Israele più che di un di governo ha bisogno di un “salva-Netanyahu”. Il problema è questo: salvare Netanyahu o lasciarlo in pasto alla magistratura che lo accusa di corruzione? Lieberman, ultranazionalista laico russofono e ago della bilancia tra il Likud del premier uscente e Bianco e Blu dell’ex generale Gantz, vorrebbe fare un governo di unità nazionale ma senza Netanyahu alla testa dell’esecutivo. Questo significa che al premier uscente verrebbe a mancare l’immunità anche se fosse ministro. L’alternativa è un governo di unità nazionale senza Netanyahu premier ma con un accordo che porti al congelamento delle accuse dei giudici. È possibile? È possibile ma non facile in un Paese come Israele precipitato da mesi in una sorta di stallo.
Gantz forse potrebbe costituire un governo con i partiti arabi uniti, la terza formazione politica israeliana, ma è una soluzione che non vuole perché non gli verrebbe mai perdonato dall’elettorato sionista. Gli arabi ci sono, esistono, votano pure, ma non devono avere voce, anzi se possibile, come vorrebbe Netanyahu, dovrebbero essere annessi a Israele, Cisgiordania compresa. Alla fine della vicenda Leiberman, leader del partito nazionalista russofono, è decisivo ma ancora più decisivo è trovare una soluzione che tiri fuori dai guai Netanyahu che ha governato così a lungo questo Paese da battere persino il record del padre fondatore Ben Gurion. L’unica soluzione è un patto di sopravvivenza politica e soprattutto giudiziaria. Se Netanyahu si fa da parte potrebbero venire archiviate le inchieste per corruzione avviate dalla procura generale.
Queste elezioni avevano un solo obiettivo confermare o meno la guida del Paese a Netanyahu. E Il Paese su questo si è dimostrato spaccato come prima. I programmi di Bianco e blu di Gantz non si discostano di molto da quelli del Likud
Le autorità le hanno denominate “caso 1000, caso 2000 e caso 4000”: nel primo, Netanyahu è accusato di aver accettato regalìe (per un valore di 200 mila dollari) dal produttore di Hollywood Arnon Milchan, in cambio di facilitazioni per l’ottenimento del visto per gli Stati Uniti e sopratutto in cambio del sostegno di Bibi ad una legge sull’esenzione fiscale per il produttore miliardario, per spingerlo a risiedere nello Stato ebraico. Nel secondo caso, Netanyahu è accusato di voler affossare uno dei principali quotidiani israeliani – Israel Hayom, la cui distribuzione è gratuita, grazie al finanziamento del magnate Sheldon Adelson – in cambio dell’adozione di una linea editoriale a lui favorevole da parte di un altro celebre giornale – Yediot Ahronot -, attraverso un accordo segreto con l’editore di quest’ultimo: il piano sarebbe quindi quello far passare una legge che vieti i quotidiani gratuiti, danneggiando Israel Hayom e favorendo così Yediot Ahronot, a patto che quest’ultimo muti le sue posizioni, normalmente critiche nei suoi confronti. Nel terzo caso, Netanyahu è accusato di sostenere un piano di deregolamentazione nei confronti del colosso delle telecomunicazioni Bezeq, anche in questa occasione in cambio della promessa di coperture favorevoli da parte di Walla, un noto sito di news controllato dall’azienda.
Queste elezioni avevano un solo obiettivo confermare o meno la guida del Paese a Netanyahu. E Il Paese su questo si è dimostrato spaccato come prima. Per il resto c’è ben poco da dire: i programmi di Bianco e blu di Gantz non si discostano di molto da quelli del Likud. Il presidente, Reuven Rivlin, ha fatto sapere che inizierà il prima possibile il suo giro di consultazioni per individuare il leader politico con le maggiori chance di formare una coalizione di governo (servono almeno 61 seggi) e ottenere la fiducia del Parlamento, in modo da allontanare la minaccia di un terzo ritorno alle urne in un anno, dopo le elezioni del 9 aprile e quelle di ieri. In pratica se non riuscirà a fare un governo come premier Netanyahu vede davanti a sé lo spettro del procuratore generale Avichai Mandelbli ma se accetta di farsi da parte allora forse si può salvare. Sarebbe la fine ingloriosa del dominatore della politica israeliana da una generazione.