“Non sapete come si fa a riparare i buchi nello strato di ozono, non sapete come riportare indietro i salmoni in un fiume inquinato, non sapete come si fa a far ritornare in vita una specie animale estinta, non potete far tornare le foreste che un tempo crescevano dove ora c’è un deserto. Se non sapete come fare a riparare tutto questo, per favore smettete di distruggerlo”.
Questo è il cuore del discorso che nel 1992 una ragazzina canadese di dodici anni, Severn Suzuki, pronunciò al “Summit della Terra delle Nazioni Unite” a Rio de Janeiro dove era arrivata grazie a una raccolta fondi insieme a una delegazione di suoi coetanei. Stiamo parlando della prima conferenza mondiale in assoluto dei Capi di Stato sull’ambiente, che ha fissato i principi cardine per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile nel mondo dichiarando che l’unica crescita economica di lungo periodo può esistere solo se inscindibilmente legata alla protezione dell’ambiente. Che ha prodotto l’Agenda 21, un programma di azioni concrete sia dal punto di vista globale sia dei singoli Paesi. Che ha definito la diversità biologica ponendosi come obiettivo la sua conservazione, l’uso sostenibile delle sue componenti e l’equa ripartizione dei vantaggi derivanti dalle risorse genetiche. Che ha promosso interventi per la stabilizzazione delle concentrazioni di gas-serra a livello globale e dei singoli Paesi. Che ha visto la partecipazione massiccia di Governi (erano 172), di Capi di Stato (erano 108) di organizzazioni non governative e di semplici civili.
Insomma, un evento senza precedenti e per questo epocale in termini mediatici, non tanto e non solo per i temi in agenda, quanto appunto per la particolare concentrazione di cariche politiche, densità di potere e peso decisionale. Dunque, invece che giocare, come fanno tutti i bambini del mondo ad eccezione di quelli vessati, torturati, schiavizzati, affamati ecc., Severn Suzuki si organizzò per arrivare a parlare davanti ai potenti del mondo. Fu un discorso breve, durò sei minuti, ma che al suo termine la rese famosa e universalmente conosciuta come la “bambina che zittì il mondo”. Severn ovviamente non ha più dodici anni. Con minore ovvietà ha mantenuto con coerenza il suo interesse per certi temi che nel frattempo sono stati tutt’altro che risolti, anzi, e per essi si spende attivamente nella sua quotidianità. Ma pochi la ricordano. Dopo aver zittito il mondo, il mondo ha zittito lei, spegnendo le luci della ribalta, allontanando l’occhio delle telecamere e l’orecchio di un pubblico sempre più distratto, distante, indifferente. Lo stesso pubblico che oggi, svegliato dallo schiaffo morale di una sedicenne svedese con sindrome di Asperger capace di muovere folle oceaniche e di pronunciare parole altrettanto chiare e altrettanto potenti ad una platea colma di soliti potenti della Terra, si agita in ogni direzione. C’è chi la scredita, si dice perché rappresenta quello che da giovani non siamo stati ma avremmo voluto essere, chi la mitizza, più o meno per lo stesso motivo, chi la difende, perché rappresenta quello che da giovane vuole e riesce ad essere, chi la strumentalizza, per miliardi di motivi, e chi, più semplicemente, se ne frega. Pochi guardano Greta Thunberg vedendo oltre Greta Thunberg. Pochi si focalizzano sul verbo, molti sulla persona. Molti sul simbolo pochi sul contenuto. E i simboli, come le persone, passano.
Nonostante l’effetto Greta, alla fine del vertice il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha annunciato che le nazioni che si sono impegnate a ridurre a zero le loro emissioni entro il 2050 sono 77
Difatti, i risultati del vertice nonostante l’effetto Greta, sono che la Cina conferma gli impegni presi a Parigi, ma non li aumenta, così come la Russia, che è grande produttrice di petrolio e gas. Anche l’Italia punta al completo raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030, e ad una strategia di decarbonizzazione entro il 2050. Chi smetterà di costruire centrali elettriche a carbone, puntando sulle fonti rinnovabili è solo la Powering Past Coal che conta 30 paesi e 31 corporation. Chi investirà da ora solo su aziende carbon-neutral è la Asset Owner Alliance che raggruppa fondi pensione del valore di 2 trilioni di dollari. I paesi dell’America centrale destineranno entro il 2030 solo 10 milioni di ettari di terra alla produzione agricola sostenibile, per ridurre le emissioni del 40% rispetto al 2010. Alla fine del vertice, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Guterres, ha annunciato che le nazioni che si sono impegnate a ridurre a zero le loro emissioni entro il 2050 sono 77.
Basterà a restituire a Greta l’infanzia perduta? Credo di no. Credo che occorra uno sforzo collettivo ad andare oltre le apparenze, oltre i simboli e oltre i proclami. Che occorra abbandonare le dietrologie e i complottismi, i discorsi da bar e le battute da osteria, che non sortiscono altro effetto che quello di banalizzare un problema. E banalizzandolo allontanarlo dalle nostre priorità, farlo sbiadire, sino a dimenticarlo. E invece è una faccenda cruciale. È una faccenda che già nel summit di Rio era stata chiarita in modo adamantino: l’unica crescita economica di lungo periodo può esistere solo se inscindibilmente legata alla protezione dell’ambiente. L’unica economia che può rispondere a questo principio è quella che mette di nuovo l’uomo al centro. Senza la centralità dell’essere umano (Person) nessun piano potrà essere mai realizzato. Occorre sviluppare il concetto di economia circolare ponendo l’uomo al centro solo così può diventare un’Economia Sferica che si muove su tre dimensioni tenendo sempre presente i sette livelli di manifestazione delle nostre vite, le 7P.
Person, People, Partnership, Profit, Prosperity, Planet e Peace sono tutte connesse tra loro ma debbono essere orientate da un’altra P che fa da loro insieme e contenitore: la P di Purpose che deve essere però inteso come scopo ultimo: la Vocazione.