Ce lo chiede l'EuropaGli italiani non sanno niente dell’Europa (che invece fa tanto per noi)

Secondo la ricerca Perceive che ha studiato sette regioni europee il problema dell'Ue è la comunicazione. Gli amministratori locali si prendono il merito di progetti finanziati dall'Ue. "Bisogna parlare il linguaggio della comunità in cui si opera e non calare comunicazione dall'alto"

SINA SCHULDT / DPA / AFP

Riparano scuole, ospedali e biblioteche che cadono a pezzi. Ricostruiscono musei abbandonati e chiese diroccate. Riempiono le buche nelle strade, illuminano le strade isolate, costruiscono piste ciclabili. Creano spazi di coworking, teatri, mercati cittadini e incubatori per le piccole e medie imprese. Progettano macchine alimentate a energia solare e progetti di mobilità sostenibile. Ma nessuno se ne accorge o il merito se lo prende sempre qualcun altro. Le vittime sono i tanti cittadini italiani ed europei che decidono di usare i fondi di politica e di coesione europei per finanziare i loro progetti. Miliardi dati dagli Stati membri e gestiti dall’Unione europea per ridurre il divario fra le diverse regioni e aiutare le regioni meno favorite. E per ogni progetto finanziato c’è un sindaco o presidente di regione che si prende il merito. E quando taglia il nastro di inaugurazione, non dà il merito a chi ha avuto l’idea o all’ente europeo che ha scelto quel progetto a discapito di altri succhia soldi. Dopo, rimane solo una piccola targa che tutti ignorano. Il problema da decenni è è sempre quello. L’Unione europea fa tanto ma non sa comunicarlo. E quando c’è da dare la colpa all’Europa sporca, brutta e cattiva, non si ricorda mai che è proprio grazie al metodo, e ai fondi europei, se si risolvono i problemi quotidiani. Per questo per tre anni nove università hanno realizzato il progetto Perceive: una ricerca finanziata sotto il programma Horizon 2020 che ha indagato, in sette regioni europee, quanto i cittadini si sentano europei e come percepiscano l’attuazione della politica di Coesione Ue. Calabria ed Emilia Romagna per l’Italia; Warmińsko-Mazurskie e Dronslaskie in Polonia perché sono i due Stati che ricevono più fondi Ue. Ma anche il land austriaco del Burgenland, l’Essex nel Regno Unito, la regione Sud-Est in Romania, l’Extremadura in Spagna e il Norra Mellansverige in Svezia.

Secondo la ricerca il primo problema è che i cittadini europei non sanno che esistono i fondi europei. E se lo sanno, non riescono a capire quanto incidono nella vita quotidiana. Quasi un cittadino europeo su due non sa cosa sia la politica di coesione (45%), e se parliamo di politica regionale Ue, la percentuale sale al 53%. In Italia solo un su dieci sente di essere stato aiutato dall’Unione europea. Stesso dato per Austria, Germania, Francia e Paesi Bassi dove la percentuale non supera il 20%. Mentre in Polonia, Estonia e Slovacchia che sanno utilizzare meglio i fondi Ue la percentuale raggiunge quasi il 70%. Il cittadino tipo che capisce i benefici dei fondi europei è giovane, laureato che vive in una grande città. Basta questo per spiegare l’euroscetticismo. I funzionari europei usano un linguaggio ancora troppo tecnico e lontano dai cittadini e le Regioni o i Comuni si prendono il merito.

Chiariamo una cosa: beneficiare di fondi europei non implica necessariamente sostenere l’Ue o sentirsi cittadini europei. Manca però una narrazione che faccia capire quanto i singoli finanziamenti influiscano nella vita della comunità. La consapevolezza dei progetti europei passa ancora attraverso i canali tradizionali (30% TV, 23% giornali) mentre latita sui social network (5,8%). Ma il problema è che i mass media parlano d’altro. «Manca una sfera pubblica europea, un luogo di informazione dove i cittadini possono pescare le notizie. Per dire un giornale specializzato che tratta di materie europee come Politico.eu la leggono pochi cittadini europei. Così si ha una piccola elite informata contro una grande popolazione ignara» spiega Edoardo Mollona, professore dell’Università di Bologna, tra i realizzatori del progetto. La competizione tra i comunicati stampa dei funzionari europei e i mass media locali o nazionali è impari.

La soluzione? Uscire dal palazzo e contattare giornali locali fornendo la notizia in modo semplice, fare interventi nelle scuole, ed eventi mirati per le comunità

La soluzione? Uscire dal palazzo e contattare giornali locali fornendo la notizia in modo semplice, fare interventi nelle scuole, ed eventi mirati per le comunità. Ovvero sorpassare a destra i mass media generali, parlando direttamente con i cittadini. «Bisogna utilizzare il linguaggio del luogo, giocare con i temi più sentiti nelle comunità. E non parlo solo di lingua», spiega Mollona. «Bisogna usare le parole chiave che agitano i sogni e titillano le speranze dei cittadini di una comunità. Per esempio in Calabria desta più attenzione parlare di corruzione, mala amministrazione, e cattivo utilizzo. In Essex il tema più forte è la Brexit, in Romania e Polonia l’immigrazione interna ed esterna». In altre parole bisogna evocare “i fantasmi” e gli effetti positivi, esaltando gli aspetti dei progetti più vicini ai temi cari alle comunità. Non basta più una comunicazione dall’alto. Serve far capire i benefici nella quotidianità usando gli stessi codici e linguaggi della popolazione. Però non può passare tutto solo attraverso i giornali. «Bisogna obbligare i beneficiari a far capire da dove vengono i finanziamenti. La targa esposta non basta più. Anche perché abbiamo notato come la platina di metallo con scritto “Finanziato con fondi Ue” spesso è sostituito da un foglio chiuso dentro un cassetto».

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