NomineNon solo Chigi e Quirinale: da Eni all’Inps, ecco tutte le poltrone in gioco con la crisi di governo

La crisi di governo è una partita di potere, ma anche un vasto gioco di poltrone. E nell’ipotesi di un governo monocolore leghista, molte cose potrebbero cambiare. Da Leonardo a Eni, da Enel all’Inps, ecco perché i vertici delle partecipate statali sono così importanti

Miguel MEDINA / AFP

La crisi di governo è di per sé una grande partita di potere e porta con sé anche un vasto gioco di poltrone. La più importante è senza dubbio quella del Quirinale (il mandato scade nel 2022), ma molto prima, di qui alla prossima primavera, sono in ballo i posti di comando della vasta e sempre più importante galassia delle aziende a partecipazione statale, una settantina, a cominciare dalle più grandi. Molto, anzi quasi tutto, dipende dall’esito della crisi. Se si andrà alle elezioni con Matteo Salvini contro tutti e il capo della Lega riuscirà a prevalere, non ci saranno prigionieri. La nomenklatura pubblica, a cominciare dai grandi boiardi, verrà sostituita da una nuova leva di mandarini accomunati dalla fedeltà e da una comune visione: più potere allo stato nazionale e ai suoi apparati, insieme a politiche di sostegno pubblico al “popolo delle partire Iva”. Non si creda che arriveranno al vertice solo uomini del nord, perché il notabilato meridionale che avrà sostenuto la Lega vorrà il suo adeguato posto al sole.

Se Salvini vincerà guidando una coalizione di centro-destra con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, il cambiamento sarà altrettanto profondo, ma meno radicale: ai vertici delle aziende di Stato oggi non ci sono solo uomini nominati dal Partito democratico, ma anche molti che sono vicini al mondo berlusconiano o comunque bipartisan. Se invece si formerà un patto di legislatura, con un governo di larghe intese, allora si applicherà il manuale Cencelli 4.0. Tra gli attuali top manager, quelli che possono vantare buoni risultati economici potranno conservare le loro posizioni anche se sono stati scelti dai governi Renzi o Gentiloni. Tre ipotesi, tre diverse distribuzioni del potere, tre metodi che valgono sia per l’ultima delle aziende di stato sia per il presidente della Repubblica.

Nel primo scenario, quello “fine di mondo”, cioè dell’odierno mondo politico, verrà messo subito sotto tiro il vertice di Leonardo, il gruppo della difesa. È guidato da Alessandro Profumo, banchiere e manager di grande esperienza e livello ineccepibile, ma targato decisamente a sinistra (non nascose affatto di aver votato per le primarie del Pd nel 2007 a favore di Romano Prodi). Inoltre l’industria degli armamenti è uno snodo chiave per la politica estera e di sicurezza. Strettamente legato ai servizi segreti, è un centro di potere fondamentale insieme all’Eni, l’azienda petrolifera che dai tempi di Enrico Mattei ha condotto una sua politica estera molto spesso parallela a quella dei vari governi, mentre in politica interna prendeva i partiti come si prendono i taxi (parole dell’illustre fondatore).

L’Enel è davvero la gallina dalle uova d’oro, ogni anno versa al Tesoro dividendi da leccarsi le dita, nonostante un elevato indebitamento

Oggi all’Eni c’è Claudio Descalzi. Nominato da Matteo Renzi, era il successore designato da Paolo Scaroni, già a capo dell’Enel e poi dell’Eni in epoca berlusconiana, che ora si è avvicinato a Salvini (in una intervista al Foglio una settimana fa ha spiegato come e perché il capo della Lega doveva rompere con il M5S). Il suo parere sarà, dunque, influente. Descalzi ha ben gestito l’azienda in questi cinque anni, ma è appesantito da una serie di inchieste giudiziarie per corruzione internazionale. Non solo. Ultimamente anche l’Eni è stata invischiata nel Russiagate all’italiana che coinvolge la Lega. L’azienda ha negato di aver partecipato a “operazioni volte al finanziamento di partiti politici”.

La geopolitica del gas è la partita più importante che la Russia gioca in Europa e l’Italia è da sempre un anello decisivo. I rapporti tra Putin e Berlusconi si conoscono e adesso saltano fuori anche quelli di Salvini (forse non con zar Vladimir direttamente, ma certo con il suo partito con il quale ha firmato un patto di collaborazione). È una questione estremamente delicata che può compromettere le relazioni con gli Stati Uniti. L’amministrazione Trump, anzi il presidente in persona, ha chiesto apertamente che l’Italia completi il gasdotto meridionale, chiamato Tap, grazie al quale sarà possibile bypassare la Russia da sud e ridurre la dipendenza italiana e centro-europea dal metano siberiano. Davvero un great game, un grande gioco, che coinvolge il governo italiano, ma a cascata ricade sulle aziende che controlla, dalla Snam all’Eni e persino all’Enel nelle cui centrali si bruciano gas e olio combustibile.

Anche Francesco Starace, amministratore delegato dell’Enel, è stato nominato da Renzi con il cui governo ha avuto un ottimo rapporto, tanto da mettere in piedi l’operazione Open Fiber per far concorrenza alla Tim messa sotto scacco da Vincent Bolloré. Ma l’Enel è davvero la gallina dalle uova d’oro, ogni anno versa al Tesoro dividendi da leccarsi le dita, nonostante un elevato indebitamento. Starace ha compiuto un cambiamento profondo puntando sulle energie rinnovabili non solo per alimentare le centrali elettriche, ma per diventare un operatore di taglia internazionale in questo campo. Difficile sostituirlo durante questa delicata transizione industriale e sarà ancor più difficile accampare motivazioni soltanto politiche, anche perché ha sempre tenuto a mantenere un profilo tecnico a tutto campo.

Può darsi che l’Anac sia un’altra sovrastruttura pubblica tutto sommato poco efficace, ma cancellarla adesso verrebbe interpretato come un segno di resa verso la criminalità organizzata e la sua influenza politica

Un altro manager scelto da Renzi è il fiorentino Matteo Del Fante che guida Poste italiane, gioiellino della corona statalista, nello stesso tempo società di servizi, banca, gestore telefonico, compagnia d’assicurazione e quant’altro. Pluripremiato, cauto, prudente, si è tenuto ai margini del salvataggio grillino di Alitalia nella cui compagnia le Poste erano già state coinvolte. Anche nel suo caso, se Salvini uomo-solo-al-comando volesse sostituirlo non avrebbe francamente appigli di natura squisitamente industriale. Lo stesso vale per Terna dalla quale proviene Del Fante. Nominato nell’aprile 2017, l’amministratore delegato Luigi Ferraris ha un curriculum squisitamente professionale, e prima era stato direttore finanziario dell’Enel. La società che gestisce la rete elettrica nazionale marcia a braccetto con l’Enel verso la riconversione ambientalista e Ferraris è stato premiato nel maggio scorso come manager dell’anno.

Ma se queste sono le maggiori nomine in scadenza a primavera, ce ne sono molte di più già scadute a cominciare dall’Autorità contro la corruzione, l’Anac. Chi andrà al posto di Raffaele Cantone? Un magistrato “amico”? O magari il nuovo parlamento considererà superflua se non inutile una istituzione alla quale sono stati sottratti già molti poteri con il decreto sblocca cantieri fortemente sostenuto dalla Lega? È una questione nient’affatto secondaria, dal forte valore simbolico. Può darsi che l’Anac sia un’altra sovrastruttura pubblica tutto sommato poco efficace, ma cancellarla adesso verrebbe interpretato come un segno di resa verso la criminalità organizzata e la sua influenza politica.

È aperta anche la distribuzione del posti all’Inps, altro snodo di potere estremamente delicato

È aperta anche la distribuzione del posti all’Inps, altro snodo di potere estremamente delicato. Alla presidenza è andato Pasquale Tridico, economista grillino, che Di Maio avrebbe voluto come ministro del Lavoro se non si fosse appropriato anche di questo posto. Una vittoria secca di Salvini o anche di un centro destra coalizzato potrebbe rimetterlo in discussione. In ogni caso, il vicepresidente Adriano Morrone deve ancora passare sotto le forche caudine di Camera e Senato. Gli accordi pre-crisi prevedevano l’ingresso di Rosario De Luca (consulenti del lavoro), Gabriele Aulicino dal Ministero dell’economia e Marialuisa Gnecchi ex parlamentare Pd. C’è da dubitare che verranno rispettati.

Un altro punto interrogativo grava sulla Sace dove il posto di amministratore delegato sarebbe conteso da Marco Siracusano (Postepay) e dal consigliere Rodolfo Errore. Anche la società che assicura gli scambi con l’estero è uno snodo importante, soprattutto per un eventuale governo sovranista che vuole introdurre dazi e tariffe all’insegna di Italy First.

In ballo ci sono poi Ansaldo Energia, Sogei (la società che gestisce l’uscita dal nucleare) e due agenzie particolarmente sensibili: quella per le comunicazioni (Agcom) e il garante per la privacy. Sulla prima c’è da sempre lo sguardo attento di Berlusconi, quindi la sua sorte è legata a un eventuale patto di centro-destra. Quanto alla privacy, con quel che accade tra social media, intercettazioni a mezzo stampa, rivelazioni di Buzzfeed e dell’Espresso sulla Russian connection di Savoini-Salvini, è una posizione nient’affatto da trascurare. La politica si gioca sulle fake news e sulla variante digitale del vecchio, insano ricatto. Alla faccia della privacy e dello stato di diritto.