Sull’arte dello stilare classifica. Il “Guardian” redige la classifica dei migliori libri del nuovo millennio. Il titolo è roboante, The 100 best books of the 21th century. Agli inglesi piacciono le classifiche – forse hanno il complesso di averlo piccino. Ma… le classifiche sono utili in ambito letterario? Certamente, c’è una componente ‘atletica’ nella scrittura, però: nei 100 metri il primo è indubitabilmente il primo, in letteratura le cose sono più complicate. Un libro che oggi ci sembra decisivo non lo sarà domani. Soprattutto, un grande libro è sempre ‘fuori classe’, fuori dalle classifiche. D’altronde, lo scrittore è uno&solo: un libro è troppo complesso – se è grande – per competere con altri.
Sull’idiozia della visione orizzontale. Stilare una classifica significa avere una visione orizzontale della letteratura, che non si erge oltre l’orizzonte degli eventi. Ma la letteratura è elusiva, ambigua, ambivalente, non si lascia ingabbiare dal podio. Se – faccio per dire – nel 1900 avessero redatto la classifica dei libri più importanti del XIX secolo non ci sarebbero stati i libri più importanti del XIX secolo, le poesie di Rimbaud, quelle di Emily Dickinson, quelle di Friedrich Hölderlin. Un secolo fa, tra i “best book” del XX secolo non ci sarebbe stato Franz Kafka. Il talento di uno scrittore di genio è anche quello di essere in controtempo: gli altri corrono, lui è in mongolfiera.