tre ore in cui vengono esaminati tutti i possibili conflitti d’interesse, le dichiarazioni fatte in questi anni e soprattutto le competenze. E si vota a scrutinio segreto. Se Von der Leyen fosse stata eletta con una maggioranza schiacciante sarebbe un problema secondario, ma più di un assistente europarlamentare ci conferma che molti deputati verdi, socialisti e anche qualche liberale tra i 48 che fanno parte della Commissione agricoltura non aspettano altro che impallinare il candidato sovranista proposto dall’Italia. Fu così per Rocco Buttiglione dell’Udc proposto dal governo Berlusconi nel 2004, per una frase in cui definì l’omosessualità un peccato. Per tappare il buco José Manuel Barroso scelse l’allora ministro degli Esteri Franco Frattini. Ma non è stato l’unico. Anzi il ritmo è di almeno un commissario bocciato ogni cinque anni. Tanti nomi sconosciuti in Italia sono stati bocciati proprio perché i governi hanno sottovalutato le audizioni del Parlamento europeo
Ci sono altre sfumature, minuzie per l’Italia che in questi mesi si è riscoperta sovranista, ma molto importanti in Europa. «Con le lingue se la cava?» chiede il giornalista del CorSera, «The pen is on the table, fin lì ci arrivo» risponde Centinaio. Ecco, non basterà the pen is on the table per fare il commissario europeo. La conoscenza ottima della lingua inglese è fondamentale per il lavoro quotidiano nella Commissione dove ci si deve relazionare con funzionari e politici di 28 Paesi. È anche da questi particolari che si giudica un commissario europeo. Così come sarebbe d’obbligo mantenere le promesse fatte per avere credibilità in politica. Come quelle fatte agli allevatori sardi arrabbiati perché Salvini aveva garantito l’aumento del prezzo del latte di capra a un euro al litro. Qualche giorno fa Centinaio ha promesso che risolverà la questione a novembre. Forse dà già per scontata la sua nomina a commissario europeo?