E allora Bibbiano? Tante chiacchiere su Bibbiano e tagli al fondo per l’infanzia: ecco l’ipocrisia sui bambini di Lega e Cinque Stelle

Sulla scia dei fatti di Bibbiano Lega e M5S hanno lanciato annunci e slogan per testimoniare il loro impegno massiccio sul fronte dei minori, ma in 14 mesi non è stato neanche aumentato il rifinanziamento per il Fondo per l’Infanzia e l’Adolescenza

TIZIANA FABI / AFP

Nelle ultime settimane il refrain a cui il fu governo gialloverde ci ha abituato è stato sempre lo stesso: «i bambini non si toccano, le famiglie prima di tutto». Sulla scia dei fatti di Bibbiano sia la Lega – col suo capitano, Matteo Salvini, in testa – sia il Movimento Cinque Stelle hanno lanciato annunci e slogan per testimoniare un impegno massiccio sul fronte dei minori. Al di là degli spot, però, ben poco è stato fatto. «In questa legislatura – spiega a Linkiesta Ivano Abbruzzi, presidente della fondazione L’Albero della Vita – non c’è stata una sola misura concreta specifica per aiutare i bambini in difficoltà». Basta prendere in mano il fatidico e ormai infranto contratto di governo gialloverde per rendersi conto abbastanza agevolmente come la parola infanzia non ricorra neanche una volta: «Quasi che si potrebbe dire che, di fatto, Lega e Cinque stelle non hanno tradito alcuna promessa: semplicemente perché promesse non ne erano state neanche fatte», commenta sarcastico Abbruzzi. Dello stesso avviso anche Gianluca Budano, consigliere di presidenza Acli per il contrasto alla povertà educativa: «Per assurdo tanti protagonisti dell’attuale scena politica sono stati sinceri: hanno dichiarato che i bambini non si toccano e in effetti non li hanno minimamente toccati».

L’ultimo esempio di un’attenzione ridotta ai minimi termini sul fronte dei minori arriva dal rifinanziamento del Fondo per l’Infanzia e l’Adolescenza. Come denunciato dalla rete Investing in Children, pochi giorni fa il ministro per le disabilità e la famiglia, Alessandra Locatelli, ha firmato il decreto di riparto del Fondo: 28 milioni di euro a favore di soli 15 comuni cosiddetti «riservatari» (cioè i comuni più grandi o dove si riscontrano problematiche maggiori in materia di infanzia), destinati a realizzare specifici interventi a tutela dei minori in famiglie con disagio economico e iniziative a sostegno della genitorialità. Esattamente ambiti che, se non attenzionati e supportati, possono sfociare nella peggiore delle ipotesi in nuovi casi Bibbiano. Le 15 città riservatarie sono Bari, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Taranto, Torino e Venezia. Ma il punto, sottolineato dalle associazioni, è che il Fondo, istituito nel 1997, ha subito nel corso degli anni pesanti decurtazioni: partito con una dotazione di circa 44 milioni, si è assistito a un decremento costante fino ad arrivare ai 28 milioni di oggi. «Via via – spiega ancora Budano – abbiamo assistito a una pericolosa riduzione: già dal 2008 d’altronde il Fondo finanzia solo 15 città “riservatarie”. Ma in questo modo stiamo sancendo una disuguaglianza tra minori di serie A e di serie B. Tutti i dati che riguardano dispersione scolastica e povertà educativa hanno purtroppo una drammatica omogeneità distributiva. Non c’è un Nord o un Sud o differenze di ordine geografico. E invece oggi noi osserviamo non solo una riduzione degli stanziamenti, ma anche una discriminazione poiché i finanziamenti sono solo per 15 città. E tutto il resto d’Italia?».

Né i dipartimenti e i ministeri di competenza hanno intavolato discussioni con le associazioni che da anni si occupano della tutela dei minori

A nulla sono valsi i moniti e le relazioni puntuali sul tema. Come quella della Corte dei conti che solo pochi mesi fa si è occupata del Fondo per l’Infanzia, sottolineando come fosse necessario un poderoso cambio di passo. Quel dettagliato dossier si concludeva con otto precise raccomandazioni, da cui emergeva come alla mancanza di fondi si accompagnassero altre criticità. A cominciare dal fatto che anche «i sistemi di monitoraggio posti in essere dalle amministrazioni interessate non appaiono sufficienti ad assicurare un’utilizzazione efficiente ed efficace delle risorse del Fondo messe a disposizione dei comuni riservatari». E ancora, per quanto riguarda la programmazione, «occorre evidenziare che gli ultimi due documenti programmatici, ovvero il III ed il IV Piano nazionale, sono stati adottati a distanza di ben cinque anni l’uno dall’altro, con ciò disattendendo la tempistica biennale prevista dalla vigente disciplina» e, soprattutto rendendo, di fatto, «impossibile il rispetto delle linee di indirizzo individuate negli stessi piani». Senza dimenticare un altro particolare: già in quell’occasione i magistrati contabili, richiamando a loro volta le raccomandazioni della Commissione europea e le osservazioni del Comitato per l’attuazione della Convenzione Onu del 1989, sottolineavano come l’amministrazione «dovrebbe considerarsi impegnata ad individuare livelli essenziali di prestazioni da assicurare su tutto il territorio nazionale, anche attraverso la messa a disposizione di risorse a tal fine sufficienti».

Anche perché ad oggi la distribuzione delle risorse «avviene sulla base di percentuali cristallizzate da molti anni». Insomma, un disastro a cui nessuno in questi 14 mesi di legislatura ha posto rimedio. Né i dipartimenti e i ministeri di competenza hanno intavolato discussioni con le associazioni che da anni si occupano della tutela dei minori. Eppure, sottolinea ancora Abbruzzi, «solo quando un Paese investe sull’infanzia e sulla famiglia a 360 gradi, riesce ad evitare che si arrivi anche a storture come quella di Bibbiano. Più che finire sempre con l’accusare tout-court un sistema, bisognerebbe promuoverlo garantendo investimenti e competenza». E invece dopo l’esperienza gialloverde restano solo gli slogan: «Si è speculato a lungo sul tema dell’infanzia – conclude Budano – Ma la verità è che questo governo ha pensato molto poco alle fasce più vulnerabili. E il Fondo per l’Infanzia lo dimostra».

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