È una di quelle notizie che dovrebbero stare in prima pagina e invece sono passate quasi inosservate in quest’epoca di psicosi collettive e notizie intossicate, e tanto più in questa folle estate del ministro in spiaggia, e poi spiaggiato dalla crisi di governo. Il bello è che la notizia l’ha data lui, il ministro, il capitan Salvini, il profeta della giustizia fai da te e dell’insicurezza immanente, delle porte blindate e dei porti chiusi, dei “terroni” (prima) e dei “migranti” (oggi) più inclini a delinquere, secondo vulgata leghista. Secondo dati del Viminale (Viminale!) gli omicidi volontari continuano a diminuire, 307 nell’ultimo biennio, il 14 in meno del biennio precedente. In cifre assolute, sono diminuiti i delitti di origine criminale e mafiosa e risultano in numero largamente inferiore rispetto ai delitti commessi all’interno delle mura domestiche, in grandissima parte femminicidi. Le tragedie familiari, fra il 2018 e il 2019, pesano per circa 80 per cento del totale. Se si mette fra parentesi la sofferenza della cerchia affettiva delle vittime, è un dato di fatto che mafie e criminalità comune uccidono meno di mariti e fidanzati. E comunque anche gli omicidi in ambito familiare sono leggermente diminuiti, nonostante appaia il contrario.
Perché allora la narrazione corrente alimenta la percezione collettiva dell’insicurezza? Una narrazione rilevabile anche nei media. In Italia, lo spazio dedicato da giornali e tv alla cronaca nera è molto più ampio che in Francia e Germania. Non è solo propaganda politica interessata. Ci sono anche riflessi condizionati, automatismi, probabilmente nella speranza che una paginata di torbidi delitti del presente o addirittura del passato faccia vendere di più. Va detto, tuttavia, che altri dati, relativi a rapine, furti, violenze in genere, restano preoccupanti, anche se in leggera flessione. Le cifre assolute raccontano una realtà complessiva, d’insieme, ma se rovesciamo il binocolo si vede che la criminalità è concentrata in determinate aree, in periferie difficili, in quartieri invivibili, da cui sale forte un grido di dolore di ceti popolari, inascoltato e strumentalizzato da “conduttori” predicatori.
Violenza, conflitti, esecuzioni sommarie, torture causavano nei secoli precedenti un numero di vittime venti o trenta volta superiore
C’è poi un dato storico complessivo, che riguarda l’Italia rispetto ai vicini europei e l’insieme dei Paesi occidentali rispetto alla storia degli ultimi decenni, dopo il secondo conflitto mondiale. Cifre alla mano, secondo gli analisti (si vedano gli studi pubblicati da Yuval Noah Harari, “Sapiens, da animali a dei”, Bompiani) , la media globale degli omicidi è di 9 all’anno ogni centomila abitanti, ma molti di questi avvengono in Paesi in cui le strutture dello stato sono fragili e la violenza è endemica. Negli Stati europei, la media è di un omicidio all’anno ogni centomila abitanti. Nonostante criminalità, guerre e terrorismo, stragi religiose e gesti folli, i cittadini dell’Occidente – cifre alla mano – hanno molte più probabilità di morire a causa di un incidente stradale – oltre il 2 per cento delle probabilità – o per suicidio – 1, 45 per cento delle probabilità – che non per mano violenta o in un conflitto. Violenza, conflitti, esecuzioni sommarie, torture causavano nei secoli precedenti un numero di vittime venti o trenta volta superiore.
Dopo la seconda guerra mondiale, il declino della violenza è coinciso con il declino e la fine degli imperi (quello britannico e francese prima, quello sovietico più recentemente) e anche la fine di molti regimi e dittature, nonostante i colpi di coda dei colonialisti e dei dittatori. Non è naturalmente il caso di abbassare la guardia o di lasciare aperta la porta di casa, ma nemmeno di fasciarsi quotidianamente la testa o di lasciarsela fasciare da continui e ingiustificati allarmismi, soltanto se tenessimo presente quanto e come la società occidentale, soprattutto europea, sia sostanzialmente più sicura e vivibile rispetto al passato remoto e recente. E se ai dati sul crimine si accostano gli indici di salute e di attesa di vita, risultano ancora una volta evidenti i vantaggi di società aperte e libere che si affidano allo Stato, anziché vivere con la pistola sotto il cuscino. Meglio sarebbe preoccuparsi di più di desertificazione e obesità.