Andrea Pezzi è un amante dei classici. Pitagora, Parmenide, Aristotele, tutti i grandi del passato ci hanno insegnato delle lezioni essenziali sulla natura dell’uomo, ma soprattutto ci hanno spinto a riflettere, a interrogarci, a cercare di capire il perché e il per come del nostro stare al mondo. Ecco, dice Pezzi, questa cosa oggi non la facciamo più. Se una volta c’era Dio, la scienza, la religione, oggi tutt’al più ci domandiamo quale sia l’emoticon più appropriata da usare nel prossimo tweet. La tecnologia ha invaso le nostre vite senza che ce ne rendessimo conto, e in un batter d’occhio ci siamo ritrovati dipendenti da smartphone e social network, ossessionati dall’ennesima app per perdere peso o inebetiti per ore di fronte all’ultimo videogame in realtà virtuale. Ma non solo. «La tecnologia sta radicalmente cambiando il modo in cui prendiamo le decisioni», spiega Pezzi, «senza pensarci ci affidiamo ad algoritmi che sono e saranno sempre più efficienti e veloci nelle scelte che fanno per noi, e così facendo annulliamo di fatto il nostro libero arbitrio, cioè la caratteristica che ci rende esseri umani più di tutto».
Se l’innovazione, naturalmente, ha i suoi aspetti positivi («strumenti come le nanotecnologie stanno già cambiando il volto della medicina», dice Pezzi), infatti, l’altra faccia della medaglia è che ci sottrae dalla responsabilità di compiere delle scelte, perché ci sarà sempre un algoritmo che, calcolando fra milioni di probabilità, sarà sempre più capace di noi di decidere, e di farlo in tempi brevissimi. Il problema? Così facendo, quell’algoritmo ci toglie anche la possibilità di commettere degli errori, e soprattutto di imparare da essi. «Questo produce una perdita di maturazione, di intenzionalità e di rischio. Perché sono i tentativi ed errori che ci fanno crescere, non solo le scelte giuste», spiega Pezzi a Linkiesta. «In questo senso l’assopimento dell’intenzionalità dell’individuo, è un rischio che nella storia dell’umanità non abbiamo mai visto. Ci rende inutili. E allora perché volere se il volere non è più necessario? In quest’ottica parlare dell’importanza dell’intenzionalità nelle scelte è fondamentale, altrimenti uccidiamo qualcosa di essenziale dell’essere umano, un vero e proprio inquinamento antropologico».
Riflettere su queste tematiche, riportando l’uomo al centro di ogni considerazione che possiamo fare sul futuro, invece, è fondamentale. E in questo senso la tecnologia non è qualcosa da temere, dice Pezzi, ma un’opportunità: «La tecnologia semplifica alcune funzioni, ma ne complica altre, richiedendo intelligenze crescenti. In questo senso ha obbligato le nostre coscienze al risveglio: la sua bellezza consiste nel fatto che ci obbliga a farci filosofi».
«La tecnologia semplifica alcune funzioni, ma ne complica altre, richiedendo intelligenze crescenti. La sua bellezza consiste nel fatto che ci obbliga a farci filosofi»
L’elemento umano (e le domande che gli uomini si pongono), infatti, sono fondamentali in questo processo, pena il «raggiungere un mondo in cui non saremo più in grado di rispondere alle questioni fondamentali alla base della nostra esistenza». Ma attenzione, avverte Pezzi: non si tratta tanto di stabilire i limiti che l’intelligenza artificiale, i robot, la tecnologia in generale dovranno avere in futuro. «Quelle sono discussioni etiche che esulano dal discorso e si baseranno su delle leggi e delle regole sociali. Piuttosto si tratta di ricominciare a concepire l’uomo come l’elemento alla base di tutte queste evoluzioni, portando su ogni innovazione la riflessione necessaria a capire quali usi di queste tecnologie ci possono aiutare a migliorarci come esseri umani».
Quello che ci serve, insomma, è ritrovare un approccio umanista, dove per umanesimo, spiega l’autore, si intende una «cultura che prevede la disponibilità dell’uomo a concepire il rapporto con l’altro come occasione costante per migliorare se stesso». Il concetto, che Pezzi eredita e mette a frutto proprio a partire dallo studio dei grandi filosofi classici, è sviluppato in un libro, Io sono. Gli altri per incontrare me stesso, appena pubblicato dalla casa editrice La Nave di Teseo. Un viaggio nelle nuove sfide – squisitamente umane – che l’era del digitale ci impone, ed anche un manifesto per l’omonima, neonata associazione che nei prossimi mesi coltiverà proprio la missione di riportare le tematiche esistenziali nel dibattito pubblico, attraverso attività nelle aziende e occasioni di incontro aperte alla società civile. Fra progetti di mentoring, seminari e molto altro, uno degli appuntamenti più importanti in questa direzione sarà il Festival dell’Uomo, una rassegna che arriverà a raccogliere circa mille persone alla Fabbrica del Vapore di Milano e le porterà a confrontarsi e a discutere attivamente di questi temi. Un progetto, sottolinea Pezzi, per nulla politico ed interamente culturale, che gli organizzatori sperano possa così contribuire a riportare la filosofia dell’umanesimo al centro del progresso. Aiutandoci quindi anche a ritrovare un po’ noi stessi.