Oggi arriva Ursula Von der Leyen a Palazzo Chigi e l’Italia non ha ancora un nome definitivo da proporre come commissario europeo. C’è tempo fino al 26 agosto ma la neo presidente della Commissione mette fretta e come nel gioco delle sedie che si fa da bambini, il rischio è che altri occupino il posto prima di noi. E la musica potrebbe fermarsi da un momento all’altro. La nomina spetta alla Lega perché ha vinto le elezioni europee, ma non ha un nome forte, indipendente e autorevole che potrebbe essere accettato senza problemi a Bruxelles. Da settimane c’è una rosa di candidati disponibili che Matteo Salvini ha riferito solo stamattina al presidente del Consiglio. Giusto in tempo per la colazione di mezzogiorno con la neo presidente della Commissione. Però il problema del Carrocio è che Von der Leyen ha il potere di rifiutare qualsiasi nome proposto dal governo se non lo ritiene all’altezza. E la sensazione è che potrebbe farlo anche per mandare un segnale al Parlamento europeo a maggioranza europeista che dovrà esaminare ogni singolo commissario.
Dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. ai due vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini, tutti sono sicuri che l’Italia avrà il commissario alla concorrenza ma non è scontato per almeno tre motivi. Primo, quel posto è stato ricoperto per cinque anni in modo egregio dalla danese Margrethe Vestager che tra multe milionarie ad Amazon, Apple e Google si è creata una reputazione di politica indipendente e pronta a tutelare i consumatori europei. Per quel ruolo non basta fare il compitino, serve coraggio politico e molta preparazione. Sarebbe difficile trovare un politico italiano con più esperienza nel settore, soprattutto tra le file del Carroccio. Secondo, anche se molti hanno parlato di una promozione di rango per Vestager, la liberale danese ha già detto di voler rimanere alla Concorrenza per continuare il lavoro contro le multinazionali della Rete e il governo danese l’ha già confermata come sua candidata.
Terzo, per mesi in Italia si è parlato del prossimo commissario europeo italiano come se fosse un delegato del governo Italiano. Ma non è così. Il commissario europeo non deve fare gli interessi dell’Italia ma dei cittadini europei nel suo insieme. Non è una sfumatura intellettuale, è scritto nei trattati. A maggior ragione per il commissario alla concorrenza che si occuperà di evitare gli aiuti di Stato alle aziende. Come si comporterebbe un commissario leghista nei dossier Alitalia ed Ilva? Avrebbe l’imparzialità giusta per fare la scelta giusta che rispetti le regole della concorrenza europea? Sono queste le obiezioni che nella colazione di mezzogiorno Von der Leyen potrebbe fare a Conte. Non è un caso che l’Italia sia l’ultima tappa del tour estivo della neopresidente che ha visitato i leader di Germania, Francia, Polonia, Ungheria, Croazia e Spagna prima di noi. In politica la forma è sostanza e la sostanza è che l’Italia non avrà tutto questo peso sulle scelte. Per ora sono 18 i nomi proposti dagli Stati Ue e solo 7 sono donne. Anche questo peserà sulla nomina del commissario europeo italiano. Sarebbe tutto molto più facile se il governo avesse un nome femminile da proporre, perché Von der Leyen ha promesso di voler comporre una commissione formata da metà uomini e metà donne. Ma finora sono pochi i nomi di italiane a disposizione. A meno di non considerare la ministra della Pubblica Amministrazione Giulia Buongiorno che però al forum Ansa della scorsa settimana non è sembra entusiasta dell’idea di ricoprire quel ruolo.
La strategia di Salvini sembra chiara: proporre il nome di un fedelissimo leghista per poi lamentarsi di una bocciatura di Von der Leyen o del Parlamento e recitare così il ruolo di vittima di un Europa sporca, brutta e cattiva
Un indizio l’ha dato Salvini ieri dalla spiaggia romagnola del Papeete beach a Milano Marittima. «Faremo il nome per la Commissione Ue nelle prossime ore. Qualcuno che si occupi di dossier economici, qualcuno che possa difendere gli interessi degli italiani» Secondo Affari Italiani il nome sarebbe Massimo Garavaglia, viceministro dell’economia. Ha esperienza politica, è stato sindaco e assessore regionale ed è esperto in materie economiche. Ma sul suo passato pesano alcune dichiarazioni. Per esempio il 21 dicembre 2012 denunciò il golpe della Troika sul governo Berlusconi: «Delegati della Bce ci dissero: se voi non sostenete il governo Monti, noi non compriamo i vostri titoli per due mesi e andate in fallimento». Così come non deporrà a favore di Garavaglia l’aver scritto il libro “Antieuropeisti” in cui proponeva una riforma radicale dell’Unione europea. Non sono dettagli insignificanti, è la politica. E uno dei doveri della presidente è quello di scegliere commissari inattaccabili sotto qualsiasi punti di vista, con pochissimi scheletri nell’armadio proprio per evitare uno stillicidio mediatico. E c’è chi già sta iniziando a guardare nei curriculum dei candidati in cerca di qualche motivo per votare contro. il Parlamento europeo non aspetta altro che fare la graticola al commissario leghista. A maggior ragione se la presidente della Commissione europea è stata eletta con soli nove voti di scarto. Ogni potenziale candidato subirà un esame approfondito e ci sono molti eurodeputati che non aspettano altro di rosolare a fuoco lento il commissario sovranista pur di appuntarsi la medaglia di anti sovranista agli occhi del suo elettorato. Anche per questo il sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon, ha escluso che Garavaglia possa essere il candidato. Il ministro agli Affari europei Lorenzo Fontana potrebbe essere il nome giusto per la Lega ma forse non così tanto per Von der Leyen.
La strategia di Salvini sembra chiara: proporre il nome di un fedelissimo leghista per poi lamentarsi di una bocciatura di Von der Leyen o del Parlamento e recitare così il ruolo di vittima di un Europa sporca, brutta e cattiva. Sarebbe difficile attaccare la Commissione europea se uno dei suoi membri più autorevoli fosse leghista. E in autunno si discuterà la legge di Bilancio su cui Bruxelles promette un controllo certosino. La Lega ha criticato il Movimento Cinque Stelle per aver votato Von der Leyen assieme al Partito Democratico, sarebbe strano demonizzare la nuova presidente della Commissione e allo stesso tempo pretendere che accetti il proprio candidato. E poi Von der Leyen ha già chiarito di non aver fatto alcuna proposta vincolante ai sovranisti proprio per tenersi le mani libere. Se la neo presidente dovesse bocciare la proposta sovranista allora scatterebbe la ricerca per un nome da riserva della Repubblica. Da mesi diciamo che il nome perfetto sarebbe quello dell’attuale ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che per anni ha vissuto e lavorato a Bruxelles in ruoli chiave, tra cui quello di consigliere di Mario Monti quando l’ex presidente del Consiglio ricoprì il ruolo di commissario europeo alla Concorrenza, dal 1999 al 2004. La sensazione è che in ogni caso all’Italia spetterà un portafoglio di secondo piano, all’agricoltura o all’industria anche perché è già stata ripagata con la presidenza del Parlamento europeo, carica che dà molta visibilità. Il problema per il governo è che è stata data a David Sassoli del Partito democratico.