Il ruolo di Radio MariaLe apparizioni del cuore immacolato di Maria e il Vangelo secondo Salvini

Ottobre è il mese dei rosario, il simbolo religioso brandito da Salvini per affermare l’identità cattolica della Lega, quella preconciliare e in armi contro i nemici della fede, ovvero contro gli immigrati. Il Vaticano non gradisce

MARCO BERTORELLO / AFP

Mese di ottobre, mese del rosario per i cattolici. A partire dai papi, che l’hanno sempre ricordato come tale a partire da Leone XIII. E Papa Francesco, che è tornato a fare accenni alla pratica mariana nei giorni scorsi (si pensi alle parole rivolte ai gesuiti in Mozambico e rese note su La Civiltà Cattolica il 26 settembre), non è da meno. Per non parlare delle 6.000 corone, da lui benedette il 15 agosto a sostegno della campagna di preghiera Consola il mio popolo e distribuite, il 15 settembre, in tutte le 34 parrocchie, sia cattoliche sia ortodosse, della Siria.

Ma quando si parla di rosario e devozione mariana la mente corre oramai subito anche a Matteo Salvini per i ricorsi costanti in interventi e comizi. Con un utilizzo che non sembra affatto essere gradito a Oltretevere e tra le file della Cei.

Nel mezzo uno specifico milieu cattolico, quello tradizional-popolare, devozionale, tutto attento a messaggi provenienti da sempre nuove (presunte) apparizioni mariane, che, mal sopportante il Papa argentino, inneggia al “salvatore” Salvini.

Due personali conversazioni, così differenti tra di loro eppure così vicine, ne sono la riprova.
– Salvini l’ha scelto Gesù per salvare l’Italia e l’Europa.
– Come lo sa?
– Me lo ha detto idda -, indicando sorridente una statua dell’Immacolata, che troneggia su una cassettiera tarlata tra fiori e candele. Tutt’intorno altre immagini sacre, tante, forse troppe, insieme con quelle disseminate lungo le quattro mura della stanza da letto della veggente palermitana. Una donna, che conoscenti indicano come capace di scrutare i cuori e predire il futuro.

Negli ultimi due anni, d’altra parte, l’elemento mariano e visionario, ora disgiuntamente ora insieme, contrassegnano in un crescendo inarrestabile la stessa retorica salviniana

L’accenno “soprannaturale” a Salvini non mi stupice non meno di quanto già udito a Roma in ben altre stanze. Un cardinale di Curia mi stava raccontando di problemi di salute e di come «una signora americana favorita dalla Madre di Dio» lo avesse preinformato – con dovizia di particolari risultati, a suo dire, tutti esatti – dell’esito di un esame medico e della successiva guarigione.
Vede, quella donna prega sempre per Salvini e dice che opera per il bene dell’Italia – così a un tratto il porporato, che, in ogni caso, non aveva direttamente attribuito il carattere di rivelazione celeste a una tale dichiarazione.

Negli ultimi due anni, d’altra parte, l’elemento mariano e visionario, ora disgiuntamente ora insieme, contrassegnano in un crescendo inarrestabile la stessa retorica salviniana. Quasi sempre attraverso l’eloquente utilizzo del rosario. Il gesto fatto il 24 febbraio 2018 in piazza Duomo a Milano, quando il segretario del Carroccio ne ha sventolato uno dicendo: «Non lo mollo più», sarebbe stato infatti ripetuto tante volte.

A partire dal 1° luglio successivo, quando, nella triplice veste di segretario di partito, ministro dell’Interno e vicepremier del neo governo giallo-verde, partecipa alla 28° edizione del raduno della Lega sul pratone di Pontida. Tra lo sventolio di diverse bandiere, dalla veteroleghista della Padania a quella sarda coi Quattro Mori, viene acclamato quale leader carismatico di una comunità in cui le vecchie posizioni si mescolano finalmente alle nuove senza apparenti contraddizioni.

Il taumaturgo italico dei nostri giorni, che ha avuto la capacità di unire sotto il cielo di Pontida uomini e donne del Nord a quelli e quelle del Sud operando il miracolo dell’oblio di decenni di insulti e minacce verso i terroni, non delude le aspettative dei suoi fedeli. E lo fa in un contesto quasi sacrale, dove la ritualità (presuntamente) celtica, così cara a Bossi e alla prima Lega, è definitivamente soppiantata da quella (presuntamente) cristiana.

A suggello di una tale liturgia comiziale, come già successo in piazza Duomo, il giuramento di «applicare la Costituzione italiana, da molti ignorata, rispettando gli insegnamenti contenuti in questo sacro Vangelo». Parole scandite stringendo la medesima corona del rosario.

Sin da allora appare sempre più chiara la volontà di riaffermare l’identità cattolica del Carroccio anche se le posizioni leghiste in materia di migranti piacciono poco a papa Francesco. Ma anche la volontà di riaffermare un concetto di Chiesa cui guarda la Lega: quella preconciliare, quella in armi contro i nemici della fede. A cominciare da quei musulmani che, proprio tramite la recita del rosario come riteneva Pio V, furono battuti a Lepanto dalle armate cattoliche il 7 ottobre 1571.

Il tema identitario delle radici dell’Italia e dell’Europa, così caro a Giovanni Paolo II, ne risulta però enervato in un ottica di scontro con l’Islam, dove per un capovolgimento verbale la vera urgenza del vecchio continente è la cristianofobia, e strumentale a politiche riguardate tutt’altro che cristiane da vertici curiali e della Cei. E l’accusa di strumentalizzare Vangelo e simboli come il rosario diventa sempre più insistente in parallelo con l’utilizzo sempre più massiccio fattone da Salvini.

L’acme viene raggiunto nuovamente a piazza Duomo in Milano, il 18 maggio scorso – questa volta una settimana prima delle elezioni europee -, con l’invocazione ai sei santi patroni d’Europa e l’affidamento collettivo dell’«Italia, della mia e della vostra vita al Cuore Immacolato di Maria che son sicuro ci porterà alla vittoria». Parole, queste ultime, pronunciate con la corona del rosario nella mano destra.

In quella piazza, dove non manca un accenno velatamente critico a Papa Francesco, che viene fischiato dalla folla, Salvini dà prova di moderno cesaropapismo. Consacra il Paese alla Madonna come i grandi monarchi del passato (nel 1638, ad esempio, Luigi XIII lo fece con la Francia) quando un tale atto è da tempo compiuto da pontefici o da vescovi. E agli stessi vertici gerarchici, che lo rimproverano per quel rosario ostentato in pubblico, mostra di infischiarsene dei loro richiami baciandone uno durante la conferenza stampa del 29 maggio.

Il segretario del Carroccio si spinge addirittura, il 20 agosto, a portare il rosario alle labbra in Senato, mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte gli ricorda che «chi ha compiti istituzionali dovrebbe evitare di accostare a slogan politici i simboli religiosi». Nel suo intervento di risposta in Aula, mostrando nuovamente la corona, si richiama all’affidamento in piazza Duomo affermando: «La protezione del Cuore Immacolato di Maria per l’Italia la chiedo finchè campo». Quella protezione che hanno poi platealmente invocato, il 16 settembre, i consiglieri comunali fiorentini Andrea Asciuti e Federco Bussolin, firmatari di un odg per chiedere al sindaco di consacrare il capoluogo toscano al Cuore Immacolato di Maria.

Un rosario compare nuovamente a Caorso (Pc) l’8 settembre: quello donato a Salvini da una donna del posto e subito da lui ostentato su Facebook col messaggio di sfida: «Lo porterò con me. Dà fastidio a qualcuno? Pazienza». E poi ancora, in maniera più provocatoria, il 9 settembre a Roma, quando lo mostra alla folla e lo bacia tra applausi scroscianti al termine della manifestazione di protesta contro il governo Conte bis in piazza di Montecitorio.

Ma è soprattutto il lessico utilizzato il 18 maggio e il 20 agosto a essere rivelativo del pensiero salviniano. La menzione esplicita del Cuore Immacolato di Maria, cui ci si affida/consacra, rimanda infatti alle apparizioni di Fatima e al celebre segreto in tre parti. Ora Fatima rappresenta il principale evento mariofanico del XX° secolo, il cui ampio e discusso messaggio è il più politico tra quelli inerenti alle poche apparizioni approvate della Chiesa.

L’endorsement salviniano a Medjugorje non si capirebbe appieno senza Radio Maria, che dei presunti messaggi mariani è da 37 anni principale mezzo di diffusione

Salvini mostra però di avere un debole anche per quelle non approvate e malamente tollerate da Roma. Soprattutto per Medjugorje, al cui riguardo sono ben noti i giudizi negativi e ironici di papa Bergoglio sulla “Madonna postina”. Il vicepremier ha posato infatti più volte accanto a una statuina della Gospa, ha pubblicato video in cui bacia rosari provenienti dalla località bosniaca, ha regalato il 12 agosto due medagliette della Madonna di Medjugorje ai genitori dei bimbi uccisi dal suv a Vittoria (Rg), ha dichiarato a Palazzo Madama, il 20 agosto, che ha baciato e mostrato in Aula «il rosario di Medjugorje».

Addirittura il 5, giorno della votazione finale del Sicurezza Bis, la dichiarazione: «È una bella giornata a prescindere dai numeri e mi piace che cada il 5 agosto che per chi è stato a Medjugorje rappresenta il compleanno della Vergine Maria. Sono convinto che sia un bel regalo all’Italia e anche al resto del mondo». Data che, per capirsi, sarebbe stata rivelata a Vicka Ivanković, una delle sei veggenti, il 1° agosto 1984.

Ma l’endorsement salviniano a Medjugorje non si capirebbe appieno senza Radio Maria, che dei presunti messaggi mariani è da 37 anni principale mezzo di diffusione. E Radio Maria significa soprattutto Padre Livio Fanzaga, che ne è il direttore e il curatore della discussa rassegna stampa quotidiana. Rassegna, che invece il segretario della Lega ha detto pubblicamente di seguire e apprezzare. Anche perché, in radio, Fanzaga è generoso di giudizi positivi verso Salvini, che, in un’intervista a Libero del novembre 2018, ha fra l’altro ritenuto sincero nell’atto di mostrare il rosario e giurare sul Vangeo in piazza Duomo.

Sincerità o meno,totalmente negata da uomini di punta dell’episcopato italiano, Salvini, come lo ha definito proprio p. Livio, «è un politico che sa il fatto suo». E, come tale, sa bene che Radio Maria è ascoltata quotidianamente da 6.000.000 di persone e che a Medjugorie, nonostante le posizioni di Oltretevere, i pellegrini italiani sono innumerevoli.

Ora Medjugorie come Fatima è espressione di quell’era delle moderne mariofanie, in cui, rispetto al passato, gli elementi profetico-apocalittico e politico sono preponderanti. Inizio di quest’era, e riassuntiva di essa, sono le apparizioni a Caterina Labouré, in Rue du Bac, a Parigi, il 27 novembre 1830. Al di là della celebre “medaglia miracolosa”, diffusasi in tutto il mondo, il contenuto politico delle profezie di Rue du Bac sono inequivocabili. Profezie alcune prevedibili ma che, come nel caso di La Salette e Fatima, sarebbero state sempre rese note ampiamente ex post.

E poi nel 1846 La Salette, appunto, col grande segreto apocalittico e anti-orleanista di Mélanie Calvat; nel 1854 Lourdes, che si differenzia però pienamente dalle altre per il contenuto spirituale anche se è forte l’elemento del segreto rivelato alla veggente; nel 1871 Pontmain.
Ma la serie di apparizioni apocalittiche e politicizzanti è così lunga e fitta da Rue du Bac in poi che c’è da smarrirsi.

Fra le più celebri del XX° secolo emerge su tutte, come detto, Fatima col suo forte messaggio anticomunista. Ma si potrebbero ricordare, in questo coacervo asfissiante di mariofanie, Garababdal, Montichiari, Medjugorje, S. Martino di Schio, Ischia. Queste ultime hanno tutte luogo nella seconda metà del XX° secolo, continuano – alcune di loro – nel XXI° e riflettono, sempre secondo la vecchia ottica ottocentesca, quelle che sono le preoccupazioni per le pericolose “innovazioni” contemporanee e per il sovvertimento del vecchio ordine di cose: la riforma conciliare, governi socialisti e progressi, ateismo, battaglie per i diritti civili.

Non a caso, come successo per il passato, sono sempre politici e cattolici reazionari a farsi difensori di tali mariofanie e delle connesse rivelazioni. Apparizioni che, guarda caso, negli ultimi tempi presentano messaggi in difesa della famiglia “tradizionale” e a condanna di una Chiesa progressista nonché di governi “democratici”.

Da Rue du Bac a oggi peggior servizio non si poteva fare alla figura di Maria, il cui più bel messaggio, per chi crede, dovrebbe essere tutto nel silente “stabat” materno presso il figlio condannato a morte. Ma con Salvini è tutta un’altra storia. O, meglio, tutto un altro Vangelo.

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